L’Accademia italiana della vite e del vino compie 75 anni. Il libro e le sfide del futuro
In occasione dell’anniversario, una tavola rotonda ha riunito a Siena esperti del calibro di Scienza, Frescobaldi, Cotarella, Mastroberardino, Cinelli Colombini e Liberatore. La presentazione del volume celebrativo.
Fondata nel 1949 a Siena, l’Accademia italiana della vite e del vino ha deciso di tornare alle sue origini, proprio nella città del palio, per festeggiare i 75 anni di vita. Per l’occasione, il 13 dicembre, è stato presentato il libro celebrativo “75 anni di storia. Il contributo dell’Accademia al progresso delle scienze vitivinicole” e si è svolta una tavola rotonda sulle “sfide future” del nostro comparto, che ha visto la partecipazione di personaggi del calibro del prof. Attilio Scienza, di Lamberto Frescobaldi (Unione italiana vini), dell’enologo Riccardo Cotarella, Piero Mastroberardino (Federvini), Donatella Cinelli Colombini (Movimento turismo del vino) e Giuseppe Liberatore (Valoritalia).
La storia dell’Accademia in un libro
«Voluta dal Comitato nazionale vitivinicolo come centro per promuovere il progresso viticolo ed enologico italiano», dichiara il presidente Rosario Di Lorenzo, «l’Accademia ha sempre avuto anche un forte indirizzo all’internazionalizzazione, portando un dibattito scientifico e rigoroso nel mondo, organizzando incontri all’estero (Europa, Argentina, Cile, Australia…)». Il libro celebrativo – pubblicato da Kellermann e acquistabile a 25 euro scrivendo a accademiaitalianavitevino@gmail.com – ripercorre le tappe della sua storia, dei personaggi più influenti, come il primo presidente Giovanni Dalmasso, della ricerca, «che ha contribuito all’identificazione dei vitigni, alla selezione clonale e al miglioramento genetico della vite», ricorda il vicepresidente Angelo Costacurta.
Il vino che sarà: la vocazionalità
Dopo aver guardato al passato con il libro per i 75 anni di storia dell’Accademia italiana della vite e del vino, lo sguardo si è rivolto «al futuro e alle sfide del nostro comparto, analizzando “Il vino che sarà”, come abbiamo titolato anche la nostra ultima monografia pubblicata sulla rivista», dice Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, dando l’avvio alla tavola rotonda sul tema da lui coordinata.
Il prof. Attilio Scienza ha parlato del concetto di vocazionalità del vigneto, di cui bisognerebbe recuperare la parte ontologica: «Finora abbiamo piegato il luogo alle esigenze commerciali, per dar vita rapidamente al vino che il consumatore richiede, mentre dovremmo considerarlo nella sua essenzialità. Il vigneto non è isolato dal contesto in cui cresce e si sviluppa, non possiamo prescindere dall’ambiente che lo circonda».
L’innovazione e i dealcolati
Per Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv, in futuro non ci potranno essere limiti all’innovazione. E, a questo proposito, si è espresso anche su un argomento dibattuto come quello delle bevande dealcolate, in attesa del decreto governativo che ne permetterà la produzione anche in Italia: «Dobbiamo essere curiosi e trovare sbocchi diversi per coinvolgere il pubblico. I prodotti dealcolati potrebbero essere il “primo gradino” sulla scala della conoscenza e dell’avvicinamento al vino». Concorda con lui l’enologo Riccardo Cotarella, che aveva accolto invece in principio questa idea “con dolore”. Ma ora, grazie anche a tecniche meno invasive come l’estrazione dell’alcol a freddo, lo definisce un “male necessario”, che potrebbe risolvere il problema delle giacenze.
Strategie d’impresa
Piero Mastroberardino, vicepresidente Federvini, ha parlato delle sfide che l’impresa vinicola oggi affronta in un contesto in cui i rendimenti non sono più crescenti: «Il comparto deve abituarsi a questa inversione di tendenza e l’imprenditore deve sviluppare competenze competitive, riuscendo a innescare un processo di rinnovamento. L’individualismo non è nemico del confronto, anzi, è proprio l’individuo l’unico motore in grado di creare sviluppo».
Per Donatella Cinelli Colombini, tra i fondatori del Movimento turismo del vino, è necessario agire in gruppo se si parla di enoturismo. «Questo è un settore in piena espansione, che conta 1,28 miliardi di viaggiatori nel mondo nel 2023, che arriveranno a 1,5 nel 2030. Solo in Italia nell’ultimo anno i visitatori medi per Cantina sono cresciuti del +30%. Le Cantine per essere visibili devono fare squadra, unendo le forze con consorzi ed enti pubblici…, per sviluppare un’offerta integrata, diversificata del territorio, ben gestita e comunicata».
Un futuro del vino sostenibile
Non si può parlare di futuro senza affrontare il tema della sostenibilità, portato all’attenzione da Giuseppe Liberatore, direttore di Valoritalia, l’ente che ha dato vita alla certificazione Equalitas basata sui tre aspetti cardine della sostenibilità: ambientale, economica e sociale. «Il settore vino nel nostro Paese si è mosso in anticipo e bene», spiega Liberatore. I dati di Valoritalia sono confortanti: ad oggi le aziende certificate Equalitas sono 405, che insieme contano 8 miliardi di fatturato, 8 milioni di ettolitri e oltre 1 miliardo di bottiglie prodotte l’anno. «Negli ultimi anni la sostenibilità è diventata essenziale a livello di mercato e di consumatori. I monopoli (Canada e Nord Europa) sono sempre più interessati ai prodotti di aziende certificate e anche le banche prevedono premialità (riduzione dei tassi, condizioni favorevoli per i prestiti, ecc.) per le aziende che intraprendono il percorso di certificazione».
Foto di apertura: il presidente dell’Accademia italiana della vite e del vino Rosario Di Lorenzo alla presentazione del libro celebrativo per i 75 anni, con il giornalista e moderatore Alessandro Maurilli, Giusi Mainardi del Gruppo di lavoro sulla storia vitivinicola italiana, Vincenzo Gerbi e Angelo Costacurta, vicepresidenti
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