Masi in Borsa. A un mese dal debutto

Masi in Borsa. A un mese dal debutto

Il 30 giugno 2015 il gruppo Masi Agricola entra in Borsa Italiana. La quotazione è su Aim Italia, indice delle piccole e medie imprese nato due anni fa. Il gruppo vinicolo è la terza società del programma Elite (cui ha aderito nell’aprile 2013) a quotarsi sul mercato delle Pmi. In fase di collocamento, Masi Agricola ha raccolto 29,6 milioni di euro. Abbiamo chiesto al presidente Sandro Boscaini (in foto al centro, tra gli advisor) di raccontarci questo primo mese in Borsa. E il discorso si è fatto decisamente interessante.

La quotazione del titolo Masi in Borsa

Partiamo dall’andamento finanziario in sé: «Tutto va come dovrebbe: dopo un mese, il titolo ha superato il valore di quotazione. Nonostante la défaillance della Grecia abbiamo avuto fortuna, il prezzo è stato fissato un giorno prima – il 26 luglio – per poi proseguire con la negoziazione dal 30 luglio» spiega Sandro Boscaini. «Il titolo è calato, risentendo dei due giorni di difficoltà della Borsa, ma ora è in ripresa e sta passando dagli investitori istituzionali – con cui è avvenuto il piazzamento pre-quotazione – ai privati. È stato molto apprezzato il brand, il modello di business che l’azienda rappresenta, e la nostra appartenenza al made in Italy. Siamo l’unica fra le aziende di Aim Italia ad avere ben 32 investitori stranieri. Tutto ciò, considerando che il momento non è dei più felici per l’Italia, fa ancora più piacere».

Saper affrontare il cambiamento con intelligenza

La notizia della quotazione ha avuto una risonanza mediatica oltre ogni aspettativa. «Il Financial Times ha indicato la scelta di Masi in Borsa come un caso virtuoso, un modello da seguire per l’agroalimentare italiano, settore in cui serve consolidare con la finanza diverse grosse realtà produttive. Anche il Sole 24 Ore ci ha dedicato ampio spazio, in quanto prima azienda produttrice di vino di qualità che ha il coraggio di mostrarsi trasparente al mercato e quotarsi». Importante è stata anche la reazione del settore enologico italiano, racconta Boscaini: «Abbiamo ricevuto centinaia di complimenti anche da persone insperate. Siamo considerati un’azienda innovativa, che non ha paura di affrontare il cambiamento, cosa che abbiamo già dimostrato anche in campo vinicolo reinterpretando il metodo dell’appassimento cinquant’anni fa con il Campofiorin, e contribuendo a costruire il mito dell’Amarone nel mondo, insieme ad altri validi produttori della Valpolicella».

La finanza aiuta l’impresa

Masi Agricola è stata la prima azienda del vino italiano di qualità a quotarsi in Borsa, ma anche la prima a introdurre la finanza tra i partner istituzionali con Alcedo (società di gestione del risparmio che opera nel Private Equity). «Non abbiamo paura di essere trasparenti e mostrare il nostro Dna: abbiamo un’idea ben precisa di business model e sappiamo che la finanza può dare un aiuto notevole alla nostra impresa, se usata come mezzo. Per entrare in Borsa non abbiamo venduto azioni: la quota proviene dal partner finanziario Alcedo, che è in parte uscito, e per il resto da un aumento di capitale. La nostra famiglia tiene salda la maggioranza assoluta, i tre quarti delle azioni», precisa il presidente di Masi Agricola. «Questo ci consente di preservare lo stile dell’azienda, aprendoci però a nuove prospettive, come l’opportunità di acquistare vigneti o linee esterne di produzione, integrando nel Gruppo aziende compatibili con il nostro ideale produttivo e con la volontà di rappresentare i valori del Triveneto, nelle aree in cui ancora non siamo presenti».

Il brand si racconta al consumatore. Masi Wine Bar

Parallelo al discorso finanziario, un altro punto nevralgico su cui lavorare è “a valle” della produzione vinicola: la commercializzazione. «In Italia risentiamo di un deficit di comunicazione. Non basta più trovare un distributore all’estero, bisogna quantomeno affiancarlo per creare un flusso comunicativo e di esperienzialità: è questo che lega il consumatore e alimenta la conoscenza del brand. Nel nostro piccolo abbiamo già cominciato con il progetto dei Masi Wine Bar, cercando di portare oltreconfine un’esperienza simile a quella che possiamo offrire a chi viene a trovarci in Valpolicella. I produttori italiani sono grandi viaggiatori, ma non è sufficiente: bisogna creare qualcosa di più strutturato a livello internazionale, servono mezzi e massa critica per dare sicurezza e continuità al rapporto con chi distribuisce».

Masi Agricola come case history?

Sorpresa: dopo l’ingresso di Masi in Borsa, forse qualcosa si sta muovendo. «In questo periodo Unicredit ed Equita – chi ci hanno condotto, fra le banche – e l’advisor Ambromobiliare hanno ricevuto decine di richieste di informazioni. Forse, dopo la nostra iniziativa, si sta insinuando il pensiero del cambiamento nel sistema vino italiano» commenta Boscaini, ribadendo: «Se ben utilizzata e chiaramente percepita come mezzo per finanziare l’attività vinicola, la finanza è di grande aiuto per l’impresa».

 

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© Riproduzione riservata - 05/08/2015

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