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Perché l’export di vino italiano ha ricominciato a volare

Perché l’export di vino italiano ha ricominciato a volare

Secondo i dati dell’Osservatorio Uiv l’export di vino italiano ha raggiunto quota 3,3 miliardi nei primi sei mesi del 2021 superando i livelli pre pandemia. Dietro il boom la “rinascita” dell’Horeca, ma non solo. Il punto con il segretario generale Paolo Castelletti.

Oltre quota 3,3 miliardi di euro. Nel primo semestre 2021 l’export di vino italiano pare già essersi dimenticato i dolorosi mesi di pandemia e corre oggi più che nel 2019, quando si era fermato a 3 miliardi. A misurare la febbre internazionale di Prosecco, Lambrusco, Brunello o Barolo è il termometro dell’Osservatorio Uiv, che vaticina una chiusura d’anno al di là della soglia di 7 miliardi. Salto triplo rispetto all’affannoso 2020 (+16% il valore, ma +6% anche i volumi, sopra quota 10 milioni di ettolitri). E un bel passo avanti sulla media del periodo pre-Covid (2015/18). Un risultato favorito dalla ripresa dei consumi nei principali Paesi clienti, gasato dalle bollicine nostrane. Per gli spumanti, infatti, è stato registrato un +25,9% a valore, pari a 780 milioni di euro e, per dirne una, +75% sulla media 2015/18 verso gli Usa. Ma questi dati cosi buoni portano con sé anche molte altre ragioni e significati.

Uk e Giappone uniche eccezioni

La geografia dei flussi di vini confezionati parla di +12% verso gli Usa contro +2% del 2019; +18% in Germania contro +5%; e un +19% in Canada rispetto al +4% precedente. Le eccezioni sono i flussi verso Regno Unito (-8% contro -4%, ma sulla bilancia pesa la Brexit) e Giappone, dove si scende in terreno leggermente negativo contro una crescita del 12% registrata prima dello scoppio del Covid.

Crescita su crescita dei vini frizzanti

«Se il ritorno prepotente delle vendite degli spumanti, favorito dalla ripartenza dell’Horeca e dalle occasioni di consumo nel fuoricasa, spiega una buona fetta del rimbalzo sul dato complessivo dell’export, è interessante sottolineare la crescita nei volumi di altre tipologie, come i vini frizzanti, Lambruschi in testa», è il commento del segretario generale dell’Uiv Paolo Castelletti. «Questi prodotti hanno fatto segnare +5,2% in volume; un’incoraggiante crescita su crescita rispetto al 2020, quando il saldo era stato comunque positivo».

export vino italiano
Paolo Castelletti, segretario generale Uiv, sottolinea la crescita dell’export di vino italiano di qualità

I rossi scavalcano i timori sui dazi

Discorso analogo agli spumanti è quello che attiene la sfera dei vini fermi. Il +35% a valore di aprile-giugno, altro figlio della resurrezione dell’horeca, va pesato con la tara del -12% registrato nello stesso quarto del 2020. Meglio la parabola dei rossi rispetto a quella dei bianchi, che (vedasi Pinot grigio in Usa) avevano performato discretamente bene anche 12 mesi fa.
«La progressione di 14,3 punti percentuali dei vini rossi Dop conferma la rilevanza dei prodotti a valore italiani sui mercati esteri», commenta Castelletti. «E un’ulteriore considerazione va fatta pesando l’elemento di discontinuità provocato dal timore dei dazi trumpiani. La minaccia di una tassa aggiuntiva nel marzo 2020 aveva drogato l’import in Usa dei nostri vini, provocando un’incetta di prodotti di qualità nei mesi da dicembre 2019 a febbraio 2020; tanto che i produttori di grandi toscani, veneti o piemontesi faticavano a soddisfare la richiesta. Il fatto che quest’anno volumi e valori della tipologia siano addirittura migliorati è una prova del consolidamento e dell’apprezzamento internazionale dei nostri rossi».

Export di qualità, ossigeno per la filiera

La fotografia dell’Uiv svela dunque anche una crescita dell’export di qualità. All’aumento dei fermi in bottiglia fa da contraltare la contrazione del bag-in-box (-6,6% complessivo), dopo lo splendore conosciuto dal formato per i consumi familiari nei mesi di confinamento domestico, e il calo dei vini sfusi, «conseguenti all’aumento dei prezzi all’origine e alla spietata concorrenza spagnola», certifica ancora il segretario generale. Ma il numero che rende meglio l’idea è «il +8% fatto segnare nel rapporto euro/litro, un dato rinfrancante nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità della filiera territoriale, che mira a rafforzare l’anello debole della catena, la marginalità per il viticoltore».

Sinergie per la sostenibilità economica

A proposito di sostenibilità economica un’altra considerazione sulla performace del comparto vinicolo italiano in questi primi mesi post pandemia riguarda il cambiamento sistemico in atto.
«Questi risultati scaturiscono anche dalla ristrutturazione che è ancora in corso. Le acquisizioni di aziende a marchio da parte del mondo cooperativo stanno migliorando la loro offerta. Importanti fondi di investimento stanno entrando con interesse in realtà flessibili, rendendole più performanti. Inoltre, sono in fase di sviluppo partnership sulla logistica del vino. Tutto questo sta giovando al settore e riducendo i costi. È un fattore cruciale specie in un contesto di contrazione della disponibilità di materie prime; mancano vetro, carta per le etichette e tappi, e gli effetti sul valore finale della bottiglia si sentiranno».

25 milioni per spingere la promozione

Infine, aggiunge il segretario dell’Uiv, per accompagnare la crescita di cui parlano i numeri di mercato «serve il ricorso a politiche di sostegno, come l’ausilio della promozione del nuovo plafond di 25 milioni di euro ai nastri di partenza entro l’autunno (che dovrebbe aggiungersi ai 100 dell’Ocm vino, ndr). Abbiamo già chiesto al ministero il coinvolgimento degli operatori, al fine di instaurare una collaborazione per l’individuare i mercati-obiettivo e le modalità con cui fare questa promozione istituzionale, affinché l’investimento produca un importante effetto moltiplicatore sulle azioni che le aziende già fanno».

Foto di apertura: le vendite all’estero hanno raggiunto quota 3,3 miliardi nei primi sei mesi del 2021 superando i livelli pre pandemia © chuttersnap – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 26/09/2021

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