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Ribona Le Grane. Il futuro di Boccadigabbia è autoctono?

Ribona Le Grane. Il futuro di Boccadigabbia è autoctono?

Si chiama Ribona o Maceratino, perché presente quasi esclusivamente nella provincia di Macerata. Autoctona e rara, un tempo confusa con altre varietà, la Ribona è protagonista di una lenta rinascita, promossa da un gruppo ristretto di produttori che crede nelle sue potenzialità. Tra loro anche l’azienda vinicola Boccadigabbia, che per la prima volta porta in degustazione a Milano (al ristorante Daniel) una piccola verticale della sua Ribona Le Grane. Le annate nel calice – 2007, 2009, 2011, 2014 e 2015 – sono anche quelle prodotte finora, tutte Ribona in purezza. Un’occasione insolita per conoscere le caratteristiche peculiari e la capacità evolutiva di questo autoctono, a torto ritenuto un bianco semplice, da consumare giovane.

La lenta rinascita

In passato la Ribona era confusa con il Greco, il Trebbiano, ma anche assimilata al Verdicchio, di cui negli anni Sessanta aveva preso anche il nome: era identificata come “Verdicchio Maceratese” o “Verdicchio marino”, per la vicinanza alla costa. I primi cloni di Ribona furono selezionati in quel periodo, privilegiando la quantità alla qualità. Erano destinati a produrre vini freschi, frizzanti, da bere subito. Oggi, al contrario, una ventina di produttori maceratesi lavorano per smarcare la Ribona dall’immagine di “vinello” con cui era identificata in passato. Il vitigno, circoscritto alla provincia di Macerata (a eccezione di alcune aree fra Umbria e Lazio), è contemplato nella Doc Colli Maceratesi per la tipologia Bianco (almeno al 70%) e Ribona (almeno all’85%). La ricerca di nuovi cloni in vigna, ma soprattutto le sperimentazioni nella produzione in cantina hanno già dato i primi frutti, confermando le potenzialità espressive del vitigno.

Anche Boccadigabbia crede nella Ribona

La fama di Boccadigabbia è saldamente legata a rossi internazionali: il vino bandiera è Akronte, Cabernet Sauvignon affinato 16-18 mesi in barrique, che fa coppia con il Merlot Pix (“pece”, di cui c’è una riserva naturale nelle vicinanze del vigneto), ma dal 2007 la Cantina ha scelto di investire nell’autoctona Ribona. «La produciamo dal 1996, anno d’acquisizione di Villamagna Floriani, ma prima del 2007 era tagliata con il 20-30% di altre uve» specifica Elvidio Alessandri, che con il figlio Lorenzo conduce la verticale di Ribona Le Grane. Dei 25 ettari della tenuta (in crescita), 5 sono dedicati al bianco autoctono, cui corrispondono circa 6-7.000 bottiglie all’anno (3.000 nelle prime annate, prezzo 7 euro franco cantina) delle 100-150.000 totali (l’export pesa circa il 70%).

In vigna e in cantina

La Ribona di Boccadigabbia proviene da Villamagna Floriani, sulle colline di Montanello (a 25 chilometri dal Mar Adriatico), dove la viticoltura era presente già nel Seicento. Ai vecchi impianti degli anni Sessanta sono stati affiancati nuovi cloni, dal grappolo più simile al Verdicchio, frutto di selezioni più recenti. La Ribona Le Grane è frutto di una doppia fermentazione: il mosto a temperatura controllata fermenta nuovamente, con l’aggiunta del 10% in volume di uva diraspata leggermente surmatura, che forma il cappello (tecnica chiamata tradizionalmente “fare le grane”, che dà nome al vino). Questa tecnica esalta le caratteristiche varietali conferendo spessore e struttura al vino, che viene prodotto solo in acciaio. L’enologo è Emiliano Falsini, in azienda dal 2014.

Cinque annate di Ribona Le Grane

Le qualità organolettiche della Ribona Le Grane virano dal fruttato al minerale. Il 2007 deve il colore dorato intenso alla vinificazione, più che all’età: «Abbiamo ecceduto in cantina, l’uva aggiunta nella seconda fermentazione era molto matura» spiega Elvidio. Dopo 10 anni il naso è di miele, frutta matura, note terziarie (etereo, smalto), dinamico il palato. Nel 2009, figlio di un’annata fredda, i sentori aromatici si fanno più sottili, ma la bocca mantiene freschezza e tono. Attacco minerale e suadente per il 2011, il più completo e bilanciato. Nel 2014 si fanno più evidenti le note fruttate (pera e mela, con lievi sentori di pesca e amaretto), che trovano massima espressione nel più giovane 2015: fresco, strutturato e dal buon potenziale evolutivo.

 

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© Riproduzione riservata - 27/02/2017

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