Enoturismo, è il momento di crescere

Enoturismo, è il momento di crescere

Dopo la pandemia l’enoturismo è ripartito bene, creando opportunità nuove di rapporto diretto con il consumatore. I produttori italiani, però, ancora non stanno sfruttando al pieno l’occasione. Un rapporto sul settore realizzato da Divinea rivela punti forti e deboli dell’offerta.

Nel marketing del vino quasi tutto è cambiato con la pandemia. Il Covid-19 è stato uno spartiacque che ha trasformato all’improvviso le modalità con cui i produttori entrano in relazione con i consumatori. Se un tempo l’intermediario erano soprattutto enoteche e ristoranti, oggi è cresciuto il contatto diretto, attraverso le vendite online oppure le visite in cantina.
Ma anche l’enoturismo è cambiato profondamente, introducendo nuovi paradigmi che chi produce vino deve adottare per relazionarsi con i suoi visitatori e accoglierli.

Indagine su 129 aziende

Un interessante rapporto, dal titolo “Report Enoturismo e Vendite direct-to-consumer 2022”, esamina gli effetti di questa trasformazione. A realizzarlo è stata Divinea, una società tecnologica nata nel 2019 per aiutare le Cantine italiane a dialogare in modo semplice ed efficace con i loro clienti. L’indagine ha preso in esame dati raccolti tra 129 produttori distribuiti in tutta Italia, in modo proporzionale per rappresentare tutte le dimensioni di azienda, tra i piccoli con meno di 10.000 bottiglie l’anno ai grandi con oltre un milione di pezzi prodotti.

Un nuovo approccio

L’enoturismo è cambiato profondamente dopo la pandemia. Se prima si poteva accogliere anche un gran numero di ospiti in una giornata, ora gli afflussi sono inferiori, spesso canalizzati da visite organizzate, in precisi momenti della giornata e privilegiando attività all’esterno, come degustazioni all’aperto o partecipazioni alla vendemmia. In media, osserva il rapporto Divinea, oggi sono meno rispetto a un tempo i visitatori delle Cantine, ma non necessariamente questo è un male. Anzi, questo nuovo approccio, si legge nel documento, “risulta spesso e volentieri economicamente più sostenibile di quello precedente”. Consente infatti di selezionare meglio i visitatori, di dedicare loro più tempo e di stabilire un rapporto più profondo e personale, più mirato alla fidelizzazione. È un nuovo tipo di legame che, se interpretato nel modo corretto, porta ad aumentare le vendite dirette ai privati, allarga il panorama dei visitatori, coinvolge persone più giovani.

Poco valore aggiunto

Un’opportunità che però le aziende italiane non colgono al meglio, almeno finora. Il documento riporta una ricerca che indica come l’Italia conti circa 15 milioni di enoturisti l’anno, a fronte dei 10 francesi e dei 3,9 della Napa Valley, in California. Ma in proporzione il valore di mercato è più piccolo (2,7 miliardi di euro contro i 5 della Francia e i 2 di Napa Valley) e la percentuale di vendita diretta sul fatturato assai inferiore (5% contro il 30% francese e il 70% della Napa Valley). Tra le tre aree l’Italia è anche quella con la penetrazione digitale più bassa.

Il tipo di proposta

Esaminando più nel dettaglio come le imprese italiane “fanno” enoturismo, si nota come il 71% delle esperienze proposte siano degustazioni tradizionali, con 4,2 proposte diverse offerte in media. Solo il 5,7% dei siti consente di prenotare la visita pagandola in anticipo online. In generale, solo il 55% dei siti ha una sezione dedicata all’enoturismo. Inoltre le esperienze che si possono prenotare sono più numerose nei giorni dal lunedì e venerdì (il 98%) rispetto al sabato e alla domenica (78%), con un disallineamento rispetto alla domanda, che si concentra maggiormente nei weekend.

Offerta poco strutturata

Anche i prezzi non sono particolarmente economici. La maggior parte delle esperienze (il 55%), con degustazioni da 3 a 5 vini e assaggi di prodotti del territorio, varia da 21 a 50 euro; per il 37% invece consistono in degustazioni con non più di tre vini e qualche grissino da accompagnamento, per un valore entro i 20 euro. Sono solo l’8% le degustazioni premium da oltre 50 euro a testa. Gli eventi diversi sono ancora più cari. Tutto questo in Cantine che per la maggior parte (68%) dedicano all’accoglienza una sola persona, impegnata anche in altri ruoli. Sono appena il 3,1% le realtà con un team strutturato per gestire l’enoturismo.

In cerca di esperienze diverse

Esaminando la domanda, cioè quello che cercano i visitatori, si ha l’impressione che vorrebbero trovare nelle Cantine qualcosa di diverso dalla classica degustazione, che comunque riguarda il 65,1% delle prenotazioni. Le esperienze esclusive e gli eventi, infatti, che rappresentano rispettivamente il 14% e il 7% dell’offerta, fanno registrare una quantità molto maggiore di “sold out”. Quanto ai periodi e ai momenti preferiti, il 70% delle visite si concentra tra luglio e ottobre, con il martedì come giorno preferito e una maggiore presenza in orari tra le 8 e le 9 del mattino e tra le 12 e le 15. I tre quarti dei visitatori, indipendentemente dalla nazionalità, preferirebbero prenotare online.

Dati e wine club

Il report, infine, riserva un ampio spazio alla strategia diretta di vendita al consumatore, che l’enoturismo facilita enormemente. In Italia però è ancora troppo poco praticata rispetto, per esempio, al modello americano. Quest’ultimo viene esaminato nel dettaglio dallo studio, rivelando l’importanza di strumenti di vendita, al di là delle degustazioni, come i wine club, le mailing list e l’online. Al contrario, i dati delle imprese italiane rivelano come ancora non siano attrezzate per sfruttare le visite enoturistiche allo scopo di ottenere i contatti dei visitatori e coinvolgerli successivamente in iniziative commerciali. Il 73,3% delle Cantine non associa i dati di vendita all’anagrafica del cliente e solo il 17,3% si è dotato di wine club.

In definitiva, c’è tanto ancora che i produttori italiani possono fare per sfruttare in modo più incisivo il contatto diretto con i consumatori reso possibile dall’enoturismo. Il fenomeno è in crescita, sta dando frutti, ma ancora manca un impegno organico per trasformarlo in un asset altamente produttivo.

Foto di apertura: nell’era post-Covid gli afflussi nelle Cantine sono inferiori e si privilegiano attività all’esterno

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© Riproduzione riservata - 08/04/2022

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