Catalanesca, ex uva da tavola
La Catalanesca, di antiche origini iberiche, si diffuse nel XIV secolo nel comprensorio vesuviano, trovando lì il suo habitat ottimale. Fino a qualche anno fa era classificata solo come uva da tavola, finché non è stata registrata anche come cultivar da vino dal 2005.
Cantine Olivella di Andrea Cozzolino e i soci Ciro Giordano e Domenico Ceriello, sita a Sant’Anastasia (Napoli) nel Parco nazionale del Vesuvio, con il suo Katà, Catalenesca del Monte Somma Igt è stata la prima – nel 2011, anno di iscrizione del vitigno nella citata Igt – a vinificare e imbottigliare questa bacca bianca. Il progetto prende le mosse negli anni Novanta, con il ripristino di una vecchia vigna e le prime artigianali sperimentazioni di vinificazione. L’obiettivo era trasformare il “vino del contadino” in un nettare interessante anche commercialmente. Il tutto col supporto, tra il 1995 e il 1999, dell’ente regionale SeSirca e di Luigi Moio. Nel 2004 nasce Cantine Olivella, ritenuta la vera promotrice di questo misconosciuto vitigno.
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Katà, da viti di Catalanesca a piede franco
La Catalanesca impiegata in purezza per il Katà, che matura tardivamente nella prima decade di ottobre, proviene da vigne a piede franco alle pendici del Monte Somma (3-600 m). Basse rese, suoli vulcanici, e una lunga permanenza sulle fecce fini conferiscono al vino mineralità, freschezza, longevità.
Nella foto: Ciro Giordano
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© Riproduzione riservata - 20/10/2019