Quanto si spende per fare una bottiglia?
Un’indagine dell’Università di Firenze e dell’UniCeSV sui costi di produzione del Chianti Classico registra valori tra 3,66 e 9,62 euro al pezzo – L’esempio della Franciacorta, dove un osservatorio segue il prezzo dal produttore al consumatore
Non è una novità, ma vale la pena di ripeterlo per l’ennesima volta: il vino buono costa. Quanto? Dipende. Non è un gioco di parole, ma la risposta non è così scontata come si potrebbe immaginare. Se nel settore manifatturiero è tutto sommato abbastanza lineare stabilire il costo di produzione di un utensile, per una bottiglia di vino non è così automatico. Infatti, le indagini sui costi di produzione, un passo necessario per arrivare alla formulazione del prezzo, non sono così diffuse e quando ci sono non sempre riescono a fotografare una realtà produttiva ricca di sfumature come la nostra. Per un’azienda “strutturata” monitorare le varie spese sostenute nei vari momenti del processo produttivo, almeno apparentemente, è più facile di quanto non lo sia per un’azienda di dimensione e dall’organizzazione meno sviluppata. Infatti, un’impresa familiare, dove non si contano le ore di lavoro rispetto a un’altra dove i rapporti e gli orari sono regolati più rigidamente, ha problemi che si riversano in modo diverso sul prezzo finale. Comunque spalmare i costi su piccole o grandi quantità, fa la vera differenza.
Negli ultimi anni il Chianti Classico, una delle aree vitivinicole più importanti del nostro Paese in cui la filiera è rappresentata in tutti i suoi aspetti (produttori di uve, produttori-trasformatori-imbottigliatori, imbottigliatori, cooperative, ecc.) è stato e continua a essere oggetto di ricerca e di approfondimento in questo senso. Recentemente l’Università degli Studi di Firenze e l’UniCeSV (Centro universitario di Ricerca e formazione per lo sviluppo competitivo delle imprese del Settore Vitivinicolo italiano) in collaborazione con Inas (Istituto nazionale di studi su agribusiness e sostenibilità) hanno presentato, durante un seminario, uno studio su “I costi di produzione del Chianti Classico: risultati di un’indagine campionaria” curata dal professor Leonardo Casini. «Abbiamo svolto una ricerca, effettuata su un campione casuale di 40 aziende, con una superficie vitata media di 35 ettari dei quali 27 iscritti al Chianti Classico Docg», ha spiegato Casini, «per complessivi 1.100 ettari». Alla fine dell’elaborazione dei dati raccolti, il costo medio di una bottiglia da 0,75 litri di Chianti Classico è risultato di 4,93 euro con un minimo rilevato di 3,66 e un massimo di 9,62. Le stime comprendono le spese di produzione, da quella dell’uva alla vinificazione, dall’invecchiamento al confezionamento e la commercializzazione.
Anche il Consorzio di tutela in passato si è cimentato sullo stesso tema e ha preso in esame un gruppo di aziende a cui corrispondono 779 ettari di vigneto in produzione, nell’annata 2005-2006. I risultati finali, cioè il costo di produzione di una bottiglia bordolese di vino Chianti Classico, calcolato resa franco fattoria, è risultato in media pari a 3,14 euro. Il Consorzio sostiene che, anche in questo caso, la diversa organizzazione e dimensione delle aziende che compongono il campione determinano una consistente variabilità nel costo unitario, con valori che oscillano da circa 2,50 euro a circa 5,40 a bottiglia. (Attualmente il Consorzio sta aggiornando lo studio. Michele Cassano, che coordina l’indagine, ci anticipa, seppur con il beneficio dell’inventario dovuto alla fase iniziale, che la media si dovrebbe ulteriormente abbassare. Per i dati definitivi bisognerà attendere giugno, ndr).
Entrambe le ricerche, differenti per metodologie di campionamento, non sono automaticamente sovrapponibili mentre sui risultati è possibile ragionare maggiormente. Infatti, le differenze tra i due esiti sono evidenti e dimostrano anche le difficoltà nel descrivere un range il più possibile aderente alla realtà e ai diversi soggetti presenti nella filiera. Ma le variabili di cui tener conto sono davvero numerose. Basti solo pensare all’influenza esercitata dall’andamento stagionale sulle rese, minori o maggiori, e quindi suscettibili ogni anno di cambiamento. O l’incidenza dei costi fissi di produzione (ammortamenti dei macchinari, affitto di locali, parte dei salari e stipendi, consulenze enologiche e gestione ordinaria, ecc.) che si sostengono a prescindere dai volumi di produzione e si riversano su tutte le unità prodotte. Maggiore sarà la produzione e minore sarà il peso che avranno sul costo del prodotto finale. In sostanza si tratta di un lavoro che richiede delle messe a punto periodiche. Sempre nello stesso seminario dell’Università di Firenze, il professor Enrico Marone ha illustrato un modello per il controllo della gestione delle imprese vitivinicole realizzato con la predisposizione di un apposito software basato sulla “contabilità analitica”, solitamente impiegata nel settore industriale, utile per monitorare l’intera catena del valore e determinare i costi di ogni etichetta.
