In Italia In Italia Armando Castagno

Pinot nero in Italia, un mondo da esplorare

Pinot nero in Italia, un mondo da esplorare

Difficile, fragile, incostante; ma talora geniale, esaltante, imprevedibile. Il Pinot nero sa essere croce e delizia, désordre et génie: un attore capriccioso ma inarrivabile, se in giornata di vena. Proprio perché abbarbicato ai rari territori dove si sente davvero a casa, cioè la Borgogna, sua patria, e la Champagne, subisce una specie di attacco di melanconia qualora se ne allontani. Incidono sul suo malumore persino singoli elementi “di terroir”, i quali, perché sia invece a suo perfetto agio, sembrano dover essere tutti presenti: fattori geologici, climatici, di giacitura o di esposizione.

Meraviglioso in rosso, da scoprire spumante

Occorre chiarire che la nostra indagine e la selezione che la chiude si limitano agli esiti del Pinot nero italiano vinificato alla borgognona, cioè in rosso, secco e fermo. Il chiarimento è necessario considerando che questo vitigno si presta a fornire conseguimenti eccezionali anche qualora pensato, coltivato, vendemmiato e trasformato avendo per obiettivo un vino spumante, tipologia nella quale raggiunge vertici di qualità, spesso affiancando, e potrà sembrare un paradosso, una spinta energetica e un’emozionante ricchezza di chiaroscuri alle sue innate doti di finezza.

Il sogno è realizzare la perfezione nel calice

Il mito mondiale del Pinot nero ha il suo segreto, alla fin fine, nel suo saper inverare un piccolo ma prezioso miracolo: vini cui pare non mancare nulla, ma in cui convivono una stupefacente bellezza e una struttura gustativa fondata sulla levità. Un grande rosso da quest’uva risulterà pertanto, tra i capolavori enoici che il mondo offre, il più trascinante da bere; fresco, setoso e leggiadro al sorso, complesso invece nei valori aromatici, che lasciano una enigmatica sensazione di eleganza che nei casi migliori mette i brividi.

Il confine labile tra perfezione e disastro

Laddove si tenti di stravolgere il vino per scelta stilistica, o perché il luogo – troppo freddo o troppo caldo – non consente di arrivare al citato insieme di complessità e sottigliezza, il Pinot nero non esprime alcun talento. Apparirà anzi goffo e fuori posto, o diluito fino alla banalità, oppure greve e rustico fino a rilasciare odori animali, organici e pellicciosi che ne rappresentano la manifestazione di un totale spaesamento. Considerare questi odori come varietali, o come tipici di un buon Pinot nero – e c’è chi lo fa – equivale ad affermare che il tratto culturale più nobile dell’uomo non sia l’espressione artistica, ma il turpiloquio. Ottenere un vero, grande Pinot nero richiede dunque un’alchimia speciale; fuori dai suoi territori d’elezione, a oggi, ci si è arrivati solo episodicamente.

Dalla Toscana all’Alto Adige, i terroir vocati del Belpaese

Le aree interessate in Italia sono diverse: l’Oltrepò Pavese e l’Alto Adige hanno fatto da apripista, ma si sono attinti risultati interessanti anche in Trentino, in alcune zone toscane, valdostane e franciacortine, e finanche nelle Marche e in Veneto. In alcuni distretti, si è arrivati all’uva borgognona per via progettuale, constatando la simultanea presenza di elementi territoriali favorevoli in termini di clima e giacitura; in alcuni casi l’esperimento pare stia riuscendo, più spesso invece no. Altrove ancora l’uva ha trovato una via espressiva personale, intrigante anche se estranea all’archetipo borgognone, soprattutto in aree della Toscana in cui la matrice territoriale appare più evidente persino dell’impronta del vitigno, qualunque esso sia (da citare ad esempio il Pinot nero di Voltumna, nel Mugello, o il Case Via di Fontodi, a Panzano).

 

 

Gli altoatesini i primi a importarlo

L’Alto Adige è stato il primo territorio, tra quelli oggi italiani, a importarlo: barbatelle di Bourgogne noir furono fornite all’Associazione agraria tirolese nel 1838, quando peraltro l’Alto Adige era austriaco. Le zone di Gries, Novacella e Rametz fornivano buoni vini fermi da Blauburgunder (Pinot nero) a fine Ottocento. Al volgere del secolo la produzione – scarsa in termini numerici, ma già celebrata per qualità – riguardava anche altri territori altoatesini, tra i quali il borgo di Mazzon, in comune di Egna, oggi giustamente stimato uno dei più vocati per il Pinot nero fuori dalla Francia.

Terreno calcareo ed escursione termica per vini maturi e eleganti

La sottigliezza dei suoli argillosi, i sottosuoli triassici più antichi di quelli borgognoni e anch’essi a matrice calcarea, i giochi d’ombra e luce di mattinate in cui il cielo pare scintillare, e il violento sbalzo termico che si registra non appena tramonta, costituiscono il viatico per espressioni mature ma non troppo, capaci talvolta di una singolare grazia di movenze; va certamente citato come capostipite dei migliori vini locali il lussuoso Barthenau – Vigna Sant’Urbano di Hofstätter, che come vino “parcellare” nacque nel 1988 e si è poi fatto spazio tra i Pinot nero italiani di maggiore blasone.

 

 

Risultati altalenanti nel resto d’Italia

Va peraltro chiosato che l’Alto Adige è una delle regioni più calde d’Italia nel periodo estivo, e di conseguenza i vigneti che guardano a sud espongono il vino che ne nasce al rischio di squilibri quali l’alta gradazione alcolica e lo svanimento dei profumi più qualificanti: per il Pinot nero, una condanna. Fortune alterne si sono osservate nel vicino Trentino, vero e proprio puzzle di terroir diversi, il quale offre però uno dei più complessi rossi da Pinot nero in assoluto del panorama nazionale; ne parleremo più avanti. Per il resto, il Paese non regala vini realmente completi se non sporadicamente; qualcuno, tra Veneto e Marche, ha carte da giocare, ma indugia sovente sui toni maturi, abdicando a quell’idea di regalità che il Pinot può concretare; in Valle d’Aosta si registra talvolta una diluizione che sottrae incisività, pur custodendo valori preziosi di tonicità e leggerezza.

 

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 02/2017. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com.
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© Riproduzione riservata - 03/05/2017

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