Una giornata a tu per tu con il direttore tecnico Federico Radi nei luoghi in cui nasce il Brunello Biondi-Santi, vino simbolo di un territorio e di uno stile. Il piano agronomico mira a ottenere le uve migliori per mantenere i caratteri di un’etichetta che ha reso Montalcino famosa nel mondo
Parlare della Tenuta Greppo e di Biondi-Santi, in termini di grandi Riserve e assaggi, è sempre interessante, dato che la marca ha fatto della longevità un suo punto di forza. Ma ciò che abbiamo vissuto al Greppo è di natura diversa. E ve lo raccontiamo. Alcuni mesi fa, in una giornata invernale, ci ha accolto Federico Radi, direttore tecnico della Tenuta. La vigna riposava spoglia; gli operai lasciavano sul terreno gli ultimi sarmenti. Potevamo solo immaginare questa stagione, energica e verdeggiante.
Ogni scelta è volta a mantenere lo stile
Passeggiare per quelle vigne, accompagnati da Federico e dal responsabile viticolo Antonio Piccinno, è stato illuminante per capire non solo come nasce un grande vino in vigna, che ci capita spesso, ma qualcosa di più intimo e particolare: come si progetta il futuro di una leggenda, che deve rimanere uguale a se stessa (in termini di stile) mentre attorno tutto cambia, il clima prima di tutto.
«Il nostro obiettivo ultimo», spiega Federico, «è impostare tutto, la scelta dei portinnesti, dei cloni, delle lavorazioni del terreno, delle forme di allevamento, della gestione della chioma… tutto per mantenere lo stile Biondi-Santi riconosciuto nel mondo, come lo abbiamo apprezzato negli anni Ottanta e Novanta». Partiamo allora dalla definizione, ovvero dal risultato che tanto lavoro deve restituirci nel calice: un Brunello elegante, di medio corpo, dall’alcol moderato, tannini fini, acidità vibrante, notevole progressione gustativa. Vini dinamici, avvolgenti e longevi.


Il grande piano di riordino parte dalla vigna
Come dicevamo, al Greppo c’è un enorme lavoro da compiere, un piano che coinvolge ogni dettaglio, per raggiungere un simile risultato, tenuto conto dello stato disomogeneo delle vigne e delle sfide dettate dal cambiamento climatico, che vanno proprio nel segno contrario rispetto allo stile fine e fresco alla Biondi-Santi. E oltre ai tanti dettagli da considerare, la sfida più importante è quella di realizzare nuove vigne. «Fare un nuovo vigneto, per noi tecnici, è un po’ come un parto», sostiene Antonio. «Più grande è il vigneto, più complessa diventa la gestione: servono manodopera, tempo, attenzione. La fortuna è stata quella di poter lavorare su piccoli apezzamenti – superfici tra i 1000 e i 2000 metri quadrati – che ci hanno permesso un approccio attento e approfondito. Ogni parcella ha caratteristiche proprie, e il tempo per osservarle e capirle è stato determinante nella scelta dei materiali più adatti».

