Etichettatura, cosa è emerso nel webinar organizzato dai Master of Wine

Etichettatura, cosa è emerso nel webinar organizzato dai Master of Wine

I cittadini chiedono sempre più informazioni su ciò che consumano e i governi sono sempre più sensibili alle loro istanze. Tra le conseguenze potrebbe derivare anche una revisione delle norme sull’etichettatura, tema ricorrente in Europa ma caldo ovunque nel mondo. Come devono porsi i produttori di fronte alla questione? Un webinar organizzato dall’Instituto dei Master of Wine fornisce interessanti indicazioni.

Finora il vino, per tradizione, non ha mai seguito le regole per l’etichettatura applicate all’industria alimentare. Le Cantine non sono tenute a segnalare in etichetta gli ingredienti oppure l’apporto calorico, per tutta una serie di motivi, non solo legati alla consuetudine ma anche all’unicità del processo di produzione. La situazione, però, prima o poi è destinata a cambiare. In Russia, per esempio, è in vigore dallo scorso giugno una nuova norma che dà precise indicazioni soprattutto sulle indicazioni di origine e prospetta persino ispezioni ai produttori, le cui finalità non sono ancora state ben chiarite. Ma anche all’interno dell’Unione Europea si registra una spinta sempre più forte, sia da parte di altri settori dell’industria alimentare, sia di chi si oppone al consumo di alcolici, che potrebbe presto trasformarsi in norme cogenti per le Cantine.

Un webinar sul tema

Il tema è di estrema attualità, perché l’introduzione di nuovi obblighi sulle etichette può portare con sé importanti conseguenze per le aziende del settore vitivinicolo. L’Instituto dei Master of Wine gli ha dedicato, lo scorso 2 marzo, un webinar, intitolato “Labelling and Transparency”, a cui hanno partecipato esperti internazionali come Pau Roca, direttore generale di Oiv, Ignacio Sanchez Recarte, segretario generale Ceev (Comité Européen des Entreprises Vins), Dominic Buckwell, direttore di Wine GB, l’associazione dei produttori britannici, e tre Master of Wine di fama internazionale come la britannica Jancis Robinson, la statunitense Caroline Hermann, responsabile del programma per l’import-export del vino per il Dipartimento del Tesoro degli Usa e il consulente indipendente Richard Bampfield.

Tradizione e politica

Qual è il nocciolo della questione? Il vino è un prodotto profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni, ma ha anche un peso nella politica. «Oggi», ha spiegato Pau Roca, «assistiamo a un cambiamento di approccio da parte di molti governi nei suoi confronti. Se infatti un tempo prevaleva una considerazione legata all’importanza economica del settore, con norme che favorivano i produttori, oggi si assiste invece a una maggiore attenzione verso il cittadino e consumatore, con particolare riguardo alla sua salute». Da qui nascono le spinte per indicare in etichetta eventuali allergeni, informazioni nutrizionali e, da parte di alcuni, anche la richiesta di elencare gli ingredienti o, perfino, di includere messaggi o immagini di avvertimento simili a quelle dei pacchetti di sigarette.

etichettatura
Il direttore generale dell’Oiv, Pau Roca, ha ricordato che l’organizzazione ha definito un elenco delle pratiche consentite e di quelle non permesse nella produzione del vino

Impatto per i produttori

Cambiamenti di direzione di questo genere comporterebbero grandi problemi per le Cantine. «Intanto», ha spiegato Pau Roca, «per quanto riguarda il vino diventa difficile perfino indicare l’ingrediente: l’uva oppure il succo d’uva? E poi quali sono i trattamenti ammessi e quali no? L’Oiv, che raggruppa 48 Paesi produttori, ha definito un elenco delle pratiche consentite e di quelle non permesse nella produzione del vino, cercando di fornire una definizione precisa, secondo il Codex Alimentarius, di che cosa siano i componenti del vino, cioè le sostanze presenti nel prodotto; gli ingredienti, cioè sostanze aggiunte che di per sé potrebbero anche essere alimenti; gli additivi, cioè sostanze aggiunte per migliorare la shelf life del prodotto; gli agenti di processo, cioè sostanze usate con uno scopo tecnologico. In sostanza abbiamo individuato 76 sostanze ammesse nel vino e nella sua produzione, mentre su altre 12 è attualmente in corso una valutazione».

