Export del vino 2020: gli ultimi dati (e le risposte della filiera)
A Wine2Wine sono state presentate in anteprima le stime di chiusura dell’export del vino 2020 italiano e dei principali Paesi produttori. A commentare i dati elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, i vertici di Unione Italiana Vini, Ice, Federvini, Federdoc, Alleanza per le Cooperative e Fivi.
«Abbiamo voluto questo incontro per attivare un confronto tra l’intera filiera del vino italiano, per conoscere i primi risultati dell’annata dal punto di vista delle esportazioni e commentare questi dati e altre vicende che in questo periodo hanno attraversato l’intero settore vitivinicolo», ha affermato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere e moderatore del dibattito dal titolo: Il vino nello scenario globale che cambia: le sfide della filiera.
L’analisi dei dati per affrontare la crisi
I dati presentati nel corso del webinar da Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor, sono in parte rassicuranti per l’Italia, «ma l’analisi condotta sulla base di un modello econometrico usato fino a oggi è stata quest’anno ancora più difficile, perché la pandemia sconvolge le tendenze settimana dopo settimana», spiega l’esperto. Nonostante tutto, è oggi importante più che mai analizzare le stime per capire quali saranno i prossimi trend e come affrontare al meglio la crisi mondiale dovuta alla pandemia.
Dopo anni di esportazioni in costante crescita, il cambio di rotta
Tra il 2014 e il 2019 l’andamento delle esportazioni si è mostrato in costante crescita per i principali Paesi produttori sia del Vecchio che del Nuovo Mondo (Francia, Italia, Spagna, Australia, Cile e Nuova Zelanda) con un tasso di crescita medio del 4,1%. In questo confortante scenario, l’Italia era riuscita a portare a casa un risultato di tutto rispetto e superiore alla media (+4,7%) arrivando a sfiorare nel 2019 i 6,4 miliardi di euro di esportazione. Ma com’era prevedibile anche senza l’aiuto delle stime, il Coronavirus ha sconvolto tutto il mondo e non ha risparmiato il wine business.
C’è preoccupazione per il mercato statunitense
A preoccupare maggiormente l’Italia potrebbe essere la situazione del mercato statunitense, le cui stime prevedono un calo del 10%. Nonostante questa contrazione, i consumi degli americani non sono calati, ma sono essenzialmente migrati dal canale on-trade (quello della ristorazione) verso quello off-trade della grande distribuzione. Avendo l’Italia un buon posizionamento anche in questo settore, la riduzione qui non sarà molto pronunciata e si stima un calo intorno al 2%, contro la Francia che perderà negli USA circa il 20%.
Le battute d’arresto in Italia e negli altri Paesi
Maggiori saranno le perdite delle esportazioni di vino italiano verso altri Paesi come in Germania (-8%) e Regno Unito (-6%), ma in generale l’Italia dovrebbe chiudere con un -4,6% delle esportazioni, poco copra i 6 miliardi di euro: all’incirca il valore esportato nel 2018.Dunque, la pandemia ha fatto retrocedere l’export di vino italiano di due anni.
A soffrire maggiormente anche nel contesto generale sarà di nuovo la Francia con una perdita del 17,9%, perché la maggior parte dei suoi prodotti viaggia nei canali della ristorazione, il settore che più sta soffrendo a causa della pandemia. La Nuova Zelanda (+4,5%) viaggia, invece, in controtendenza, perché al pari dell’Italia è andata molto forte negli Usa nel canale Gdo. Per i dati dell’Australia, invece, si dovrà capire come andrà a finire il contenzioso con il governo cinese, e nel caso di un blocco delle importazioni da parte della Cina, l’export australiano nel 2020 potrebbe scendere a -7,5%.
Una possibile soluzione: diversificare l’offerta
Matilde Poggi, presidente Fivi
«Tutti noi dovremmo imparare a interpretare questi dati per trasformare una situazione critica in un’opportunità», commenta Matilde Poggi, presidente di Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti FIVI. Che continua: «In particolare, i numeri dovrebbero darci lo spunto per diversificare la nostra offerta ed essere pronti a rispondere sempre meglio a questa situazione di emergenza, ma che in futuro potrebbe determinare dei cambiamenti sostanziali».
Serve maggiore capacità di analisi per affrontare “la grande incertezza”
Luca Rigotti, coordinatore vino Alleanza per le Cooperative
D’accordo anche Luca Rigotti, coordinatore nazionale settore vino dell’Alleanza per le Cooperative: «Si tratta, infatti, di una situazione del tutto nuova e destinata probabilmente a perdurare e la grande incertezza dei mercati ci mette a disagio nel programmare il futuro. Servirà dunque una maggiore capacità di analisi».
Il calo non è stato uguale per tutti e ha evidenziato le nostre debolezze
Ernesto Abbona, presidente Uiv
Secondo Ernesto Abbona, presidente di Unione italiana vini: «Ci stiamo comportando meglio di altri competitor, ma questo calo non è uguale per tutti. Le aziende più strutturate hanno saputo reagire meglio alla pandemia, mentre i piccoli-medi produttori hanno sofferto maggiormente». Inoltre, aggiunge Abbona: «Questa pandemia ha portato alla luce le grandi debolezze del mercato del vino italiano: la concentrazione verso pochi mercati esteri (principalmente Usa, Gran Bretagna e Germania) e un sistema produttivo che soffre per via di una grande frammentarietà».
Abbiamo un patrimonio complesso, che ha la necessità di essere raccontato
Sandro Boscaini, presidente Federvini
Sulla stessa linea interviene Sandro Boscaini, presidente di Federvini: «l’estrema frammentazione coinvolge sia il lato produttivo del vino italiano, sia quello commerciale perché il nostro è un patrimonio complesso e che ha la necessità di essere raccontato. È quindi difficile ricondurlo a un messaggio sintetico e forte di cui avremmo bisogno in questo momento per un rilancio».
«Più grave è lo stato di amministrazione del nostro Paese»
Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc
Lo afferma Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc che, contrariamente ai precedenti relatori, afferma come la complessità sia un grande valore dell’Italia, mentre «il vero problema che dovremmo denunciare tutti insieme con estrema forza è la situazione dell’amministrazione del nostro Paese: dagli annunci roboanti alla messa in opera delle misure passano molti mesi, e spesso i provvedimenti si rivelano inefficaci».
La soluzione? Una promozione nell’interesse nazionale
Roberto Luongo, direttore generale Ice
Ma per Roberto Luongo, direttore generale di Ice (Istituto nazionale per il Commercio Estero), la risposta a queste problematiche è una comunicazione di sistema nell’interesse nazionale in modo da favorire sia le grandi che le piccole imprese. Nei prossimi mesi la promozione, anche istituzionale, del vino come principe del made in Italy sarà fondamentale: «Dobbiamo portare al massimo la nostra vetrina di Vinitaly (dal 20 al 23 giugno 2021, ndr), che deve essere la nostra stella polare».
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