In Italia In Italia Jessica Bordoni

Il Consorzio Alta Langa Docg cambia marcia. E logo

Il Consorzio Alta Langa Docg cambia marcia. E logo

Cento ettari in provincia di Asti, altrettanti nel Cuneese e 17 nell’Alessandrino. È questa l’estensione della Docg Alta Langa, che oggi produce circa 1 milione di bottiglie di bollicine Metodo Classico a base di Pinot nero e Chardonnay. Lo scorso 12 marzo il Consorzio di tutela ha organizzato una giornata dedicata agli addetti ai lavori presso lo storico Castello di Grinzane Cavour per presentare il nuovo logo e il “Patto con la terra”. Ma soprattutto per raccontare gli importanti risultati ottenuti e ufficializzare i prossimi obiettivi.

Le prime bollicine piemontesi di fine Ottocento

Il presidente del Consorzio Alta Langa Giulio Bava ha ricordato il grande passato delle bollicine piemontesi. «Formalmente la denominazione esiste da 16 anni, ma storicamente da un secolo e mezzo». Il riferimento è alle prove effettuate dalla Cantina Gancia già dall’inizio dell’Ottocento per produrre vini spumanti sul modello della vicina Francia. In particolare il 1865 segna la nascita del primo Metodo Classico rifermentato in bottiglia. L’antesignano dell’attuale Alta Langa Docg.

 

Giulio Bava, presidente del Consorzio Alta Langa Docg

Giulio Bava, presidente del Consorzio Alta Langa Docg

La sperimentazione su 40 ettari di vigneti

Un’altra tappa importante risale agli anni Ottanta del secolo scorso, quando un ristretto gruppo di aziende decise di destinare una porzione dei propri vigneti (40 ettari complessivi) alla sperimentazione. Qui furono piantati una ventina di cloni di Pinot nero e Chardonnay. «La ricerca è andata avanti per 10 anni, con migliaia di ettolitri vinificati e dati analitici. Elementi che ci hanno permesso, nel 2002, di possedere le basi scientifiche per porre le regole di un disciplinare di produzione molto rigoroso», ha precisato il presidente Bava.

Un Metodo Classico da invecchiamento

«Come dico sempre, il nostro è uno spumante senza paracadute», prosegue Bava. «A differenza dello Champagne, che ha un periodo di affinamento minimo di 12 mesi, o del Franciacorta, che per legge deve rimanere sui lieviti per 18 mesi, le cuvée più giovani dell’Alta Langa escono solo dopo 30 mesi di affinamento. I nostri enologi sono impegnati a produrre una qualità capace di sfidare il tempo, anche grazie ad un terroir unico e terreni calcarei, bianchi e poco argillosi, che conferiscono ai vini una particolare mineralità e freschezza».

 

alta langa docg nuovo logo presentazione

La presentazione del nuovo logo Alta Langa Docg

Consorzio Alta Langa, un nuovo logo omaggia il territorio

Le uve provengono esclusivamente da vigne altamente vocate, poste sopra i 250 metri e consacrate in esclusiva alla produzione di bollicine. La raccolta è rigorosamente manuale, con una resa per ettaro del 65%. Il forte legame con il territorio è sottolineato anche dal nuovo logo del Consorzio di tutela. Tre cerchi/acini/bollicine al cui interno sono raffigurate le alte colline delle Langhe. E, sullo sfondo, il complesso montuoso del Monviso.

Il Patto con la terra firmato dal Consorzio

Il Consorzio si è anche impegnato a stipulare un “Patto con la terra” per la salvaguardia del paesaggio. Come precisa l’antropologo Pierpaolo Grimaldi dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: «L’obiettivo è quello di custodire il territorio che i nostri antenati ci hanno consegnato con altruistico e generoso amore. Si può fare con un lavoro di ricerca che deve riportare alla luce le forme e le pratiche del mondo contadino, i saperi di un passato che hanno sempre dialogato con la natura. In un quadro di reciproco rispetto tra terra e uomo».

Triplicare la produzione entro 5 anni

In questo senso si inserisce il processo di crescita programmata che i produttori dell’Alta Langa Docg stanno portando avanti con impegno e costanza. «Oggi gli ettari sono 217, ma contiamo di arrivare a 350 ettari entro i prossimi cinque anni. Anche i volumi sono destinati ad aumentare progressivamente da qui al 2023, passando da 1 milione a 3,5 milioni di bottiglie», puntualizza il presidente Bava.

La proposta di inserire il Nebbiolo nel disciplinare

E sul fronte agronomico ed enologico, che cosa cambierà nel prossimo futuro? «Stiamo ragionando sulla possibile introduzione nel disciplinare del vitigno Nebbiolo accanto al Pinot nero e allo Chardonnay. Pur mantenendo il vincolo di una produzione da vigne consacrate in esclusiva alle basi per spumanti. Scongiuriamo così il pericolo che le nostre bollicine siano realizzate con gli “scarti” di piante destinate alla produzione di vini rossi». Questo permetterebbe di allargare il bacino di utenza anche alle aziende “nebbioliste” di Barolo e Barbaresco. Un utilissimo traino per le vendite all’estero.

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© Riproduzione riservata - 21/03/2018

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