La faccia giovane dell’Alto Adige
Figli professionali di Franz Haas e Hans Terzer o eredi delle piccole realtà tra Caldaro e la Valle d’Isarco. Una nuova generazione di Kellermeister sta portando stili e idee nuove in Alto Adige. Con l’obiettivo di spostare l’asticella sempre più in alto.
Aria fresca in Alto Adige. Una nuova generazione di Kellermeister – maestro di cantina – sta raccogliendo il testimone dai visionari artefici del rinascimento enologico della regione. Il Consorzio stesso, oggi presieduto da Andreas Kofler e diretto da Eduard Bernhart, entrambi under 40, e le cooperative sociali, elementi centrali del tessuto produttivo altoatesino, hanno spalancato le finestre a idee e talenti inediti. Un refolo di novità che ha la faccia di Ines, Andrea, Daniel, Simon. Giovani e giovanissimi con le idee chiare e, in tasca, la voglia di innovare e di combattere. Evolvere lo stile e la percezione del vino altoatesino e fronteggiare cambiamenti climatici e i vincoli di un modello economico “globale” ammaccato dalla guerra in Ucraina, tra fiammate inflazionistiche, rincari energetici e carenza di materie prime (vetro e carta sono quasi introvabili).
Jakob Gasser accanto a una delle botti storiche di Cantina San Michele Appiano; Jakob Gasser e Hans Terzer; Erwin Carli, enologo di Cantina Kurtatsch; la bottaia di Kellerei Kurtatsch
Ines, Daniel e Simon oltre le orme dei padri
Li incontriamo e dialoghiamo con alcuni di loro durante un viaggio organizzato a inizio giugno dal Consorzio. E subito emerge la voglia di immaginare il futuro. Ines Giovanett, classe ‘85, co-titolare insieme al fratello Ivan della cantina Castelfeder – 70 ettari nella Bassa Atesina – è una concreta sognatrice. Non dimentica il solco della tradizione ma è convinta che per il vino altoatesino possa puntare ancora più in alto.
«I nostri genitori hanno vissuto un momento molto complesso per il settore, quello che ha caratterizzato gli anni ’70. Hanno innescato una “rivoluzione nel nome della qualità”: dal vino sfuso venduto in Germania il focus si è spostato su varietà nobili autoctone e non. Questa eredità ci ha permesso oggi il lusso di sperimentare. Una scelta degli ultimi anni noi l’abbiamo fatta sul Pinot nero, che qui ha eleganza e freschezza uniche”. Ben lo testimoniano i cru di Buchholz, Glen e Mazon. Daniel Pfitscher, 30 anni che insieme al fratello Hannes gestisce la Tenuta Pfitscher a Montagna, dove il vino si fa da sette generazioni, e Simon Pliger, che ha buttato cavi e prese (studiava da elettricista) per abbracciare i filari della Tenuta di famiglia Kuenhof in Valle d’Isarco, sono la voce di piccole realtà vinicole altoatesine.
«Stiamo investendo molte delle nostre attenzioni sui vigneti in alta quota», racconta Daniel. «Ricordiamo che nessun’area vitivinicola al mondo, tolte la Svizzera e parte del Sud America, ha la conformazione territoriale che abbiamo noi. Questo elemento deve essere valorizzato sotto molti punti di vista tra cui anche la viticultura».
«Per noi essere biologici», aggiunge Daniel, «è una scelta naturale. Mangiamo ciò che produciamo, siamo quello che mangiamo. Sono cresciuto con questa filosofia e non ne conosco una diversa».
Andrea Moser, il discepolo Franz Haas,
Lungimiranti e meritocratiche le Cantine sociali altoatesine hanno una grossa fetta di merito nel processo di rinnovamento in atto. In un Consorzio che conta 181 associati (con 32 tenute private e 116 vignaioli indipendenti) le 12 cooperative sociali che ne fanno parte rappresentano del resto una fetta pari al 70% di una produzione totale che tocca le 40 milioni di bottiglie su appena 5600 ettari vitati.
Cresciuto sotto l’egida di Franz Haas, Andrea Moser, 40 anni da compiere e origine trentina, è enologo e direttore tecnico della Cantina Caldaro (Kaltern Kellerei) già dal 2014.
«Contiamo 440 ettari e 600 soci, con una superficie media pro capite grande poco più di un campo da calcio. La sfida sono le tante teste da mettere d’accordo e il controllo del lavoro dei conferitori, spesso contadini per hobby». Per lui “una tradizione è un’innovazione ben riuscita”. Sulle colline che affacciano sul Lago di Caldaro, tra vigneti di Schiava e una polenta messa a bollire tra i filari, si racconta attraverso uno stile sfrontato delle sue bottiglie.