Quanto ai prezzi è tutta un’altra storia. Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio Chianti Classico, stima che mediamente il ventaglio sia piuttosto ampio: «Si va dai 3,50 euro sino ai 15 euro per una bottiglia bordolese. Tale differenza è strettamente legata alla tipologia di azienda produttrice, alla notorietà del suo marchio e ad altri fattori ancora». (in buona parte già citati in precedenza. ndr). A tutto ciò poi vanno aggiunti i ricarichi che si accumulano durante i vari passaggi nei diversi canali (Gdo, ristoranti, enoteche, importatori, ecc.). E qui si apre uno scenario molto ampio perché i Consorzi di tutela, che ora hanno il compito di gestire le denominazioni, non sono in grado di seguire il percorso della bottiglia e quindi di conoscere a quale prezzo venga realmente collocata dalle aziende e dove.
In Franciacorta hanno lavorato per colmare questa lacuna, decisiva per programmare il futuro, e il prossimo giugno 2011 sarà presentato uno specifico Osservatorio che avrà proprio questo compito. Maurizio Zanella, presidente del Consorzio, lo descrive così: «Sarà uno strumento fondamentale per capire dove vanno a finire i nostri Franciacorta, in quali mercati e canali, e a quale cifra. L’Osservatorio ci permetterà di capire e di ragionare sulla collocazione del nostro prodotto e quindi di operare in tempo reale sui trend». Nello scorso mese di dicembre tutte le aziende franciacortine consorziate, anche le più piccole, sono state messe in rete. Ognuna è stata dotata di un software, appositamente predisposto, che in automatico con le fatture emesse dalle Cantine, permetterà di elaborare, in modo assolutamente anonimo, una serie di informazioni quali la tipologia di Franciacorta (brut, satèn, ecc.), il canale commerciale di destinazione, compresa l’area e la località, il prezzo di vendita. «È un investimento importante», lo ha definito Zanella, «che non tarderà a dare i suoi frutti e a cui tutte le aziende hanno aderito perché ne hanno capito il valore strategico: permetterci di sondare e scoprire le nostre reali possibilità sui mercati nazionali, cogliendone immediatamente le novità». Non a caso il Consorzio del Chianti Classico ha chiesto di incontrare il suo omologo di Franciacorta proprio perché interessato alle prospettive e alle possibilità che l’Osservatorio offre. Sullo sfondo però persiste uno scenario di mercato ancora difficile seppur con alcune novità. Secondo l’istituto Symphony IRI Group, che ha effettuato una ricerca per conto di Veronafiere, il dato totale delle vendite del vino confezionato (vino in bottiglia, da tavola, a denominazione d’origine e in brik) nel 2010 rispetto all’anno precedente è negativo, segnando -0,9% a volume (+0,4% a valore). Crescono, invece, le vendite delle bottiglie da 0,75 litri a denominazione d’origine (Doc, Docg e Igt) che aumentano del +2,3% a volume (e del +3% a valore). Ancor più significativo l’incremento delle vendite delle bottiglie a denominazione d’origine della fascia di prezzo da 6 euro in su, che mettono a segno un +11,2% a volume (+10,8% a valore).
Insomma il percorso del vino, dal grappolo nel vigneto sino alla bottiglia e poi all’utilizzatore finale, è lungo e laborioso e si deve scontrare da una parte con la concorrenza, dall’altra con le tasche dei consumatori e soprattutto con la sempre più scarsa propensione al bere degli italiani. Una corretta analisi dei costi è un buon inizio anche perché sono sempre più numerosi coloro che hanno drizzato le antenne e che nei confronti di certi prezzi “fantasiosi” hanno un atteggiamento di sano scetticismo. Infatti l’equazione vino “costoso uguale vino pregiato” ormai da tempo non funziona più. Se le tante tipologie in offerta corrispondono a spese di produzione e a livelli di qualità diversi, è altrettanto vero che sono differenze non solo da spiegare, ma anche fatte vivere a chi quel vino lo vuole acquistare. Il valore è una cosa seria.
© Riproduzione riservata - 13/06/2011