Le Cantine che hanno fatto l’Italia (2): Barone Ricasoli

Le Cantine che hanno fatto l’Italia (2): Barone Ricasoli

Da tempo Ricasoli appartiene di diritto all’aristocrazia del vino non solo della Toscana e dell’Italia, ma del mondo intero. Sono poche, infatti, le famiglie del vino che possono vantare una tradizione plurisecolare sia nel campo della produzione sia in quello della distribuzione sui mercati internazionali. E se già nel 1141 gli antenati del celebre “barone di ferro”, quel Bettino Ricasoli che nella metà dell’Ottocento avrebbe delineato la cosiddetta “formula” del Chianti moderno, possedevano vigneti intorno al castello di Brolio, documenti certi attestano che le prime esportazioni dei loro vini risalgono alla metà del Seicento.

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La cover grafica che risale al 1938

«Amsterdam e l’Inghilterra, ma anche altri Paesi del Nord Europa, erano le destinazioni principali dell’epoca», ci conferma Francesco Ricasoli. «Gli acquirenti erano ricchi mercanti dei Paesi Bassi e nobili. Nei nostri archivi storici sono custodite lettere che attestano come nel Settecento il duca di Norfolk non potesse fare a meno delle regolari forniture del vino di Brolio, che allora veniva spedito in barili».
E a proposito di barili, è interessante sapere che il barone Bettino, la cui filosofia in campo vitivinicolo era quella di riuscire a produrre il “vino perfetto”, imbarcava nel porto di Livorno barili di vino su navi a lunga percorrenza che poi ritornavano, ancora pieni, a Brolio solo allo scopo di verificare la resistenza del vino alle varie latitudini e temperature.

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Niente di meno che loscrittore John Steinbeck a Brolio negli anni Cinquanta

Un forte sviluppo nelle esportazioni dei vini Ricasoli avviene proprio nel corso del XIX secolo grazie da un lato alla fillossera che aveva colpito i vigneti francesi consentendo ai vini italiani di incrementare le vendite, e dall’altro alle spedizioni in fiaschi impagliati prima e alle bottiglie bordolesi poi. A Francesco Ricasoli chiediamo se usasse anche all’epoca andare in giro per il mondo a proporre vino. «Francamente, credo che i miei antenati andassero soprattutto in Francia per verifi care gli aspetti tecnici, agronomici ed enologici, piuttosto che mercantili. Per questi c’era l’uso di allacciare rapporti con commercianti specializzati e comunicare a mezzo lettera. Certo, una delle fortune del Chianti era di poter contare sul collegamento con il vicino porto di Livorno».
Naturalmente, un grande sviluppo dell’export dei vini di Brolio, sia rossi sia bianchi, oltre al già celebre Vinsanto, si ha nei primi decenni del Novecento sotto la spinta di Giovanni Ricasoli Firidolfi, nipote del barone Bettino, e di suo figlio Luigi. «Negli anni Venti-Trenta», ricorda l’attuale “signore di Brolio”, «il marchio Ricasoli era un punto di riferimento dell’enologia italiana, così come lo era Château Lafite in Francia. Furono aperti nuovi mercati, in particolare nel Sud America dove forte era l’emigrazione italiana, ma anche in numerosi Paesi del mondo. Pensi che ancora oggi abbiamo un cliente ad Addis Abeba, in Etiopia, antica colonia italiana, che ogni tanto compra un piccolo pallet dei nostri vini».

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Un'altra cover grafica firmata Necchi

Nella seconda metà del Novecento a guidare le sorti della storica azienda chiantigiana sono stati gli ultimi due discendenti della casata, dapprima il barone Bettino Ricasoli e poi suo figlio Francesco, che ne ha ripreso il possesso agli inizi degli anni Novanta dopo il lungo intermezzo della Seagram. Proprio a Francesco chiediamo qual è stato il suo primo viaggio di lavoro all’estero. «Ero ancora studente universitario e mio padre mi chiese di accompagnarlo negli Stati Uniti. Rimasi sconvolto soprattutto dalla nostra visita ai Gallo, in California: l’elicottero per irrorare i vigneti, treni che uscivano dall’azienda stracarichi di bottiglie e una comunicazione rivolta al cliente che in Italia ci sognavamo. Qui compresi come proprio la comunicazione personale tra il produttore e il consumatore fosse indispensabile per capire le esigenze di quest’ultimo».
Agli inizi degli anni Novanta, dopo varie esperienze professionali al di fuori del mondo del vino, Francesco Ricasoli torna a Brolio a riallacciare il filo di una storia quasi millenaria. Con lui l’azienda rinasce: nuovi vigneti, nuove cantine, nuovi vini, più alta qualità dei prodotti e, naturalmente, altri sbocchi commerciali. «Ho cercato di conservare il maggior numero di mercati che l’azienda aveva e altri ne abbiamo acquisiti, in particolare nell’Est asiatico. Prossimamente, ad esempio, mi recherò in Siberia e anche lì cercherò di portare i vini di Brolio e la tradizione chiantigiana. È incredibile, infatti, vedere come si aprono i mercati un po’ dappertutto».
Come nello stile Ricasoli, dal padre ha ereditato anche la semplicità e la disponibilità verso i clienti. «Amo il mercato vero, la gente che consuma, ho il massimo rispetto per loro», dice Francesco, «ed è anche per questo che non mi tiro mai indietro se devo andare per lavoro in zone considerate calde. Un esempio? Una volta mi recai in Israele durante la Seconda Intifada, quando nessuno si sognava di andarci. Ebbene, non dimenticherò mai l’accoglienza calorosa riservatami, perché per i miei interlocutori ero una persona che onorava il loro Paese in un momento difficile».
Per un marchio come Ricasoli molti sono stati i premi e gli attestati ricevuti nel corso del tempo, ma il barone Francesco tiene molto non solo ai successi dei suoi vini, ma anche a rappresentare il Chianti Classico in generale. È per questo che gli sta dando una grossa soddisfazione il fatto che il suo Chianti Classico sia da tempo servito nelle cabine di prima classe della Singapore Airlines, tra le più prestigiose compagnie aeree del mondo. «Laddove riusciamo a inserire una bottiglia di Chianti Classico nella carta dei vini dei ristoranti stellati, specie se francesi, è per me motivo di grande soddisfazione. Ecco perché le conquiste commerciali sono ancora più grandi dei premi ricevuti».

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Bettino Ricasoli, padre di Francesco, in compagnia delle sue clienti malesi

1141 Il castello di Brolio entra in possesso della famiglia Ricasoli.

1867 Il vino di Brolio ottiene la prima medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Parigi.

1872 Il barone Bettino Ricasoli, imprenditore vinicolo lungimirante e protagonista del Risorgimento, detta la formula del Chianti dopo anni di ricerca e sperimentazione.

1993 Francesco Ricasoli, trentaduesimo barone di Brolio, raccoglie il testimone delle generazioni che lo hanno preceduto e guida l’azienda di famiglia con l’obiettivo di rinnovare le qualità e la personalità dei grandi vini di Brolio, interpreti delle caratteristiche uniche del territorio e della sua storia.

OGGI Export: 85% – Bottiglie più esportate: Brolio Chianti Classico 450.000, Rocca Guicciarda Chianti Classico Riserva 200.000. Castello di Brolio Chianti Classico 35.000 – Primi mercati: Stati Uniti, Canada, Svezia, Svizzera e Germania.

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© Riproduzione riservata - 06/06/2011

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