In Italia In Italia Jessica Bordoni

Ipsus: la purezza e la precisione del Chianti Classico Gran Selezione secondo Giovanni Mazzei

Ipsus: la purezza e la precisione del Chianti Classico Gran Selezione secondo Giovanni Mazzei

Un progetto a se stante rispetto alla produzione di Fonterutoli, per esaltare la grandezza del Sangiovese del podere Il Caggio. Cru ricercato e vibrante, Ipsus nasce dall’unione di 18 micro-vinificazioni di un vigneto di 6,5 ettari. La verticale delle prime tre annate prodotte: 2015, 2016 e 2018.

Tornare all’origine, e dunque all’etimologia, è sempre una buona decisione. Si scopre così, ad esempio, che per Cicerone dietro al termine vino ci sono i sostantivi latini vir, uomo, e vis, forza. Il nettare di Bacco sarebbe dunque “la forza dell’uomo”. Per altri studiosi, invece, il richiamo è al sanscrito vena, la cui radice, ven, riporta al verbo amare… La ricerca etimologica è significativa anche nel caso dei nomi che i produttori scelgono per le loro etichette, dietro ai quali si cela spesso un valore affettivo oltre che commerciale. È il caso di Ipsus, vino-gioiello della famiglia Mazzei. Un prezioso Chianti Classico Gran Selezione da viti Sangiovese di oltre 30 anni del podere Il Caggio, a Castellina in Chianti.

Un nome unico ed evocativo

«Volevamo un nome capace di esprimere l’unicità e la forza di questo progetto», spiega Giovanni Mazzei, ultima generazione di una nobile famiglia toscana dedita all’arte del vino dal 1435. I Marchesi Mazzei sono legati in primis al Castello di Fonterutoli, nel Chianti Classico, ma anche alla Tenuta Belguardo in Maremma e alla proprietà siciliana di Zisola, nei pressi di Noto. «Nel vocabolario latino, la voce ipsus rimanda ad una forma arcaica», prosegue il produttore. «Si tratta di un nominativo maschile singolare del pronome che vuol dire “esso, sé, stesso, in persona, proprio, da solo, perfino, appunto”. Ipsus rappresenta se stesso: un vino conscio della propria storia e identità, ma anche autonomo e coraggioso».

Ipsus Mazzei
Giovanni Mazzei, che ha fortemente creduto nel progetto Ipsus

Come nasce il progetto

Per tracciarne la genesi bisogna tornare al 2006, quando la famiglia Mazzei acquisisce dal grande Ezio Rivella la proprietà Il Caggio, a Castellina in Chianti. «Ben presto io, mio padre e mio zio ci rendemmo conto della grande stoffa del Sangiovese che cresceva attorno al borgo. Fino a quel momento non era mai stato vinificato con l’obiettivo di produrre un cru, ma era arrivato il momento di farlo». Per Giovanni Mazzei l’intuizione diventa una missione, tanto che decide di trasferirsi al Caggio con la famiglia. Vuole entrare in piena sintonia con il luogo e capirlo nella sua profonda essenza.

Una sfida in evoluzione

Dopo nove anni di vendemmie, sperimentazioni, micro-vinificazioni e almeno un centinaio di assaggi, Ipsus esce ufficialmente con l’annata 2015. «Purezza, precisione, armonia gustativa ed eleganza tannica sono gli elementi distintivi di questo vino». Ad oggi sono state messe sul mercato tre annate: la 2015, la 2016 e la 2018; mentre nel 2017 la produzione è stata esigua e si è deciso di non commercializzarla. La tiratura è di sole 3.000 bottiglie e la volontà è quella di non crescere significativamente con i volumi in futuro (massimo 9 mila bottiglie) per preservare l’estrema cura che caratterizza ogni dettaglio dell’iter di produzione. Ipsus si pone come l’emblema di una nuova generazione di grandi rossi toscani. Ed è quel che si dice un vino di lusso, che non ha timore di mostrare la sua distinzione anche in termini di prezzo (intorno ai 295 euro a bottiglia).

La filosofia in vigna

Tra gli appezzamenti del Caggio è stato selezionato un vigneto particolarmente vocato di 6,5 ettari a circa 350 metri di altezza. La maggior parte dei filari risale agli anni Novanta, con una piccola porzione reimpiantata nel 2008. Il sistema di allevamento è a cordone speronato e l’orientamento è nord-sud. Il microclima è caratterizzato da brezze lievi e costanti e da notevoli escursioni termiche giorno/notte; mentre i boschi circostanti favoriscono la biodiversità. «Due le principali conformazioni dei terreni. Il corpo della collina è un massiccio di roccia alberese, ma, all’inizio del dosso, il suolo è diverso: le viti affondano le radici in una ampia fascia di argilla pliocenica, una terra grigia e densa che dona al vino una straordinaria concentrazione». In campo si interviene il meno possibile per non alterare l’equilibrio. No a diserbi e concimazioni chimiche ma sovesci studiati con essenze specifiche per aumentare il contenuto di sostanze organiche. Il consumo idrico è ridotto al minimo, mentre l’accurata gestione del verde permette di diminuire il numero di trattamenti fino alla vendemmia, che di norma si svolge nella seconda metà di settembre.

Le scelte di vinificazione e affinamento

In cantina si effettuano 18 micro-vinificazioni, divise in base alle caratteristiche dell’uva, per metà in acciaio e per metà in legno. Fermentazioni poco invasive e senza controllo della temperatura, con follature leggere. L’affinamento è la parte più difficile: vogliamo ottenere un vino vivo, complesso, un Sangiovese elettrizzante e fresco ma anche capace di un lungo invecchiamento. Trovare la giusta combinazione tra i tipi di rovere è stato complesso e sfidante. Ci siamo affidati a otto diversi fornitori di botti provenienti principalmente dalla Borgogna e dall’Austria. A partire dall’annata 2018, per il finissage siamo passati dal cemento alla ceramica che ci permette di mantenere una vivacità più vibrante».

Ipsus Mazzei
Veduta aerea del podere Il Caggio a Castellina in Chianti

La verticale di Ipsus dal 2015 al 2018

Ipsus è un rosso potente ma elegante, setoso ma strutturato, Un Sangiovese fortemente identitario, espressione della purezza e della freschezza balsamica di Castellina in Chianti.

2015

Bouquet luminoso di viola, lavanda, rabarbaro, ciliegia, poi scorza di arancia rossa e una lieve speziatura di sandalo e cacao. In bocca bevibilità e leggerezza pur nel quadro di un rosso riccamente strutturato. Tannini levigati, sapidità avvincente, chiusura lunga e sapida.

2016

Appare più giovane rispetto all’annata 2015, con un piglio decisamente più sfrontato. Forza e complessità, ma senza austerità. Da riassaggiare tra qualche anno per comprenderlo al meglio.

2018

Aperto, ricercato, già molto equilibrato. In bocca purezza di frutto e un ricco bagaglio di spezie. Il sorso appare ancora più vibrante dei precedenti.

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© Riproduzione riservata - 15/01/2023

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