
Il Chianti Classico di Isole e Olena: un’azienda storica che guarda avanti (e pianta nuovi vigneti)

Le ultime novità di questa emblematica Cantina toscana, che negli anni scorsi è stata acquisita dal gruppo familiare EPI (già proprietario della Tenuta Biondi-Santi a Montalcino) e oggi è guidata dall’estate director Emanuele Reolon. Il progetto di terrazzamento dedicato al Sangiovese.
È affascinante guardare l’evoluzione del Chianti Classico attraverso la storia e i vini della Cantina Isole e Olena. Siamo nell’Uga di San Donato in Poggio, sul versante occidentale della denominazione del Gallo Nero, a metà strada tra Firenze e Siena. I due borghi che danno nome all’azienda si sviluppano per circa 320 ettari, di cui 56 a vigneto e il resto a bosco, con un’altitudine che va dai 300 ai 500 metri.
Dalla mezzadria al rinascimento chiantigiano
La mezzadria ha plasmato questi luoghi fin dall’Alto Medioevo e quando la famiglia De Marchi acquistò la proprietà, nel 1956, al suo interno vivevano e lavoravano circa 130 persone: una comunità quasi completamente autosufficiente, in cui la produzione aveva un ruolo di primo piano. Negli anni 60-70 i contratti mezzadrili vennero progressivamente aboliti, si fecero largo le prime denominazioni di origine e cominciò l’affermazione di una viticoltura moderna. Per Isole e Olena l’anno chiave fu 1976, con l’ingresso di Paolo De Marchi, figlio del fondatore Francesco, che ha impresso la sua visione dinamica, diventando uno dei protagonisti del rinascimento del Chianti Classico.

I vini che hanno fatto la storia aziendale
Selezioni massali, ricerca in vigna, vinificazioni separate e ovviamente l’esclusione delle uve a bacca bianca dall’uvaggio. Dalle sperimentazioni sul campo e in cantina sono nate etichette iconiche come il Sangiovese Cepparello e lo Chardonnay, che insieme al Chianti Classico nei decenni hanno reso celebre l’eleganza impeccabile e la forte identità territoriale (legata all’altitudine e al carattere distintivo dei terreni ricchi di scisto argilloso, alberese e arenaria) dei vini aziendali. Nel 2022, un’altra tappa chiave: la famiglia De Marchi ha deciso di passare il testimone al gruppo familiare indipendente EPI gestito da Christopher Descours, che ha aveva già investito in Toscana acquisendo la Tenuta Biondi-Santi a Montalcino.
L’attenzione sul patrimonio vitivinicolo
«Il focus della nuova proprietà rimane la valorizzazione di un territorio straordinario, attraverso la produzione di vini di carattere, ricercati, autentici», spiega Emanuele Reolon, nominato estate director dopo aver trascorso un anno di “training” al fianco di Paolo De Marchi. «Abbiamo deciso di puntare sulla continuità e il rispetto per le radici. Il tutto, però, potendo però contare su investimenti che consentano una migliore valorizzazione del patrimonio vitivinicolo».
In questa direzione è previsto un progetto di reimpianto progressivo dei vigneti, in misura di 2 ettari all’anno, che ha preso avvio da uno spettacolare terrazzamento. «La nuova vigna, destinata alla coltivazione di Sangiovese, è il reimpianto di un precedente vigneto di notevole pendenza non terrazzato, con impianto a rittochino. Originario del 1970, negli anni 2019 e 2020 è stato espiantato a causa del dilavamento graduale del terreno».
L’opera di terrazzamento per il nuovo vigneto
L’intervento di terrazzamento, che domina paesaggio circondato da boschi, è stato portato a termine in sei mesi di lavoro. «I muretti a secco sono interamente realizzati a mano, costruiti con l’utilizzo di sassi ricavati da una vena di roccia presente in vigna. L’appezzamento è esposto a sud-ovest tra i 350 e 400 metri d’altitudine, il terreno è composto da galestro, arenaria e flysch, con una vena consistente di argilla blu presente a 4 metri di profondità».
Cinque cloni di Sangiovese e quattro tipi di portinnesti
L’estensione della nuova vigna è di circa 2,5 ettari su cui a partire da giugno è stata avviata la messa a dimora delle barbatelle. «Verranno piantati complessivamente cinque differenti cloni di Sangiovese, inclusa una selezione massale. Le gemme per la propagazione sono state prelevate in prevalenza dal clone di Sangiovese 1039, selezionato negli anni ‘90 dalla vigna originaria, ed è previsto l’impiego di quattro differenti tipologie di portinnesti per monitorare quali si adatteranno meglio alle condizioni e ai cambiamenti climatici». Ultimo dato, ma non per importanza: il nuovo vigneto sarà disposto in modo da ospitare 5.680 viti/ha, rispetto alle 4.000 viti/ha del precedente sesto d’impianto.
Foto d’apertura: il nuovo terrazzamento ospiterà 5.680 viti di Sangiovese di cinque differenti cloni
Tag: Emanuele Reolon, Isole e Olena, Paolo De Marchi© Riproduzione riservata - 10/07/2024
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