In Italia In Italia Jessica Bordoni

Giovani produttori. Alberto Oggero, nel nome del Roero

Giovani produttori. Alberto Oggero, nel nome del Roero

«Ciao, non mi disturbi. Sono in vigna a potare. Al massimo potrebbe esserci qualche problema di linea». Così comincia la mia intervista telefonica ad Alberto Oggero, classe 1985, roerino che di più non si può, tanto da fondare (insieme ai produttori Enrico Cauda di Cascina Fornace e Luca Faccenda di Valfaccenda) un’associazione chiamata SoloRoero, che è poi il manifesto della sua filosofia. Alberto, infatti, produce soltanto Roero (e Roero Arneis).

SoloRoero per Alberto Oggero. Ecco perché

Perché un’unica Docg declinata in bianco e in rosso? «Non è una scelta campanilistica, semmai la volontà di investire fino in fondo nel territorio in cui sono nato. Come produttore singolo e con gli amici di SoloRoero, cerchiamo di far conoscere e raccontare quest’angolo di Piemonte sulla riva sinistra del fiume Tanaro, con terreni sabbiosi che donano ai vini una speciale finezza e sapidità». A ben guardare, però, in gamma c’è anche l’eccezione che conferma la regola: «Si tratta di Sandro d’Pindeta, il vino che ho dedicato al nonno. Non è classificato come Roero Docg perché fa solo acciaio, mentre il disciplinare impone il legno».

roero-oggeroLa scuola del nonno e gli studi ad Alba

Ma partiamo dall’inizio, dall’infanzia. «Mio nonno abitava in campagna, a Santo Stefano Roero e da bambino non vedevo l’ora di pedalare in bici fino alla sua cascina. Ero il suo primo nipote, per di più maschio… ben presto mi permise di seguirlo tra i filari e aiutarlo con le operazioni in vigneto. Era durissima, ma così affascinante! In mezzo, va detto, ci sono stati gli anni del motorino, quando la terra per me non aveva una grande attrattiva, anzi. Poi il nonno purtroppo è mancato e per qualche tempo tutto è rimasto in stand by». Fortunatamente il padre e lo zio di Alberto decidono di non vendere le vigne e conferiscono le uve. «Quando ho finito gli studi, alla scuola enologica di Alba, mi sono rimboccato le maniche e ho rimesso in piedi la vecchia azienda di famiglia». La “rifondazione” ufficiale risale al 2009.

Roero e Roero Arneis verso il biologico

Tra il 2003 e il 2010 Alberto compie ricerche e vinificazioni su piccole partite. «Mi sono serviti un po’ di anni per capire le mie vigne. Gli appezzamenti, 3,5 ettari a Santo Stefano Roero, sono dislocati in microparcelle con suoli ed esposizioni differenti». Nel 2010 esce la prima etichetta: un Roero Arneis Docg 2009 in sole 500 bottiglie; l’anno successivo è la volta del rosso Roero Docg 2011 (da Nebbiolo in purezza) prodotto in 1.500 bottiglie. «Solo lieviti indigeni, vinificazioni separate e, da subito, la scelta del biologico. L’iter è partito nel 2013 e nel 2016 tutti i vini saranno certificati».

L’obiettivo delle 25 mila bottiglie e la crescita dell’export

Oggi Alberto Oggero produce 10 mila bottiglie. «Sono in fase di crescita e vorrei arrivare a 25 mila entro i prossimi 5 anni, sonno permettendo! Oltre agli impegni in vigna e cantina, sto cercando di mettere le basi anche per l’export. Nel 2015 sono partiti i primi carichi in Giappone e Danimarca: noto con piacere che c’è molto interesse da parte del pubblico straniero». La chiacchierata si conclude con un’anticipazione: «Tra pochi mesi uscirà sul mercato un Roero Arneis 2013. È il frutto di un lungo e particolarissimo invecchiamento in acciaio e barrique, poi riposo in bottiglia». Restiamo in curiosa attesa.

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© Riproduzione riservata - 08/02/2016

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