In Italia In Italia Anna Rainoldi

Lo sfruttamento geotermico minaccia il Montecucco

Lo sfruttamento geotermico minaccia il Montecucco

Il Consorzio Tutela Vini del Montecucco sta svolgendo un’azione di difesa del territorio dalla minaccia di sfruttamento geotermico, che nella zona del monte Amiata si preannuncia piuttosto invasiva. Nell’area sono attivi ben cinque permessi di ricerca preliminare, di cui due in stadio già avanzato: il pozzo esplorativo di Monte Labbro e la centrale di Montenero. Giovan Battista Basile, vicepresidente del Consorzio, ci ha spiegato quali sono i reali rischi per il territorio e le sue produzioni d’eccellenza. A partire dal vino.

 

Giovan Battista Basile

 

Cosa si prospetta nel Montecucco

Dei 17 permessi di ricerca preliminare di energia geotermica attivi oggi in Toscana, 5 sono concentrati nella sola area di Cinigiano (Grosseto). Fra cui 2 progetti in stadio già avanzato: il pozzo esplorativo di Monte Labbro (Renewem) e l’impianto pilota di Montenero (Gesto Italia), quest’ultimo con permesso di ricerca sottoposto all’autorità competente del ministero dello Sviluppo economico (anziché alla Regione, come gli altri 16). I rimanenti sono: Murci (Enel), Cinigiano (Gesto Italia) e Montalcino (Gesto Italia). In tutto, sull’Amiata sono previste 5 centrali e circa 30 pozzi geotermici.

Le azioni del Consorzio contro lo sfruttamento geotermico

Contro Montenero, il Consorzio ha presentato un intervento ad adiuvandum del ricorso al Tar mosso in precedenza da parte di alcuni produttori soci. E una osservazione alla Regione Toscana contro il progetto Monte Labbro, in contrasto alla decisione regionale di escludere dalle procedure di VIA questo progetto di perforazione esplorativa. Una scelta che, di fatto, consente di avviare le procedure per la concessione mineraria e l’autorizzazione ai lavori senza effettuare prima un serio Studio d’Impatto Ambientale.

Dalle centrali storiche al progetto Monte Labbro

L’attività di sfruttamento geotermico non è una novità assoluta per il monte Amiata. Quest’area ospita già alcune centrali storiche dell’Enel, in alcuni casi ampliate negli anni, «ma sono distribuite in zone più montuose (Arcidosso, Piancastagnaio) al di fuori della zona di produzione del Montecucco», precisa Basile. L’impatto di questi nuovi permessi è ben diverso, e non esclude il coinvolgimento di territori di produzione vinicola. Il progetto Monte Labbro prevede un pozzo esplorativo di 4.500 m, con un cantiere di 14.600 mq e 35.000 mc di acqua per la perforazione: «in un anno di siccità come questo, questo enorme fabbisogno di acqua pesa ancora di più sulle risorse idriche del territorio», spiega.

L’impatto dei pozzi esplorativi

Il solo pozzo esplorativo ha un impatto significativo sul territorio. Oltre all’uso del suolo (con la costruzione di strade di accesso, piazzole di perforazione, vasche dei fanghi di perforazione) e all’impatto acustico (esteso a 24 ore), c’è il rischio concreto di contaminare le acque superficiali, le falde sotterranee e l’aria con polveri e inquinanti. Inneschi sismici e di subsidenza (progressivo sprofondamento del suolo) sono altre gravi problematiche che possono insorgere anche in fase di ricerca.

Il paradosso della Regione Toscana

Nel contrasto con la Regione Toscana «abbiamo il supporto dei Comuni dell’area interessata, le Asl e la Soprintendenza ai beni culturali», spiega Basile. L’autorizzazione del progetto Monte Labbro è paradossale, considerando i grandi investimenti che la Regione ha finora destinato alla valorizzazione di quest’area.«Bloccare questi progetti significa difendere un territorio “vergine”. Che finora si è salvato da grossi impatti industriali, diventando luogo di produzione di prodotti sani e di qualità: vino, olio e altre eccellenze agroalimentari. E meta enoturistica sempre più ambita». Di questo equilibrio beneficia l’intera zona, anche dal punto di vista occupazionale, «ben più di quanto potrebbe derivare dalle centrali geotermiche».

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© Riproduzione riservata - 20/12/2017

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