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Asia e Australia: nuove frontiere del vino italiano

Asia e Australia: nuove frontiere del vino italiano

In Corea del Sud, Giappone e Australia il vino Made in Italy sta guadagnando un ruolo da protagonista. Il Simply Asia & Australia Tour 2019 (da oggi al 25 novembre) ci offre l’occasione per analizzare da vicino questi tre mercati di grande interesse per la nostra enologia di qualità, ciascuno con le sue specificità.

Comincia oggi l’ultima tappa del tour mondiale organizzato da I.E.M. – International Exhibition Management per promuovere il vino italiano di qualità nel mondo. L’edizione 2019 raggiunge due mercati consolidati come la Corea del Sud (a Seoul il 19 novembre) e il Giappone (a Tokyo il 21 novembre), mentre il terzo rappresenta una novità assoluta: l’Australia. Il gran finale del tour sarà infatti a Sydney il 25 novembre, in un mercato dove i nostri prodotti di qualità stanno trovando sempre più spazio e seguito. Ad accogliere le Cantine italiane protagoniste saranno oltre 100 professionisti e rappresentanti del trade locale. Marina Nedic, managing director di I.E.M., ci spiega perché questi tre mercati offrono concrete opportunità per l’export di vino italiano.

La ricca Corea scopre i vini italiani

In Corea del Sud l‘elevato reddito pro capite (30 mila dollari nel 2018) e la domanda di beni di lusso stanno spingendo anche il consumo vinicolo d’alta gamma; il prezzo medio delle bottiglie importate è 5,09 euro al litro (4,87 per l’Italia). «Nel 2018 le importazioni di vino hanno raggiunto un valore di oltre 206 milioni di euro (+11,4% rispetto al 2017)», spiega Marina Nedic. «Lo Stivale è fra i primi tre partner commerciali della Corea del Sud con oltre 29 milioni di euro (+11,1%), dopo Francia (67 milioni, +11,5%) e Cile (39 milioni, +8,7%)».

Seul vista dal tempio Bongeunsa

In Giappone, siamo il secondo fornitore di bollicine

Nonostante le campagne promozionali italiane si siano concentrate, negli ultimi anni, sulla Cina, il primo mercato orientale per le cantine del Belpaese è tutt’oggi il Giappone, che da decenni ha strette relazioni culturali e commerciali con l’Italia. Grazie all’accordo di libero scambio tra Giappone e Ue, inoltre, dal 1 febbraio 2019 i vini europei beneficiano dell’esenzione fiscale. Le importazioni enoiche giapponesi valgono 1,4 miliardi di euro nel 2018, di cui quasi 166 milioni di euro dall’Italia (per 396 mila ettolitri). «Siamo il secondo Paese esportatore per valore e secondo fornitore di spumanti dopo la Francia, da cui proviene il 55% dell’import vinicolo totale (contro l’11,6% dello Stivale). Ma la produzione italiana è comunque considerata di elevata qualità, al pari dei vini d’Oltralpe», prosegue Marina Nedic.

Tokyo

Australia, il nuovo Eldorado dell’export nazionale

L’Australia rappresenta una nuova frontiera per l’export enoico italiano (ed è una novità assoluta fra le mete degli eventi I.E.M.). «La solidità dell’economia nazionale, che ha mantenuto tassi positivi di crescita anche durante la crisi mondiale, e la presenza di consumatori evoluti, con buone disponibilità di reddito, hanno cambiato le strategie commerciali abbandonando l’obiettivo dei grandi volumi», conclude Marina Nedic. Anche in Australia i grandi volumi cedono ormai spazio alla qualità: i winelover sono disposti a spendere parecchio – oltre 400 dollari all’anno pro capite – per acquistare etichette selezionate e d’alta gamma. Uno scenario in cui si aprono spazi in precedenza impensabili per la nostra produzione enoica, che nella commercializzazione può contare anche sui ristoranti di cucina italiana.

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© Riproduzione riservata - 19/11/2019

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