In Italia In Italia Jessica Bordoni

Sogni e sfide del mercato al Wine-Tasting delle Aquile

Sogni e sfide del mercato al Wine-Tasting delle Aquile

Ai 2.123 metri del Rifugio Faloria, il 15 luglio è andato in scena l’ormai leggendario Wine-Tasting delle Aquile di VinoVip Cortina. Complice il sole, oltre 550 persone hanno scelto di salire in quota per gustare i 164 vini delle 54 Cantine protagoniste abbracciati dalle cime delle Dolomiti, patrimonio dell’Umanità Unesco.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei produttori presenti personalmente di raccontarci i sogni e i desideri legati alla loro attività, ma anche le logiche commerciali e di mercato connesse all’impresa che dirigono.

Il progetto green di Zorzettig

Avere i piedi per terra, ma lo sguardo sempre rivolto al cielo, per controllare il meteo e agire di conseguenza in vigna. È questo il segreto di Annalisa Zorzettig, titolare dell’omonima azienda di Spessa di Cividale. Il “wine dream” nel suo caso è decisamente concreto: «Il progetto di ristrutturazione della cantina, dopo alcuni rimandi, è finalmente in fase di avviamento e i lavori al primo lotto cominceranno entro la fine dell’anno», spiega la produttrice. «L’autoproduzione dell’energia elettrica è un aspetto a cui tengo molto, essendo fortemente impegnata sul fronte della salvaguardia ambientale».

La nuova cantina di PuntoZero

Stesso orizzonte di pensiero anche per Marcella Toffano e sua figlia Anna Paola de’Besi, titolari di PuntoZero a Lonigo, nei Colli Berici. «La vendemmia 2018 ha segnato un traguardo importante: per la prima volta abbiamo potuto vinificare le uve all’interno della nuova cantina, costruita dove un tempo sorgeva un vecchio stabile adibito agli attrezzi. Abbiamo alzato la costruzione di un piano, creando una sala di degustazione per i nostri ospiti. Si trova a 300 metri di altezza, proprio in mezzo alle vigne. Al di là degli aspetti pratici, la nuova struttura ci permette di poter finalmente classificare i nostri vini come Colli Berici Doc a partire dall’annata 2018».

Santadi e il ricordo di Giacomo Tachis

Raffaele Cani, direttore commerciale di Cantina Santadi, ricorda il sogno realizzato di una cooperativa del Sulcis che con tenacia si è imposta su scala italiana e internazionale, trasformando il Carignano da vitigno anonimo in un rosso da palmares, quale il Terre Brune. «Oltre ai soci, tutto questo è stato reso possibile da un grande enologo come Giacomo Tachis, che ha creduto nella nostra terra e nel potenziale vitivinicolo dei suoi autoctoni». Quanto alle strategie di mercato: «Lo studio dell’evoluzione del gusto dei consumatori non deve mai mancare, ma senza stravolgere le proprie tradizioni. Noi oggi siamo concentrati sul continente asiatico, in continuo e rapido sviluppo».

L’investimento emozionale secondo Siddura

Massimo Ruggero, alla guida di un’altra azienda sarda d’eccellenza, Siddura, ci confida di essere rimasto piacevolmente colpito dalle parole dei produttori che sono intervenuti nel talk show all’Hotel Savoia: «Mi ha rincuorato sapere che altri, come noi, hanno deciso di investire tanti capitali nel vino. Ma accanto alle risorse economiche, non può mai mancare l’investimento emozionale, che a differenza del precedente non va mai quantificato. Con la consapevolezza che i frutti migliori – per le tempistiche che l’enologia porta con sé – saranno probabilmente goduti da chi verrà dopo di noi». Siddura ha scelto di giocare la carta del marketing e della comunicazione. «Oggi il consumatore è mediamente infedele: ha troppi stimoli a disposizione. Per questo, attraverso i social e le campagne adv, noi puntiamo a non farlo distrarre, a tenerci sempre presente come brand».

L’importanza della comunicazione per Pasqua

Discorso analogo per Pasqua Vigneti e Cantine, il cui account ufficiale Instagram vanta oggi oltre 83 mila follower, come ci segnala Umberto Pasqua. «Non basta saper fare, oggi più che mai è necessario far sapere. Tra i nostri obiettivi c’è quello di riuscire ad avere un buon posizionamento di prezzo negli Usa. Ma per farlo servono azioni collegiali, consortili; il divario rispetto ai vini francesi è ancora molto, troppo alto». Certo, proporre Amarone rende la vita un po’ più facile, perché è un nome conosciuto, trainante, che permette di aprire molte porte.

