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La nuova cantina Quintarelli. Visita in anteprima

27 Settembre 2016 Monica Sommacampagna
C’è qualcosa di nuovo oggi in Valpolicella, anzi d’antico. Così si potrebbe sintetizzare una visita da Quintarelli, azienda storica della zona vitivinicola veronese, che ha rinnovato la cantina, non lo spirito controcorrente. «Abbiamo iniziato la ristrutturazione tre anni fa in uno stile contemporaneo che mette in luce il nostro passato» ci dice Francesco Quintarelli, nipote di Giuseppe. «Nel 2017 i lavori potrebbero essere in dirittura d'arrivo». E anche se la terrazza con parapetto in vetro per una visuale panoramica integra oggi è in fase di completamento, la visita ci racconta una storia antica e tutta da riscoprire. Il periodo migliore è tra ottobre e gennaio, quando si possono vedere i fruttai per l’appassimento.

Da un viale di ulivi a una distesa di vigneti

Da Verona, alla seconda svolta di una rotonda in direzione Negrar, si sale verso la località Cerè. Nessuna indicazione né targa pubblicitaria per l’azienda Quintarelli, sul monte Ca’ Paletta: unico indizio, dopo numerose svolte, sulla sinistra, un cancello aperto e un viale alberato di ulivi. Una scelta voluta, per un carattere, ci spiega Francesco, che non voleva mettersi mai in mostra. Giuseppe Quintarelli era umile ma molto determinato. Figlio di Silvio, che dopo la prima guerra mondiale era passato dalla coltivazione di un fondo a mezzadria a Marano a un’attività in proprio a Cerè di Negrar, aveva assunto la gestione nel 1950 dando il via al rinnovamento e all’espansione dell’azienda. Dalla terrazza Francesco indica, a sinistra, i vigneti: 11 ettari per lo più coltivati a Pergola veronese su terreni calcareo basaltici per vitigni tradizionali come Corvina, Corvinone o Rondinella, alla base della doc Valpolicella, e alcuni antichi come il Saorin. Il resto è allevato a Guyot, per varietà come Cabernet franc, Merlot o Syrah.

Nuova Cantina Quintarelli: un tesoro di grandi botti ovali

I passi ci portano al piano inferiore e la elegante bottaia, illuminata ad effetto, svela un patrimonio di grandi botti ovali, tra cui spicca quella da 120 ettolitri, con i pavoni intagliati e la croce, dedicata a Giuseppe Quintarelli, che mette in luce i suoi valori, la religione e il lavoro. Un tunnel in cemento con decorazioni di bottiglie storiche di vecchie annate ci conduce a botti per la massima parte grandi e a foto della famiglia Quintarelli. La sala degustazione, invece, è come l’ho lasciata una quindicina di anni fa, quando c’era anche Giuseppe: un tributo alla sua memoria.

Valpolicella in purezza, sorso dopo sorso

Le bottiglie allineate sul tavolo riportano le diciture scritte a mano anni fa. Ma lo sguardo e il palato si volge al loro contenuto: in degustazione dal Valpolicella al Recioto, passando attraverso l’Amarone. Il lavoro certosino in vigna e l’affinamento in botti grandi senza utilizzo di barrique per preservare al massimo i profumi varietali si apprezzano in bocca e rivelano un bouquet sensoriale coerente che si svela con il tempo dal vino più giovane a quello più longevo.

Primofiore, Alzero e Amabile del Cerè

Quintarelli ha nel suo Dna il lunghissimo affinamento, che applica per la sua produzione, per l’Amarone sono otto anni, oggi si apprezza il 2007. Il Recioto 2004 è un trionfo di dattero e tamarindo, con ottima persistenza. Tra gli altri vini, si possono assaggiare il Primofiore e l’Alzero, ottenuto da Cabernet Franc, Sauvignon e Merlot appassite. In bacheca storica il bianco Amabile del Cerè, una rarità da Garganega, Trebbiano toscano, Sauvignon, Chardonnay e Saorin che si può degustare solo in enoteche e ristoranti.

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