Arrivano i basket bond di filiera. E partono con il vino

Arrivano i basket bond di filiera. E partono con il vino

Una prima emissione per 21 milioni di euro lancia l’iniziativa dei basket bond di filiera, nata per sostenere i settori di punta dell’economia italiana grazie all’azione congiunta di Unicredit e Cassa Depositi e Prestiti. A inaugurare questo strumento tre importanti Cantine.

In tempi in cui è imperativo sostenere le imprese italiane sane e dare una spinta alla nostra economia verso la ripartenza è importante trovare nuove formule di finanziamento, rapide ed efficaci. Un esempio sono i basket bond di filiera, programma da 200 milioni di euro complessivi lanciato in tandem da Cassa Depositi e Prestiti e da UniCredit, in cui riveste un ruolo da protagonista anche il mondo del vino.

La prima emissione di questi minibond, a tasso fisso e della durata di 7 anni, riguarda infatti tre aziende vinicole: Feudi di San Gregorio, Masi Agricola e Pasqua Vigneti e Cantine, e ammonta a 21 milioni di euro complessivi. Abbiamo chiesto ad Alessandro Mallo, Co-Head DCM Mid Market Italy di UniCredit, di spiegarci i particolari di questa operazione.

Investitori istituzionali

«L’iniziativa», ha detto Mallo a Civiltà del bere, «è nata dell’ambito della  lettera di intenti, firmata nel luglio 2020 da UniCredit e da Cassa Depositi e Prestiti allo scopo di supportare le imprese italiane con strumenti di finanza alternativa».
I “basket bond” di filiera sono uno strumento nato proprio con questo scopo e consistono nell’emissione contestuale, da parte di più società, di minibond con caratteristiche simili.
«I “basket bond”, dice Mallo, sono portafogli di minibond per i quali si crea un veicolo (SPV) che li sottoscrive  e che poi emette una nota (titolo ABS) a sua volta acquisita da investitori istituzionali. Quelli di filiera hanno caratteristiche leggermente diverse, più specifiche, perché nascono per sostenere determinati settori dell’economia italiana. Gli emittenti devono quindi appartenere tutti allo stesso settore». 

Basket bond di filiera
Alessandro Mallo, Co-Head DCM Mid Market Italy di UniCredit

I dettagli dell’accordo

Nel caso dell’accordo citato, Unicredit sottoscrive direttamente il 50% dei minibond emessi, mentre Cassa Depositi e Prestiti compra l’altro 50% dal veicolo appositamente costituito. «Al di là dei tecnicismi, però», semplifica Mallo, «la sostanza è che due investitori istituzionali, Unicredit e Cassa Depositi e Prestiti, sottoscrivono la totalità dei minibond emessi».

Una nuova strada per finanziare le imprese

Ma che cosa sono i minibond? Non esiste una definizione precisa. «Nel mercato finanziario», spiega Mallo, «si intende con questo termine l’emissione di prestiti obbligazionari fino a 50 milioni, con durata da 3 a 7 anni, che possono essere o non essere quotati (e, se quotati, in mercati comunque non accessibili a investitori retail, in Italia ad esempio, l’ExtraMot PRO). Il “basket bond”, riunendo più emittenti consente di mitigare il rischio di credito e di raggiungere una massa critica interessante anche per investitori istituzionali, che abitualmente non entrano in contatto con piccole società o per piccoli tagli». È quindi una soluzione che apre le operazioni di capital market delle piccole e medie imprese ai grandi operatori.

Perché partire dal vino?

Perché è stato scelto il vino come settore per avviare i basket bond di filiera? «L’obiettivo di questi strumenti», dice ancora Mallo, «è finanziare i piani di sviluppo in Italia e all’estero delle aziende di settori strategici dell’economia italiana. E la filiera del vino rappresenta uno dei settori di eccellenza del made in Italy nel mondo. L’idea è consentire alle aziende vitivinicole di accedere a una forma di finanza complementare al canale bancario, che porta con sé anche un’importante generazione di valore. Insomma, con il vino abbiamo voluto partire da un prodotto di eccellenza».

Sostegno di medio periodo

L’investitore privato, però, non ha accesso a questi strumenti. Non li troverà mai all’interno di fondi di investimento o simili. «Queste emissioni», spiega Mallo, «sono concepite per rimanere a lungo nel portafoglio degli investitori istituzionali e si configurano quindi come un intervento a tutti gli effetti di supporto alla crescita delle aziende». In particolare si sa già che, grazie ai basket bond di filiera, Feudi di San Gregorio investirà in particolare nel potenziamento produttivo di Dubl, il suo spumante Metodo Classico; Masi Agricola supporterà i piani di investimento dei prossimi esercizi, ottimizzando al contempo  la struttura di Fonti e Impieghi, mentre Pasqua Vigneti e Cantine utilizzerà i finanziamenti ottenuti per potenziare il patrimonio vitivinicolo e tecnologico, ma anche per irrobustire la presenza sul canale distributivo in Italia e all’estero.

Si tratta di tre importanti piani di sviluppo, proiettati sul medio termine, che trovano in uno strumento finanziario di questo tipo un supporto in grado di garantire un respiro più esteso rispetto a quello del finanziamento bancario, che in media ha invece un orizzonte intorno ai 3 o 4 anni.

Vantaggi per le imprese

Quali sono, per le imprese, i vantaggi di questa forma di sostegno, rispetto ad altri canali di finanziamento? «Sono sostanzialmente tre», conclude Alessandro Mallo. «Consente l’accesso a una forma di finanziamento complementare a quello bancario, ha una durata maggiore e garantisce un ritorno di visibilità che si esplica in due direzioni: il ritorno mediatico che si ha al momento di queste emissioni ma anche il messaggio di solidità che l’azienda comunica al mercato».

Le credenziali richieste alle imprese per averne diritto

Soltanto imprese con  determinati presupposti, infatti, possono accedere a questi strumenti. Devono avere un bilancio certificato, una dotazione minima di capitale e altre caratteristiche riconosciute dagli operatori di settore. «Al punto che», chiosa infine Mallo, «imprese che hanno usufruito in passato di questi strumenti godono anche in seguito del loro ritorno positivo, in termini di facilità di rapporti con fornitori, clienti, terze parti o nuovi investitori. L’ingresso di investitori istituzionali nel finanziamento di piani di sviluppo dà infatti anche una maggiore garanzia a tutti gli operatori che poi si ritrovano a lavorare con quella controparte».

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© Riproduzione riservata - 02/05/2021

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