Vite Colte, dalla SuperBarbera all’Alta Langa Docg

Dal Veneto al Piemonte, per ascoltare la voce di Piero Quadrumolo, presidente di Terre da Vino, cooperativa con sede a Barolo che conta oltre 5 mila ettari e 2.500 viticoltori. «Se non fossimo dei sognatori, oggi non saremmo qui a VinoVip con il nostro progetto premium Vite Colte, che abbiamo lanciato nel 2016». Il presidente tuttavia è anche un tipo molto pragmatico, per sua stessa ammissione. «Con i nostri soci che hanno deciso di aderire siamo stati chiari: non più uve pagate a quintale, ma a ettaro, per ottenere prodotti destinati all’alta gamma. Il primo risultato concreto è stata la SuperBarbera La Luna e i falò, che l’anno prossimo festeggerà le 30 vendemmie di produzione. A metà gennaio, invece, usciremo con una bollicina Alta Langa Docg 2016».

La sfida dell’export secondo Boscarelli

Dalle prime 2 mila bottiglie nel lontano 1968 alle attuali 100 mila bottiglie: Boscarelli racconta una storia decisamente a lieto fine, anche se non sempre è stato facile, come spiega Luca de Ferrari. «Tutto è cominciato con mio nonno, appassionato consumatore di Vino Nobile di Montepulciano che un giorno decise di iniziare a produrlo, dopo avere acquistato un podere in un’area particolarmente vocata. Quando nel 1983 mio padre è mancato, io e mio fratello abbiamo preso le redini aziendali. Siamo piccoli, ma con l’ambizione di essere su tutti i principali mercati, compatibilmente con i nostri volumi». La sfida dell’export è un continuo work in progress. «Siamo presenti in Indonesia, Taiwan, Thailandia, ci stiamo aprendo la strada anche a Singapore, Filippine, Sud Corea».

La parabola del Castello di Querceto

Castello di Querceto non ha bisogno di molte spiegazioni. Basta dire che è una delle aziende storiche del Chianti Classico, tra le poche ad appartenere ad una stessa proprietà già prima del XX secolo. «Trentacinque anni fa facevo l’ingegnere industriale e vivevo con mia moglie a Milano», spiega Alessandro Francois. «Ma quando si è trattato di tornare alla tenuta di famiglia, teatro di tutti i momenti di vacanza della mia infanzia, per ridarle nuova vita, non ho avuto dubbi. E lo rifarei, nonostante i tanti calci in faccia, soprattutto nei primi tempi, quando la Toscana del vino non era così conosciuta e amata». Un traguardo da ricordare? «L’export tocca quota 95% in oltre 50 Paesi, ma anche il passaggio di testimone a mio figlio Simone, che è diventato direttore generale».

Castelfeder e la distribuzione targata Cecchi

Ines Giovanett, terza generazione alla guida di Castelfeder con i genitori Günther e Alessandra e il fratello Ivan, ci spiega che il 2019 è un anno speciale: segna, infatti, il mezzo secolo di attività della Cantina di Cortina sulla Strada del Vino. «Io e Ivan siamo entrambi laureati in Viticoltura ed enologia, ma gli insegnamenti più grandi arrivano dallo scambio continuo con i nostri genitori. Da qualche anno hanno deciso di affidarci più responsabilità, offrendoci più margine di azione. Il nostro obbiettivo, nel medio termine, è di potenziare il marketing con azioni mirate. Dal 2018 abbiamo avviato una partnership con Famiglia Cecchi Distribuzione che ci sta dando molte soddisfazioni in termini di vendite e posizionamento».

A Felluga entra la terza generazione

Anche Laura Felluga affronta il tema del cambio generazionale nell’azienda di famiglia. «Ho trascorso 10 anni all’estero, studiando Economia e facendo alcune esperienze in ambito vitivinicolo tra Cina, America, Nuova Zelanda. Da un anno sono tornata alla base ed è per me un grande privilegio. Sono la prima della terza generazione ad avviarsi all’attività di famiglia, ma va detto che la seconda è ancora in piena forza. Da parte di mio padre Andrea e dai miei zii non c’è stata nessuna pressione o imposizione, anzi». In questo clima di transizione lenta, dinamica, vengono riconosciuti i punti di forza di ciascuno. «Nel mio caso, il bagaglio è certamente collegato alle esperienze maturate fuori dall’Italia, in particolare in Asia. Ma conta anche il coraggio e la voglia di aprirsi e comunicare di più rispetto al passato, che è tipico della mia generazione».

