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Siamo disposti a pagare di più per un vino biologico?

Siamo disposti a pagare di più per un vino biologico?

Il Dagri, Dipartimento di Scienze agrarie, dell’Università di Firenze ha condotto un’asta al buio su diverse tipologie di Chianti Docg. Per i prodotti bio i consumatori sarebbero disposti a spendere di più. Ma i prezzi reali del mercato e il gap di informazione favoriscono ancora i vini convenzionali.

Moda, trend salutista o atto d’amore per il pianeta che sia, negli ultimi anni i vini bio stanno conoscendo una decisa espansione. Secondo i dati dell’istituto tedesco FiBL, uno dei principali centri di informazione e ricerca sull’agricoltura biologica al mondo, dal 2007 al 2017 la superficie di vigneti con conduzione biologica è più che triplicata a livello mondiale passando da 122.420 a 403.047 ettari (di cui 11.188 ettari coltivati certificati biodinamici secondo i parametri Demeter): il 5,7% del totale. Per Transparency Market Research (TMR), il valore del mercato globale si è attestato intorno agli 11 miliardi di dollari nel 2020 e dovrebbe raggiungere i 30 entro il 2030. Sostenibili per l’ambiente, le metodologie produttive lo sono però anche economicamente? Vale la pena farsi carico di costi più elevati per le coltivazioni biologiche o biodinamiche a cui vanno sommati quelli per le certificazioni in etichetta? O per dirla in altre parole, quanto siamo disposti a pagare per un vino biologico o biodinamico rispetto a uno convenzionale?

Gabriele Scozzafava, docente di Agraria al Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, ambientali e forestali dell’Università degli studi di Firenze

Oltre la diatriba tra biologico e biodinamico

Se lo sono chiesti al Dagri, Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’Università degli studi di Firenze. I ricercatori hanno condotto uno studio con «l’obiettivo di fornire a chi fa il vino e chi lo distribuisce informazioni utili circa la percezione dei consumatori sulle tre diverse tipologie produttive al fine di elaborare più corrette strategie di posizionamento e prezzo», spiega il professore di Agraria Gabriele Scozzafava. Uno sguardo puramente economico che lascia fuori dalla porta la fiorente diatriba sull’equiparazione tra agricoltura biologica e biodinamica.

Asta per simulare un mercato

La metodologia di indagine si è basata sulla partecipazione di un campione di consumatori abituali (rappresentativi dell’acquirente medio) ad un’asta con offerte segrete.
«Rilanci alla cieca per aggiudicarsi un vino rosso – Chianti Docg senza etichetta – convenzionale, biologico e biodinamico», spiega Scozzafava. L’esperimento è stato diviso in tre round.
«Nel primo si è verificata una generica propensione alla spesa nei confronti del tipo di vino (“Quanto saresti disposto a pagare un Chianti Docg convenzionale? Quanto per uno biologico? E per uno biodinamico?”). Nel secondo si è registrato il valore attribuito al prodotto dopo un assaggio al buio, per capire quanto la tecnica produttiva possa incidere sul gusto. E infine nella terza parte si è svolto un tasting accompagnato da tutte le informazioni sul vino con la consueta attribuzione di un valore monetario».

Gap di conoscenza e differenze di gusto

Il primo risultato ha evidenziato un significativo gap di conoscenza.
«Il 25% dei soggetti intervistati non aveva mai sentito parlare di vino biodinamico; il 22% ha dichiarato di non conoscerne le caratteristiche; e il 41% di non averlo mai provato prima. Più della metà dei consumatori invece (il 51% del campione) ha mostrato familiarità col termine “biologico”; e solo il 16% ha confessato di non averci mai appoggiato le labbra», continua il professore. Il secondo punto, emerso nella fase del “blind tasting” e tramite offerte con variazioni minime sulla puntata-media, ha evidenziato l’assenza di percezioni diverse nel sapore durante gli assaggi. Una conferma dell’eliminazione di vecchi difetti e in generale di un innalzamento qualitativo di vini prodotti con metodi sostenibili.

Disponibilità di spesa: vince il biologico

Il vino biologico è anche risultato il preferito dai partecipanti, conquistando la più alta disponibilità a pagare in termini assoluti di puntata (il 27% in più di un vino convenzionale), seguito dal biodinamico (13% in più).
«Ma l’analisi del market share ha restituito uno scenario differente», rimarca Scozzafava. «Il plusvalore riconosciuto alla prima tipologia, cui si associano caratteristiche di sostenibilità ambientale e genuinità, non raggiunge il prezzo reale di mercato sullo scaffale. E dunque la barriera del budget alla fine guida il consumatore alla scelta del vino convenzionale».

La barriera del budget determina il mercato

In altre parole se il prezzo di vendita delle tre tipologie fosse lo stesso (nel test è stato fissato un prezzo esemplificativo di 4 euro a bottiglia) il mercato sarebbe fatto per il 60% da vini biologici, per il 19% dai biodinamici e solo per il 4% dai tradizionali (il 17% non acquisterebbe vino). Impostando prezzi più simili a quelli reali di vendita (nell’esperimento 8 euro per un biologico, 10 per un biodinamico e 4 per un convenzionale) ecco una fotografia più somigliante alla realtà, coi vini convenzionali ben oltre il 50% del mercato, i biologici all’8% e i biodinamici sotto il 3% (col restante 36% fatto di non-acquirenti).

Attributi “credence” e valore della conoscenza

La lezione che se ne trae è che davvero il sistema produttivo, e la sua conoscenza, può diventare un driver di orientamento dei consumi anche se il prezzo resta il principale ostacolo al cambiamento. «Tra i risultati più interessanti di questo studio c’è l’aver stabilito che la disponibilità di spesa per i vini biodinamici è inferiore a quello dei vini biologici e superiore a quello dei vini convenzionali», dice il professore. «Nel caso dei vini biologici è reale la crescita di sensibilità del consumatore moderno a quegli attributi di tipo “credence”, la cui presenza cioè si fonda sulla fiducia dell’acquirente. In quello dei vini biodinamici il livello di familiarità ha dimostrato effetti positivi sulla disponibilità di spesa per questi vini, che risultano essere quelli preferiti dai consumatori che possiedono maggiori conoscenze».

Prezzo, costi e comunicazione

«E dunque, in definitiva», conclude Scozzafava, «accanto alla difficile impresa di ridurre i costi per fare vini bio e alla ridefinizione delle politiche di prezzo, l’adozione da parte degli attori del mercato di strategie commerciali e informative che includano la degustazione dei vini, in modo da ridurre la possibile sfiducia del consumatore nei confronti del gusto dei prodotti biologici o biodinamici, potrebbe aumentare il loro successo».

Foto di apertura: i consumatori sono disposti a spendere di più per acquistare vini biologici o biodinamici rispetto a quelli tradizionali, ma non tanto quanto attualmente impongono i reali prezzi di mercato. Agendo sui prezzi i produttori potrebbero quindi spingere di più il pubblico verso prodotti sostenibili © M. Petric – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 14/09/2021

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