Rapporto Ismea sul vino dopo il Covid: l’Italia tiene e si rinnova

Rapporto Ismea sul vino dopo il Covid: l’Italia tiene e si rinnova

Ismea propone una prima valutazione degli impatti della pandemia sul settore vitivinicolo italiano. La riassume in un rapporto, appena pubblicato, realizzato per il programma Rete Rurale Nazionale. Ne emerge la capacità delle nostre Cantine di adattarsi e di individuare i punti deboli. Con un decalogo sulle cose da fare per il futuro.

La pandemia ha colpito duro, ma le aziende italiane del vino hanno mostrato una grande capacità di adattamento. A tenerle in piedi, nonostante la chiusura quasi totale del canale Horeca, sono stati l’e-commerce, l’home delivery, i tasting virtuali e gli eventi b2b digitali, oltre all’enoturismo nel periodo del 2020 in cui è stato possibile riassaggiare una parvenza di libertà. Sono questi alcuni degli spunti più significativi che emergono dal rapporto “Il mercato del vino in Italia e nel mondo prima e dopo il Covid-19”, pubblicato dal ministero delle Politiche agricole nell’ambito del programma Rete Rurale Nazionale (qui il link per scaricarlo) e realizzato da Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare.

I volumi tengono ma cala il valore

In un’ottantina di pagine il documento ripercorre un percorso iniziato prima della pandemia e poi drammaticamente reindirizzato alla ricerca affannosa di un nuovo equilibrio. Una situazione che non ha riguardato solo l’Italia, ma tutti i paesi produttori, e che si è tradotta, come evidenzia nell’introduzione Eugenio Pomarici, dell’Università degli Studi di Padova, in “una riduzione quantitativa abbastanza contenuta dei consumi e del commercio internazionale, quindi delle vendite in volume, ma in una riduzione importante del valore complessivo del giro d’affari”. Questo perché molti protagonisti della filiera, in particolare quelli della ristorazione, sono venuti a mancare.

Digitalizzazione: dal marketing a tutta l’impresa

La digitalizzazione, e in particolare l’impiego di canali legati al web e ai social media, ha rappresentato l’ancora di salvataggio, a cui le imprese italiane si sono aggrappate forse in modo un po’ disordinato, in certi casi inventandosi completamente nuovi canali di marketing online. Ma pur con l’individualismo che sempre ci contraddistingue questo sforzo costituisce una solida base di esperienza da cui partire per un nuovo futuro. Il mercato, osservano Pomarici e gli stessi autori dello studio, non tornerà più esattamente com’era prima della pandemia. La spinta verso la digitalizzazione del marketing che il Covid-19 ha impresso all’attività delle nostre Cantine, si legge nel rapporto, ora deve diventare spunto per “ripensare tutto il sistema aziendale in modo da attuare una trasformazione digitale dell’impresa”. Digitalizzazione che rende più facile perseguire anche un’altra esigenza emersa sempre più forte nel pubblico dei consumatori e, cioè, la ricerca di prodotti sostenibili. La voglia di sostenibilità è fortissima a livello globale, indica il rapporto, e anche il sistema vitivinicolo italiano dovrà tenerne conto. Per esempio accelerando il percorso verso lo standard unico di certificazione della sostenibilità ambientale.

C’è chi perde molto e chi guadagna

Più nel dettaglio, il rapporto evidenzia come il 61% delle aziende interpellate da Ismea (313 in totale) abbia avuto un impatto moderato dall’emergenza, mentre per il 37% le conseguenze sono state gravi e solo per il 3% non è cambiato nulla. In particolare è stato penalizzato il mercato Horeca, che per il 25% delle cantine si è bloccato totalmente e per il 36% si è fermato solo in parte. Meno pesanti le conseguenze sull’export. Il 15% degli intervistati segnala comunque una perdita di fatturato superiore al 50%, mentre quasi la metà colloca il calo del business in una fascia tra il 20% e il 30%. C’è però un 13% di Cantine che va in controtendenza e indica una crescita delle vendita dal 10% al 30%.

Come cambierà il mercato

Quali i possibili scenari futuri? Il rapporto indica alcune previsioni fatte dalle stesse imprese italiane, pur segnalando il forte senso di incertezza lasciato dall’impatto della pandemia. In particolare si prevede che e-commerce ed enoturismo cresceranno molto in futuro e che il canale Horeca subirà un forte ridimensionamento (ne avevamo parlato anche qui). Il 50% degli interpellati vede anche un forte aumento nella richiesta di vini sostenibili. Infine due considerazioni: da una parte la ricerca da parte del pubblico di brand più noti, dall’altra la concentrazione dei consumi su prodotti di “primo prezzo”, cioè più economici. Due fenomeni che, si legge nel rapporto, apparentemente “potrebbero apparire una contraddizione, ma in realtà sono aspetti estremamente legati tra loro, e dimostrano concretamente la difficoltà di molte aziende italiane a fare politiche adeguate di marchio. Che si traduce in inevitabili problemi di posizionamento in base al prezzo”.

Dove intervenire per migliorare

Dove investire allora, per fronteggiare il cambiamento? In tre direzioni: aumentare la riconoscibilità dei propri prodotti, diversificare i canali di distribuzione e aumentare la propria capacità di comunicazione. Sono queste, in sostanza, le lezioni che i produttori italiani hanno imparato dalla crisi, oltre alla necessità di investire in formazione, considerata una priorità dal 15% degli intervistati. Da tutte queste risultanze gli autori del rapporto hanno estratto un decalogo, che conclude il documento. Dieci strategie che, in realtà, non aggiungono nulla di nuovo a quanto già si considerava importante per rinnovare il settore. Ma che ora devono essere perseguite con una velocità molto superiore rispetto a quanto si preventivasse prima del Covid-19.

Un decalogo per ripartire

  1. Aumentare la capacità di analisi della propria azienda
  2. Investire nell’analisi dei mercati
  3. Definire in maniera dettagliata il proprio target di riferimento
  4. Migliorare la propria capacità di diversificazione della distribuzione
  5. Migliorare la propria capacità di diversificazione della comunicazione
  6. Definire una chiara identità del proprio marchio
  7. Accettare le opportunità di fare rete
  8. Aumentare la personalità dei vini
  9. Avere una visione aziendale di medio-lungo periodo
  10. Investire in formazione

Foto di apertura di D. Gravy per Unsplash

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© Riproduzione riservata - 22/03/2021

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