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È morto Gianni Piccoli (Corte Gardoni), fine interprete di Bardolino e Custoza

È morto Gianni Piccoli (Corte Gardoni), fine interprete di Bardolino e Custoza

Addio a Gianni Piccoli di Corte Gardoni, il vitivinicoltore che ha lavorato per dar classe e nobiltà al Bardolino e al Custoza. Lascia in eredità ai figli Mattia, Stefano e Andrea l’amore per la Borgogna e i grandi vini del mondo.

Il Covid-19 se l’è portato via la vigilia di Natale, Gianni Piccoli, e il vino italiano ha perso un protagonista, uno di quei viticoltori che li riconosci dai vini che fanno perché gli assomigliano. Lui aveva le sue vigne sulle colline moreniche sud-orientali del Garda, nel comune di Valeggio sul Mincio, un luogo magico tra i più belli d’Italia, molto meno apprezzato di quanto vale, così come i due vini che vi si producono, il Bardolino e il Custoza. Vini allegri e alla mano che non esibiscono con sussiego la nobiltà e la classe di cui sono dotati.

Dalla Val d’Illasi alle colline del Garda

Gianni Piccoli era come loro, un contadino dalla famiglia numerosa (tre figli maschi e due femmine) che non amava apparire, mentre in realtà era un contadino di larghe vedute che viaggiava, conosceva le zone dove si fanno i più grandi vini del mondo (come la Borgogna) e ciò che aveva appreso in quei luoghi lo sapeva applicare nella sua azienda. Il vino lo aveva nel Dna: i suoi progenitori avevano cominciato nel 1600 a vinificare le proprie uve a Cellore, in Val d’Illasi, ma lui faceva parte di un ramo della famiglia costretto dalla fillossera, che aveva devastato i vigneti, a trasferirsi in pianura e a dedicarsi alla frutticoltura.

Gli inizi da conferitore

E infatti il suo esordio come imprenditore, avvenuto nel 1971 quando aveva creato l’azienda Corte Gardoni insieme alla moglie, Stefania, fu da produttore di mele e di pesche. Possedeva anche delle vigne, che gli avevano permesso di tornare alla viticoltura ma come attività collaterale, vendendo le uve prodotte alle aziende della zona. Però nel 1979 la Casa vinicola che aveva prenotato la sua produzione si rimangiò la parola data e a vendemmia avvenuta si rifiutò di acquistarle: era una ritorsione perché l’anno prima Gianni Piccoli aveva chiesto e ottenuto una maggiorazione del prezzo.

La sfida da vitivinicoltore

Quello sgradevole episodio gli aveva permesso di rendersi conto che il suo impegno a produrre uve di qualità era vanificato dalle aziende trasformatrici, che della qualità se ne infischiavano e badavano solo a comprarle al minor prezzo possibile. La considerò una sfida e decise di raccoglierla: alla vendemmia successiva aveva già costruito una cantina dotata di tutte le attrezzature necessarie per vinificare in proprio.

I tre figli, Mattia, Stefano e Andrea

Con un atto di nascita così singolare, Corte Gardoni si è subito imposta come un’azienda diversa dalle altre. Difatti è l’unico caso che si conosca di un’impresa gestita da tre fratelli che non litigano e si sono suddivisi i compiti assecondando ciascuno le proprie inclinazioni: Mattia, il figlio maggiore di Gianni, enotecnico, è responsabile delle operazioni di cantina, a Stefano, perito agrario, è affidata la conduzione agronomica, mentre Andrea, perito agrario anche lui, si occupa della gestione aziendale.

I riconoscimenti al Custoza Mael

A quali principi debbano ispirarsi il papà glielo ha insegnato nel 2008, quando la guida del Gambero Rosso ha premiato con tre bicchieri il Mael, Custoza Doc di Corte Gardoni: ha inviato una lettera ai clienti per condividere con loro gioia e soddisfazione, ma con una precisazione: «Non c’è nessun secondo fine in questa comunicazione. Tanto per esser chiari: non aumenteremo il prezzo del Mael: con la vendemmia 2008 non ha fatto nessun salto di qualità, e soprattutto non gliel’hanno fatto fare i tre bicchieri del Gambero Rosso. Quindi: tanto costava prima, tanto costa adesso». È con questa rude franchezza che Gianni Piccoli è stato un protagonista.

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© Riproduzione riservata - 28/12/2020

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