Sul mercato il Marsala ha un’anima divisa tra i grandi numeri della Gdo e una nicchia Horeca votata all’alta qualità. Le strategie delle Cantine leader per scalare il successo della Doc. E l’esigenza di ritrovarsi nuovamente in un consorzio che tuteli dall’uso indiscriminato del nome.
L’articolo fa parte della Monografia Marsala
(Civiltà del bere 4/2021)
Nessun altro vino italiano ha mai avuto un’impronta così internazionale, sin dagli inizi della sua storia, come il Marsala. È nato alla fine del Settecento per l’esportazione in Inghilterra. Ben prima che il Paese fosse unito nel Regno d’Italia (1861), era già consumato a Roma come a Torino, a Londra e nelle Americhe. Salvatore Mondini (Il Marsala, Casale Monferrato, 1922) elenca oltre 70 Paesi del mondo dove il Marsala, in botte e in bottiglia, veniva commercializzato dal 1911 al 1920. In questo lungo lasso di tempo sino ad oggi ha sofferto per gli alti e bassi dovuti ai conflitti, alla tassazione sull’alcol, alla qualità scadente delle tante imitazioni (marche di concorrenza) e infine al cambiamento degli stili di vita e di consumo. Negli anni Cinquanta le ditte enologiche registrate erano ben 226. Il picco produttivo – con 200-250.000 ettolitri – fu raggiunto negli anni Sessanta (Nicola Trapani, Il Marsala – Storia, tradizioni e tecnica).
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