Il tempo come prezioso alleato
Nella viticoltura di Biondi-Santi precisione, memoria e biodiversità sono fondamentali, e l’attenzione al dettaglio comincia ben prima della piantagione. «Quando si estirpa un vigneto esistente e si fa uno scasso profondo», continua Piccinno, «il rischio è di alterare in modo significativo la stratificazione del suolo e, di conseguenza, il suo equilibrio microbiologico. Il nuovo impianto parte già in una condizione di stress. Tutto dipende da molte variabili: dal portinnesto al clone, dal momento scelto per piantare, dall’umidità del terreno, dalle cure iniziali». Nei piccoli vigneti di Biondi-Santi, invece, il tempo è un alleato prezioso: è stato possibile attendere le condizioni ideali, studiare il suolo con attenzione, scegliere con cura il tipo di lavorazione più rispettosa.
Vigneto Isola e Ginestreto
Il primo impianto di questo nuovo ciclo è stato il Vigneto Isola, realizzato nel 2023 nei pressi dell’ingresso. Una parcella di circa mille metri quadrati, interamente piantata con la selezione massale di Biondi-Santi. A pochi metri, Ginestreto racconta un’altra storia: un vigneto preesistente che necessitava di un intervento profondo. Il terreno è stato diviso in due micro-vigneti sulla base della pendenza. Dove la pendenza era minore si è scelto un impianto a rittochino, con i classici pali incrociati di Biondi-Santi; nella zona più scoscesa, sono state create piccole terrazze, arricchite con varietà di frutti antichi toscani e un piccolo bacino d’acqua per favorire la biodiversità. Nel biennio tra il 2024 e il 2025 sono nati altri piccoli vigneti, ciascuno con una propria identità.
Belvedere e Testucchio
Belvedere è tra i più emblematici: impiantato in un’ex oliveta, poco distante dal Greppo ma in posizione più elevata, è circondato da una siepe che funge da habitat per insetti e uccelli. Due olivi storici segnano l’ingresso della vigna, come una soglia simbolica. La vista è duplice: da un lato la tenuta del Greppo, dall’altro il convento dell’Osservanza di Montalcino. Proprio di fronte a Diomerino sorge Testucchio, nato quasi per caso durante le lavorazioni per il vigneto vicino. In origine era un’oliveta. Invece di rimuovere gli ulivi, si è deciso di mantenere le piante e di piantare barbatelle tra un albero e l’altro, creando filari misti in cui vite e ulivo convivono. «È una forma di viticoltura promiscua», spiega Antonio, «che rievoca la tradizione toscana e i nostri impianti storici». Ma c’è di più: accanto agli ulivi sono stati piantati aceri campestri, recuperando l’antica pratica della vite maritata. «In Toscana, “testucchio” è proprio il nome della vite maritata all’acero. È un esempio di agro-foresteria moderna, ma in realtà stiamo solo riprendendo conoscenze antiche».
Lo studio e il vigneto storico
«Stiamo scrivendo un manuale affinché tutti conoscano ogni passaggio, ogni singola esigenza in questo mosaico di situazioni», racconta Federico. «È più un lavoro da sarti che da agronomi, su misura per ogni vigna e a volte per ogni pianta». E Biondi-Santi può contare su una squadra di collaboratori di lunga data, ben formati, in grado di entrare a questo livello di dettaglio. «Il patrimonio dell’azienda, indubbiamente», dice Radi, «sono i vigneti». È tutto lì e ora il Greppo conta 33 ettari in piena produzione e 7 di nuovi impianti. Ed è ripartito tutto da un ettaro, il vigneto storico, piantato tra gli anni Trenta agli anni Cinquanta. «Abbiamo cercato di mantenere il Dna con la selezione massale, per me fondamentale», spiega Radi, «perché queste viti si sono adattate all’ambiente, hanno una storia e una diversità genetica. Alcune piante hanno 80-100 anni. Abbiamo sovrainnestato in campo, per approfittare di un apparato radicale già forte, ed è stato un successo». Vi si trovavano per lo più portinnesti 1103P «un’ottima scelta», secondo Radi, perché va in profondità ed è molto utile in annate siccitose. Una curiosità: la tesi di laurea di Franco Biondi-Santi, nel 1947, trattava di portinnesti scomparsi.
Per finire, l’assaggio

Come anticipato, questo articolo intendeva puntare i riflettori sull’enorme lavoro che il team Biondi-Santi, con in testa l’ad Giampiero Bertolini e il direttore Federico Radi, stanno realizzando per mantenere “uno stile”. D’altronde, il lavoro in cantina è minimale e ciò che conta più di tutto è il fattore tempo, l’attesa nelle botti e nelle bottiglie per lasciar parlare infine “la voce” di Biondi-Santi. Prima di andarcene, però abbiamo assaggiato alcuni vini, incluse le ultime uscite (per la prima volta tutte rilasciate lo stesso giorno, l’1 marzo 2025).
Rosso di Montalcino Doc 2021 ***
Uscito nel giugno 2024, l’annata è stata segnata da una gelata importante di inizio aprile che al Greppo ha toccato solo la parte più bassa, esposta a Nord. Poi il clima è stato caldo e secco. Al naso offre un piccolo frutto concentrato e balsamico, con erbe aromatiche e un tocco di frutto cotto. In bocca è succoso, conferma il carattere balsamico con un finale senso di mirtillo, composta di lampone e caramello. Medio corpo, buona acidità. Il tannino è ancora severo. 13,7% vol.
Rosso di Montalcino Doc 2022****
Un’altra annata anomala, con il maggior numero di giorni mai registrato sopra i 35 gradi. Eppure, al naso esprime un lampone brillante sorprendente. In bocca è caldo, volumico, dal sapore avvolgente e il tannino è granulare e disteso. Meno concentrato. 14,02% vol.
Brunello di Montalcino Docg 2019*****
Annata estremamente fortunata, con le giuste piogge cadute a maggio. Fioritura e allegagione perfette. Il bouquet presenta sentori di rabarbaro e lampone, nota eterea tipica della casa. Un vino “di radice”, nel quale emerge il classicismo Biondi-Santi, dal tannino lungo e succoso. Persistente, con retrogusto di liquirizia e nota finale sapida. 13,6% vol.
Brunello di Montalcino Riserva Docg 2018****
Una lotta col clima che ha portato alla produzione di 8mila bottiglie. Il naso è fresco e balsamico con un ricordo di lampone disidratato. In bocca torna la nota balsamica, il tannino è ancora squadrato. Piacevole finale di sottobosco e fungo. 13,5%Vol.