Dai matrimoni riusciti nascono forza e complessità (anche nella vite)
In viticoltura lo scopo degli incroci della vite è quello di migliorare la resistenza delle piante alle malattie e alle avversità climatiche. I più conosciuti? Müller Thurgau, Pinotage, il nostro Manzoni bianco, i francesi Alicante Bousquet e Marselan.
La storia del miglioramento genetico della vite – racconta l’agronomo Roberto Miravalle – ha sempre avuto come obiettivo il potenziamento della sua resistenza alle avversità. Fece eccezione Hermann Müller Thurgau che, nel 1882, selezionò l’omonimo vitigno “intraspecifico”; operazione mirata all’aumento dell’allora scarsa biodiversità delle varietà germaniche, in un contesto dominato dal Riesling, peraltro relativamente scarso. Il Müller Thurgau ebbe subito una buona diffusione e, ancora oggi, è molto importante soprattutto nelle aree viticole a nord delle Alpi e in Trentino-Alto Adige.
In Italia gli incroci arrivano tardi
Da noi il miglioramento genetico della vite ebbe grandissimi successi sull’uva da tavola, che qui trascuriamo, non essendo il focus di questo nostro approfondimento. Così come tralasceremo di parlare degli ibridi (incroci tra specie di viti diverse) che sono un mondo a parte, totalmente innovativo rispetto agli incroci.
Il miglioramento genetico fu assai più timido per quanto concerne l’uva da vino, di cui si occuparono soprattutto i professori Luigi Manzoni, Giovanni Dalmasso, Riccardo Terzi, Bruno Bruni, Rebo Rigotti, Mario Fregoni e Cesare Intrieri. Peraltro, alcuni incroci prodotti dagli studiosi appena citati oggi stanno vivendo momento di grande interesse. Il più diffuso è probabilmente il Manzoni bianco; attualmente coltivato su quasi tutto il territorio nazionale.
Albarossa in Piemonte, Rebo in Trentino, Ervi e Merlese in Emilia Romagna
Dello stesso ricercatore è il più raro Manzoni Moscato, nei confronti del quale sta nascendo un certo interesse. Un incrocio assai apprezzato è il piemontese Albarossa, varietà creata nel 1938 dal Dalmasso alla ricerca di nuovi vitigni capaci di fondere l’eleganza del Nebbiolo con la freschezza della Barbera; nell’ultimo decennio si è rapidamente diffuso, tanto che si è persino costituito un gruppo di produttori allo scopo di valorizzarlo, proponendolo come moderna alternativa alla Barbera. Tornando in Trentino, ormai da anni il Rebo è una realtà di un certo successo. In Emilia Romagna da qualche tempo l’Ervi sta riscuotendo un notevole interesse. Più specificamente in Romagna, è il Merlese che lentamente comincia a far parlare di sé.
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La strategia del Midi e la lungimirante Germania
A parte l’Alicante Bouschet (Petit Bouschet x Grenache), come da noi anche in Francia la storia del miglioramento genetico per incrocio è recente. Tra i più famosi vitigni frutto di questa pratica c’è il Marselan (Cabernet Sauvignon x Grenache), entrato in varie Aoc della costa mediterranea, dalla Provenza al Roussillon, e in forte sviluppo in Argentina. Gli ultimi incroci messi a punto sono il Caladoc (Grenache x Malbec), che sta avendo successo in Languedoc, il Chenanson (Jurançon x Grenache) e l’Arinarnoa (Tannat x Cabernet Sauvignon). Va detto che l’impiego dei vari incroci sembra la principale strategia applicata in tutto il Midi, dopo la fallimentare introduzione in quella zona dei più classici vitigni bordolesi.
Nella foto: apertura grappolo di Mueller Thurgau (R. Kiaulehn)
Tag: incroci, Monografia mixL’articolo prosegue su Civiltà del bere 4/2019 . Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com
© Riproduzione riservata - 30/08/2019