Gualdo del Re e il progetto F

Nico Rossi di Gualdo del Re, nel cuore della Val di Cornia, non nasconde le difficoltà. «I piccoli produttori sono quelli che fanno più fatica perché si scontrano con i big del mercato, più attrezzati in termini di risorse. Detto in altre parole, a noi tocca sgomitare di più». Da qui l’importanza di offrire un prodotto non solo eccellente, ma capace di distinguersi, di essere riconoscibile. «L’anno scorso abbiamo lanciato il progetto F, il nostro SuperMerlot dalle migliori parcelle di proprietà. Questo vino è l’omaggio a mio padre, alla nostra storia contadina. Sul fronte del packaging, si tratta di una rivisitazione dell’antico fiasco toscano con la creazione di una bottiglia unica, realizzata artigianalmente dai maestri vetrai di Murano». VinoVip ha tenuto a battesimo un altro vino “distintivo” di Gualdo del Re: Quintorè, che si pone come il seguito di F e sarà prodotto solo nelle annate top.

Tommasi continua a puntare sull’enoturismo

Per Piergiorgio Tommasi la parola chiave è enoturismo, un settore su cui la sua famiglia sta capitalizzando molto e da prima che i “viaggi nelle terre del vino” fossero un business remunerativo. «Abbiamo cominciato 40 anni fa a investire nel Veronese, il territorio a cui restiamo profondamente legati. Oggi, accanto all’hospitality di Villa Quaranta, nel centro di Verona gestiamo il Caffè Dante e siamo tra i proprietari della Bottega del Vino». Nelle tenute Tommasi Family Estates, fuori dai confini del Veneto, è stato esportato il modello di ospitalità Tommasi basato sull’attenzione per il dettaglio la cura per la qualità. «Dopo varie acquisizioni in Toscana, Lombardia e Basilicata, oggi riteniamo sia il momento del consolidamento».

Lo sviluppo commerciale di Poggio Cagnano

Da un grande gruppo come quello di Tommasi, a una boutique winery di soli 5 ettari come Poggio Cagnano, in Maremma. «Oggi siamo impegnati nello sviluppo commerciale, spiega Alessandro Gobbetti, alla guida della Cantina con il padre Pietro. «L’export resta lo sbocco maggiore, ma anche il mercato italiano ci sta dando soddisfazioni, a cominciare da Milano e ovviamente dalla Toscana. Per noi il posizionamento è tutto: conta a chi vendiamo, in quali enoteche e ristoranti riusciamo a inserire i nostri vini».

A Tenuta di Fiorano solo 12 ettari di vigna

«La Tenuta di Fiorano conta 200 ettari, ma noi abbiamo deciso di destinarne solo 12 alla vigna», spiega il principe Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi. «Per certi aspetti sarebbe molto facile aumentare la superficie vitata, ma non lo abbiamo mai fatto né intendiamo farlo. Verremmo meno ai nostri principi e al nostro senso di responsabilità verso la terra, la natura circostante e il suo microclima. E ovviamente questo comporterebbe delle differenze anche in termini di qualità, che invece vogliamo mantenere altissima, spingendoci ad accrescerla sempre di più».

Bisol e il riconoscimento Unesco

Chiude la carrellata di interviste Gianluca Bisol dell’omonima azienda Bisol 1542 che non può esimersi dal ricordare la recente vittoria delle colline di Valdobbiadene e Conegliano, dichiarate Patrimonio dell’Umanità Unesco. «Questo riconoscimento ci onora e rende giustizia all’impegno delle aziende che con passione lavorano le vigne nei 15 Comuni riconosciuti dalla Docg. La mia famiglia da 21 generazioni si prende cura di queste colline, valorizzando i diversi pendii e suoli». Se non è un sogno realizzato di cui andare fieri, questo!

Le cronache complete saranno in edicola da metà agosto su Civiltà del bere 4/2019 (disponibile anche online).

Leggi anche:

VinoVip 2019, al centro del mondo del vino. Il talk show

André Tchelistcheff, il visionario innovatore

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© Riproduzione riservata - 19/07/2019

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