La sua ricetta per il futuro del vino altoatesino? «In vigna è andare più in alto. In cantina occorre staccarsi dall’equazione francese “tanto legno per tanto tempo” e trovare nuove formule per la finezza. Ampliare le possibilità, e utilizzare tecnologie e materiali alternativi per la vinificazione, come clayver (anfore tecniche che permettono traspirazione) e cemento». Il Progetto XXX (eXperiment, eXplore, eXclusive) è composto da vini “one off”, cioè realizzati per una sola annata, figli estemporanei di un’intuizione. Sperimentazione «al servizio del miglioramento delle nostre linee produttive». Una manciata di bottiglie, come lo Shades of Gris 2020, blend di vitigni Piwi, Unocked 2019, Pinot nero macerato in anfore di ceramica con bucce e raspi, e un “illegale” rosè: Tabu?! 2020, realizzato con un uvaggio di Cabernet Sauvignon e Sauvignon blanc.
Il pragmatico Erwin Carli e il successore di Hans Terzer
Spirito pragmatico il 39enne Erwin Carli, altro figlio putativo di Haas e Kellermeister della Cantina Kurtatsch a Cortaccia (190 ettari per 190 soci con vigneti che vanno da 220 a 900 metri di altitudine) segue la stella polare del terroir. Gioca con le dimensioni dei legni per caratterizzare i suoi vini.
«Pur con una manciata di ettari vitati, Merlot e Cabernet Sauvignon di queste parti», dice convinto, «reggono il paragone con quelli di territori più vocati come Bordeaux o Bolgheri. Specie sulla distanza». Un concetto che l’assaggio del Merlot Brenntal Riserva, tra la fresca e sapida versione 2018 e la lunghezza espressiva guadagnata dalla 2005, spiega più di tante parole.
«La sfida è preservare l’eleganza dei vini altoatesini, proteggendoli dalle mode opulente e dagli inganni dei cambiamenti climatici».
A San Michele Appiano, feudo dell’intramontabile e celebrato Hans Terzer, l’avvenire ha la faccia sbarbata di Jakob Gasser, 27 anni appena ma già nell’ingranaggio produttivo della Cantina dal 2017. Hans se lo coccola come un figlioccio e si prepara al passaggio di consegne di una delle realtà più grandi e longeve della provincia; 350 soci per circa 385 ettari vitati con un volume di oltre 2,5 milioni di bottiglie.
«La decisione di puntare su un giovane da allevare in casa è stata presa per evitare stravolgimenti o eccessi personalistici», spiega. «La vera novità sarà semmai nelle mansioni, sempre più puntuali. Io ho ricoperto diversi ruoli: tecnici, commerciali e di marketing, ma oggi il mondo è cambiato e serve molta più specializzazione».
Una nuova pagina di Santa Maddalena
Enclave della Schiava e isola a parte in un mare bianchista , anche Santa Maddalena – appena 200 ettari nella piana di Bolzano vicino a Cardano e una manciata di masi storici condotti da aziende famigliari – sta vivendo la sua seconda giovinezza enologica. Giovani produttori nemmeno 30enni sono la linfa che alimenta nuovi stili produttivi, per dimostrare come questi vini, tornati auge negli ultimi anni grazie alla piacevolezza, siano capaci di sorprendente longevità. Josef Mayr, figli del celebre produttore Josephus del Maso Unterganzner, e Lukas Mumelter (della Cantina Griesbauerhof) hanno studiato assieme a Geisenheim (storica scuola di enologia tedesca). Come Florian Ramoser, di Untermoserhof e Martin Ramoser di Fliederhof, anche loro hanno fatto gavetta nelle cantine toscane e piemontesi. A casa si sono portati concetti sull’uso dei grappoli interi, espediente per accentuare il frutto e innalzare la carica polifenolica, e l’uso carezzevole del legno grande.
Il risultato sono vini come il Vigna Hub 2020 di Untermoserhof, dal carattere aristocratico e il tannino setoso che fermenta in grandi botti di rovere. O il Der Pfannenstielef 2016 di Pfannenstielhof, vigoroso, balsamico, goloso e sorprendentemente ricco di frutta rossa; perfetto spot di un Santa Maddalena che migliora con gli anni.
«Siamo un gruppo di amici che si confronta su WhatsApp ed esce spesso assieme; tra noi non ci sono competizione o gelosia», confessa la giovanissima Veronika Pfeifer, ottava generazione del maso Pfannenstielhof. E forse la vera brezza di rinnovamento del vino altoatesino risiede proprio in questa voglia comune di farlo sempre meglio.
Foto di apertura: i vigneti di Cantina Kaltern affacciati sul lago di Caldaro
Tag: Alto Adige, Cantina Caldaro, Cantina Griesbauerhof, Cantina Kurtatsch, Castelfeder, Kuenhof, Maso Unterganzner, Pfannenstielhof, Tenuta Pfitscher, Untermosehof© Riproduzione riservata - 12/09/2022