Diario di un aspirante sommelier (ovvero, la parola a un extraterrestre) – 1ª puntata

Diario di un aspirante sommelier (ovvero, la parola a un extraterrestre) – 1ª puntata

Un collega giornalista, specializzato in tutt’altra materia, ha appena iniziato a frequentare un corso Ais e condivide con i nostri lettori le sue impressioni da appassionato (ancora) inconsapevole. È inquietante osservare come nello scorrere del suo racconto si manifesti progressivamente la trasformazione antropologica dell’homo oenologicus.

Per la maggior parte delle persone il rapporto con il vino è maldestro e piuttosto circoscritto. La comfort zone ha confini angusti che vanno dal menù dell’apericena allo scaffale delle offerte Esselunga. In entrambi i casi, per la scelta, le linee guida sono due: quella cromatica e quella cinetica. Il vino è rosso o bianco; è fermo o frizzante. Incrociando queste due variabili si cerca di trovare l’etichetta giusta, ma per lo più, alla fine, è il caso che versa da bere.

Cercare una risposta nel corso per sommelier

Come uscire da questa ignoranza bidimensionale? Me lo sono chiesto anche io. Ho fatto una breve ricerca in rete e dopo mezz’ora a schiacciar tasti (e circa 700 euro più tardi) ho trovato la mia risposta: diventare sommelier. Ovviamente tra l’ignoranza più acetica e il tastevin ci sono molte sensate vie di mezzo, ma nel dubbio è sempre meglio puntare in alto. In tanti hanno seguito la mia stessa machiavellica filosofia e questo mi è stato chiaro fin da subito. Infatti, prima ancora della varia e pittoresca composizione della classe, mi ha colpito come questa sia nettamente divisa in due gruppi. Da un lato c’è chi non ha mai maneggiato un cavatappi e dall’altro c’è una minoranza che si riempie già la bocca di tecnicismi malolattici.

Uno sguardo all’ambiente

Qualche altro dato di etnografia spiccia. Siamo in totale una novantina di aspiranti sommelier. L’età media è intorno ai 40-45 anni. Circa un terzo sono donne. Alcune hanno gli occhi stanchi e molto attenti. Altre sono vestite con eleganza e sorde al consiglio di dosare con parsimonia il profumo. Molti arrivano in coppia: coppie di amici, di amiche, coppie di fatto e anche coppie di colleghi. Coppie che parlano di ferie, o di lavoro e coppie che decidono dove andare a cena al termine della lezione. Sono pochissime però quelle che parlano di vino.
Il corso è al piano -1 di un famoso hotel di Milano. La sala si riempie sempre mezz’ora prima dell’inizio. L’arredamento è un tuffo negli anni Novanta: pareti di rovere, specchi incastonati e qualche richiamo neoclassico in salsa veneziana. Insomma, il clima è da penne alla vodka, ma l’eleganza dell’occasione, e una generale sobrietà, smorzano le reminiscenze.

Prepariamo il set

Sul tavolo, due libri di testo e sulla sedia una valigetta. All’interno quattro calici e un cavatappi. Il tutto incastonato nella gommapiuma tagliata su misura. Roba da film di spionaggio, di grande effetto e straordinaria scomodità. Subito ci viene consigliato di tirare fuori i bicchieri “per eliminare eventuali odori che possano rovinare la degustazione che faremo dopo”. Immediatamente gli ipocondriaci si chiedono se i calici siano stati lavati, mentre i più assetati cercano di tradurre in minuti la parola “dopo”. In realtà, appena le cariche istituzionali Ais iniziano ad alternarsi al microfono, il tempo vola e si acquietano anche i raptus battericidi.
Scopriamo di essere una classe fortunatissima. Siamo la prima ad adottare la nuova “Scheda analitico-descrittiva del vino”. Inizieremo ad usarla dalla quinta lezione. La maggior parte della platea semplicemente si fida. La minoranza malolattica invece scorre fino alla terza di copertina per verificare le effettive migliorie apportate (non si sa in base a quale termine di paragone). La seconda fortuna della nostra classe ci viene descritta come un allineamento pedagogico senza precedenti. Pare che tutti i migliori docenti Ais si siano dati appuntamento per insegnare proprio nel nostro corso.

Si parte alla grande

Il debutto effettivamente è con il miglior sommelier d’Italia 2021. Prima di prendere la parola si fissa il microfono al bavero con la destrezza di un presentatore televisivo. A lui spetta guidarci nei meandri della professione: spiegarci compiti, competenze e carriera di un sommelier. Con il sommarsi dei dettagli prende forma una figura mitologica dotata d’irraggiungibili superpoteri rino-mnemonici.
A svegliarmi dal senso d’inadeguatezza sono i sommelier, quelli in carne ed ossa, che iniziano il servizio. Ogni lezione ha infatti una parte teorica e una pratica in cui si assaggiano e si commentano 3 o 4 vini. Le prime degustazioni sono poco più che una bevuta tra amici, ma essere così ben guidati focalizza i sensi nella ricerca di sentori specifici. Trovarli uno ad uno e snodare la complessità del vino è elettrizzante: una magia.
La prima sera si conclude con la sensazione di essere entrati in una confraternita. Una setta che parla una propria lingua, che custodisce un sapere multiforme e che cura ogni gesto fino a trasformarlo in un rituale. Ma c’è una fondamentale differenza: qui la conoscenza non è segreta, anzi, vuole essere condivisa.

Considerazioni finali eno-filosofiche

Dalla seconda lezione si fa sul serio, si parte con una tripletta dedicata a viticoltura ed enologia. Tradotto: come si alleva la vite e come si trasforma l’uva in vino. È il percorso a ritroso che dal bicchiere ci riporta alla terra. Anche la più piccola scelta, in vigna e in cantina, è guidata dalla stella polare dell’obiettivo enologico. Un concetto nuovo che porta in sé il senso di un desiderio da ammaestrare. Ogni decisione e ogni azione torneranno infatti nel vino, mescolate agli umori della natura. Nonostante siano le lezioni più teoriche e tecniche, l’insegnante riesce a trasformare la chimica in alchimia, gestendo il ritmo come una jazzista e tenendo il palco come una rocker.
Esco dalla tripletta viticoltura-enologia con la netta convinzione che ogni donna e ogni uomo dovrebbero allevare una vigna e fare il vino. In fondo, è una metafora così perfetta della vita.

Foto di apertura: il sommelier visto da © Doriano Strologo (rielaborazione grafica di A. Chiappa)

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© Riproduzione riservata - 29/10/2023

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