Al di là del fatto che le indicazioni di Oiv non necessariamente vengono recepite dai governi nazionali, l’eventuale segnalazione di queste sostanze in etichetta porrebbe un problema pratico non da poco per i produttori e non solo per un fatto di spazio, ma anche di traduzione nelle varie lingue dei mercati di esportazione. Per le piccole Cantine i costi e la gestione sarebbero problematici.


Ignacio Sanchez Recarte, segretario generale Ceev, ha parlato dell’etichetta digitale in cui inserire tutti gli ingredienti o le informazioni legate alla produzione

Un’etichetta digitale

Ed ecco, a questo punto, la proposta della Ceev di realizzare un’etichetta digitale in cui inserire tutti gli ingredienti o le informazioni legate alla produzione a cui il consumatore potrebbe accedere attraverso un QR code impresso sulla bottiglia. «Stiamo pensando a una piattaforma collettiva», ha spiegato Ignacio Sanchez Recarte, «fornita come servizio ai produttori che vogliano servirsene, in linea al 100% con le norme europee e internazionali e in tutte le lingue. Uno strumento che sarebbe utile anche per quei consumatori esteri, turisti che acquistano una bottiglia di vino in Paesi come Italia, Spagna o Portogallo, e potrebbero anche durante i loro viaggi (quando potremo tornare a farli) leggere le etichette nella loro lingua». Una proposta che pare intelligente, e che la Ceev proporrebbe in primis alla Commissione Europea nel caso in cui introduca nuove disposizioni per l’etichettatura del vino.

La MW Jancis Robinson ha sottolineato l’esigenza che le Cantine non si sottraggano a un argomento così importante per i consumatori

Non ci si può nascondere

Quand’anche ciò non avvenisse, però, si pone comunque il problema per le Cantine di non sottrarsi a un argomento sempre più sentito da ampie fasce di consumatori. Secondo Jancis Robinson «i produttori non devono dare l’impressione, per conservare uno status quo sull’etichettatura, di non prendersi a cuore le esigenze del pubblico più vulnerabile, che magari soffre di intolleranze o di allergie o che ha problemi di dieta. È fondamentale che le Cantine, anche se non sono obbligate da una normativa, parlino il loro linguaggio e non dimostrino invece di ignorarli completamente. Esistono esempi di aziende proattive, che di loro iniziativa hanno intrapreso una strada di comunicazione e trasparenza».

Revisioni inevitabili

«L’attenzione all’impatto del vino sulla salute, del resto, è sempre più alta», ha detto Caroline Hermann, «e sicuramente spingerà, prima o poi, a una revisione delle normative sull’etichettatura. Al momento negli Usa non esistono particolari restrizioni al riguardo, ma la spinta del mercato è verso prodotti sempre più sani e “naturali”. Qualche anno fa il Dipartimento del Tesoro Usa ha avviato un’indagine per la revisione dell’etichettatura del vino, che poi non ha portato ad atti concreti, ma l’80% dei commenti forniti dal pubblico chiedeva l’introduzione delle informazioni nutrizionali e dell’apporto calorico».

Un esempio dalla California

Anche Richard Bampfield osserva «una richiesta sempre più pressante, soprattutto in Regno Unito, di limitare il peso sull’economia del Paese di fenomeni sociali e sanitari come la dipendenza dall’alcol. Questo coinvolge tutti i prodotti a base alcolica, vini compresi. Le Cantine devono trovare soluzioni per evidenziare il loro impegno positivo nei confronti della società. Apprezzo, per esempio, l’iniziativa di Ridge, azienda californiana, che nelle sue etichette racconta tutto del proprio vino, a partire dagli ingredienti. Mi pare l’esempio ideale di come un produttore moderno si dimostri proattivo rispetto alle richieste di sicurezza del prodotto e non commetta invece l’errore di rifugiarsi in una posizione difensiva e inefficace».

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© Riproduzione riservata - 17/03/2021

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