Due chiacchiere con Andreas Kofler, neo presidente Consorzio Vini Alto Adige
Mercato interno, export, sostenibilità ambientale, Agenda 2030, denominazioni geografiche aggiuntive. Il nuovo presidente del Consorzio Vini Alto Adige Andreas Kofler ci racconta gli obiettivi del suo mandato e i progetti consortili per superare la crisi e accrescere l’immagine del vino altoatesino.
Nei giorni scorsi il Consorzio Vini Alto Adige ha eletto il suo nuovo presidente: Andreas Kofler. Classe 1983, sudtirolese di Cortaccia, Kofler è membro del Cda del Consorzio da sei anni. Da sette presiede la Cantina Kurtatsch, carica che ha assunto poco più che trentenne, aggiudicandosi la “fascia” di presidente più giovane della storia delle Cantine sociali altoatesine. Frutticoltore e viticoltore, è anche docente alla scuola professionale di Laimburg e per tre anni è stato presidente del Consorzio delle Cantine sociali altoatesine (che insieme valgono il 74% della produzione provinciale). Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per fargli qualche domanda sul suo nuovo, importante incarico.
Quali sono, in sintesi, i principali obiettivi del suo mandato?
Il primo impegno riguarda sicuramente il superamento della crisi. La nostra volontà è quella di rendere – oggi ancora più di ieri – la realtà del Consorzio una vera e propria piattaforma centrale per tutti coloro che hanno un ruolo nella viticoltura e nel settore vinicolo altoatesino. Cantine cooperative, tenute, vignaioli indipendenti e grandi aziende: tutti devono poter trovare nel Consorzio un interlocutore di riferimento per affrontare in modo corale e sinergico la particolare situazione che stiamo vivendo.
Come intendete concretizzare questa “centralizzazione”?
Come Consorzio abbiamo già pianificato fino ad aprile tutta una serie di attività di promozione volte a supportare sia la visibilità delle Cantine socie sia il territorio dell’Alto Adige. Un mix di attività digital, da portare avanti a distanza e che, speriamo, verranno presto affiancate da iniziative in presenza dove tornare a dialogare vis a vis con i nostri interlocutori. In questo momento riteniamo fondamentale supportare quanto più possibile la distribuzione e le vendite. Ma anche ridefinire con ancor maggior chiarezza l’identità dei vini altoatesini, oltre che consolidare il nostro ruolo di produttori al vertice delle regioni vitivinicole di qualità.
Restando sul tema delle vendite, qual è il bilancio per il 2020?
Vendiamo il 40% dei nostri vini a livello regionale, da sempre sinonimo di stabilità e garanzia. La crisi ci ha dimostrato che questa situazione può risultare rischiosa. Il blocco della stagione invernale e la chiusura forzata di quelli che sono i nostri principali partner, ristoranti e hotel, ha creato delle difficoltà per le Cantine, con una contrazione delle vendite. Anche la chiusura della Germania e in generale dei mercati esteri ha avuto evidenti ripercussioni.
E per il 2021, quali sono le prospettive?
Siamo fiduciosi nella ripresa. Abbiamo visto come, anche dopo il primo lockdown, i mesi di giugno, luglio e agosto hanno registrato un buon andamento. Molte persone si sono avvicinate alla montagna e ai nostri vini, a conferma che gli italiani hanno con l’Alto Adige e i suoi prodotti un legame importante, di fiducia. E, appena hanno potuto, hanno onorato e valorizzato questo legame, tornando nel nostro territorio, bevendo e acquistando i nostri vini. Auspichiamo che questa sia la direzione verso cui si potrà tornare al più presto. Sicuramente sarà importante mettere in campo azioni e attività che potenzino le vendite su tutto il territorio nazionale e internazionale. La crisi ha dato prova di quanto le nostre aziende abbiano saputo lavorare bene negli ultimi 30 anni. Ha dimostrato la loro solidità e capacità di affrontare le ripercussioni di questo momento così complesso.
C’è un ultimo tema imprescindibile, quello della sostenibilità ambientale.
Ciò che oggi emerge con sempre maggior evidenza è che parlare di qualità dei vini altoatesini legati al territorio di appartenenza sta diventando sempre più una questione etica. Nel 2020 il Consorzio Vini Alto Adige – in un’azione congiunta con il Centro di consulenza per la fruttiviticoltura, il Centro sperimentale agricolo di Laimburg, l’Accademia europea di Bolzano, la Libera Università di Bolzano e Alfred Strigl, esperto di sostenibilità – ha elaborato l’Agenda 2030. Si tratta di un piano d’interventi per il futuro della nostra produzione vitivinicola. Abbiamo deciso di imboccare con convinzione questa strada, che nei prossimi anni ci porterà verso un futuro sostenibile, attuando degli interventi coraggiosi in cinque ambiti fondamentali. Suolo, vigneti, vino, territorio e società. Tutto questo nell’intento primario di consegnare intatte alle prossime generazioni l’attuale produzione vitivinicola e le risorse naturali da cui dipende.
Quali gli interventi nello specifico?
Promozione di una concimazione esclusivamente organica e sostituzione dei materiali sintetici monouso con materiali biodegradabili. Rilevazione, documentazione e ottimizzazione del consumo delle risorse idriche. Divieto di utilizzo degli erbicidi sintetici; lotta alle emissioni di anidride carbonica (CO2) prodotte dal settore vitivinicolo. Questi sono solo alcuni dei provvedimenti su cui stiamo lavorando.
E riguardo alle delimitazioni territoriali della Doc, di cui si parla ormai da un po’?
L’iter ha subito dei rallentamenti a causa della pandemia. Siamo quindi in attesa delle risposte da parte del Ministero. Sono certo che il progetto della nuova zonazione delle denominazioni geografiche aggiuntive saprà dare, una volta attuato, ancor più personalità al nostro territorio e di conseguenza ai nostri vini e rappresenterà un grande sviluppo per i prossimi anni.
Tag: Andreas Kofler, Ato Adige Doc, Consorzio Vini Alto Adige© Riproduzione riservata - 15/01/2021