Annate storiche: Terredora, virtù di una raccolta tardiva
Terredora (www.terredora.com), 200 ettari vitati di proprietà, è fra le più importanti realtà viticole campane, custode di una delle più interessanti raccolte di materiale genetico di Greco, Fiano e Aglianico. I vigneti sono allevati a Guyot, su irti pendii argilloso-calcarei, ben esposti, baciati da un clima caldo, asciutto, ventilato, con scarse piogge distribuite nell’arco dell’anno e significative escursioni termiche. La cantina è a 650 metri sul livello del mare, nello scenario di Serra di Montefusco; i vitigni qui coltivati sono ancora le antichissime varietà piantate da Greci e Romani. L’assenza di piane o basse colline bruciate dal sole, in Irpinia sostituite dalla freschezza dei boschi e da alti rilievi lussureggianti cosparsi di vigenti, influenzano non poco la complessità dei vini di questo aerale e in particolare quelli di Terredora.
FIANO E GRECO, BIANCHI LONGEVI – Chiediamo a Daniela Mastroberardino perché si impegni nella produzione di bianchi longevi invece di concentrarsi su vini più semplici e beverini. «La costanza da parte nostra di puntare su bianchi capaci di maturare virtuosamente nel tempo, risponde a una precisa filosofia aziendale: interpretare – autenticamente – terroir e vitigni. Fiano e Greco in particolare, dimostrano delle doti evolutive decisamente interessanti, mostrando una longevità che costituisce una delle chiavi di lettura del loro successo sui mercati internazionali». La cantina dispone di uno storico dei vini di maggior tenuta. «Li usiamo sia per organizzare delle verticali con giornalisti, sia per porre in essere degli eventi che hanno come focus i bianchi maturi e sono destinati a un pubblico selezionato, così da far scoprire ai consumatori più attenti il valore di queste produzioni».
IL CAMPORE – Continua Daniela: «Lo stesso progetto del Fiano di Avellino Campore nasce da questo concetto di base, non essendo un vino posto in commercio, come gli altri bianchi, la primavera successiva alla vendemmia. Si tratta di una raccolta tardiva, frutto di un cru, fermentata in barrique e affinata parte in piccoli fusti e parte in acciaio per almeno 6 mesi, così da esaltare e accelerare la naturale evoluzione di quella complessità che da anni la maggior parte dei critici riconosce nel Fiano di Avellino. Al momento le annate migliori del Campore sinora prodotte ritengo siano la 2008, armonica ed elegante, la strepitosa 2009, ricca di profumi e struttura, di grande longevità potenziale, e l’ancora giovane 2010, molto fine, che ha un ottimo avvenire davanti a sé».
Tag: Campore, Daniela Mastroberardino, Terredora© Riproduzione riservata - 04/12/2012