Hong Kong Wine Day 3 – L’Australia ci dà dentro (e l’Italia aspetta che passi qualcuno)

Hong Kong Wine Day 3 – L’Australia ci dà dentro (e l’Italia aspetta che passi qualcuno)

Il vantaggio di una fiera piuttosto contenuta, in pratica due padiglioni, è che ti lascia anche il tempo di seguire i seminari. Quello di giovedì sull’industria vinicola e quello, nel giorno successivo, sul mercato cinese valgono un approfondimento futuro. Justin Cohen, dell’Ehrenberg-Bass Institute for Marketing Science dell’University of South Australia, ha presentato l’aggiornamento di una ricerca sul consumatore locale, basata su un campione di oltre mille persone. Tanti luoghi comuni sono stati infranti: in Cina il vino “da esibizione”, per regali o occasioni speciali, quello che avrebbe messo in crisi il sistema dopo la stretta anti-corruzione, rappresenta solo una minima parte dei consumi. Anche ieri, per altro, l’impatto di queste misure governative, additate come la causa della frenata del vino in Cina, è stato ridimensionato. La verità pare sia che troppe speranze erano state riposte su questo immenso mercato potenziale. E qualcuno ne ha approfittato, provocando anche un fastidio nella mente di consumatori che apprezzano il vino e che umilmente desiderano conoscerlo, ma che non vogliono essere trattati da stupidi (e chi lo vuole?).

Sanjust

Luca Sanjust

LA RIVINCITA DEL CANGURO – C’è un filo conduttore quest’anno a Hong Kong: citiamo infatti anche la conferenza su “Come investire correttamente in aziende vinicole”, quasi interamente targata Australia, con tanto di sollecitazioni ad acquistare proprietà in quel continente. E pensare che noi ogni volta che qualcuno compra una vigna in Italia quasi lanciamo l’allarme contro i barbari, mentre qui non vedono l’ora che qualcuno porti un po’ di denaro e faccia girare l’economia. Il filo dunque è teso dal canguro, presente anche in maniera importante in fiera, con una collettiva nazionale e una regionale dalla Yarra Valley. Insomma, la frenata commerciale che ha colpito l’Australia, il cui piano di conquista dei mercati mondiali avviato alcuni anni fa, basato su produzioni di qualità in quantità massicce, non ha funzionato. E prontamente l’industria vinicola ha sterzato: ora crescono produzioni ultra premium di piccole e medie aziende di alta qualità. Nel 1993 le Case vinicole in Australia erano 737, nel 2013 erano 2.573. Insomma, chi aveva dato per morto il canguro si ricreda.

Luca d'Attoma

Luca d’Attoma

DOBBIAMO CAPIRE IL CONSUMATORE – Tornando alla fiera e alla partecipazione italiana, vi espongono pochi produttori top. Abbiamo incontrato qualche fuoriclasse, come Luca Sanjust e Luca D’Attoma, ma allo stand del proprio distributore locale, in perfetto stile “Prowein”. Solo alcuni piccoli imprenditori, infatti, hanno preso un proprio spazio, e questi avevano l’aria di chi attende che passi qualcuno, piuttosto che di coloro che si sono preparati un piano di guerra per affrontare il mercato delle eterne illusioni. E con ciò torniamo al tema più interessante emerso dalla relazione odierna sullo “stato dell’arte”: bisognerebbe cominciare a vedere la Cina come un mercato emergente, di nuovi consumatori che crescono, non di folli che miscelano Cola e Petrus.

SI PARTE DALLO STILE – I giovani monitorati dall’Istituto Ehrenberg-Bass consumano vino a casa con gli amici, quando lo ordinano al ristorante si lasciano guidare dal ricordo di un buon assaggio precedente, innanzitutto, e poi dalle potenzialità di un abbinamento cibo-vino corretto. E attenzione: quando acquistano in negozio, il motore principale non è l’origine o la varietà… è lo stile. Quella cosa che ti rende consapevole se desideri un rosso fresco e leggero, un bianco profumato o strutturato. Parole che ormai quasi ignoriamo, ritenendole banali. Ma ascoltare il consumatore e i suoi bisogni, cioè il marketing, è l’opposto dello snobismo. Arriveranno anche i nostri fan cinesi (e ne abbiamo, l’Italia è tra i primi tre Paesi preferiti) alla scelta di un Cannubi, ma prima devono sapere che stiamo parlando di un “rosso corposo e tannico di grande intensità”. E che per inciso è italiano, piemontese, si chiama Barolo. Siamo solo all’inizio, abbiate pazienza, poi discuteranno per ore come noi su Cannubi e Cerequio.

La metropoli di Hong Kong

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© Riproduzione riservata - 10/11/2014

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