In Italia In Italia Jessica Bordoni

Alto Adige Wine Summit: l’armonia è nei contrasti

Alto Adige Wine Summit: l’armonia è nei contrasti

L’evento biennale ha fatto il punto sulla sfaccettata produzione locale e sulle prospettive future. Al centro del dibattito l’aumento delle temperature e la scelta oculata del binomio uva-terreno. Il progetto di mappatura dei singoli vigneti promosso dal Consorzio.

“Ciò che è opposizione si concilia e dalle cose differenti nasce l’armonia più bella”. La dottrina dei contrasti di Eraclito, tra i maggiori filosofi presocratici, è utile a comprendere il successo enologico dell’Alto Adige, terra eterogenea sotto molti punti di vista, a cominciare da quello altimetrico, con vigneti dislocati tra i 200 e i 1000 metri sul livello del mare.

Varietà di suoli e climi

Estremamente varia è poi la composizione geologica dei terreni (si contano oltre 150 rocce madri), senza dimenticare le differenze climatiche, dove le correnti alpine incontrano gli influssi mediterranei. E, ancora, gli sbalzi di temperatura e le forti escursioni termiche giorno-notte, che regalano ai bianchi ma anche ai rossi la ricchezza aromatica e la freschezza che li ha resi celebri.
Di tutto questo e di molto altro si è parlato durante la seconda edizione dell’Alto Adige Wine Summit, l’evento biennale organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige dal 5 all’8 settembre, che ha riunito a Bolzano oltre 150 giornalisti ed esperti di settore provenienti da 16 Paesi. In particolare il convegno “Contrast meets harmony”, di scena il 6 settembre presso l’auditorium del polo tecnologico Noi Techpark, ha fatto il punto sullo stato dell’arte della produzione altoatesina, evidenziando scenari e prospettive future.

L’aumento delle temperature

Il primo a prendere la parola è stato Georg Niedrist, ricercatore dell’Istituto per l’ambiente alpino Eurac Research di Bolzano. La sua relazione dal titolo “Estremo normale, il clima e i cambiamenti climatici nella viticoltura dell’Alto Adige” ha evidenziato la molteplicità di microclimi molto differenti nell’arco di pochi chilometri di distanza. «In generale, il clima estivo è secco e le precipitazioni annue vanno dai 500 agli 800 millimetri, ma va detto che in Alto Adige c’è la stessa varietà di irraggiamento che esiste tra l’Inghilterra meridionale e le zone più torride della Spagna. In un territorio di dimensioni molto contenute, quindi, si trova un gradiente termico estremamente elevato».

Cosa ci si aspetta dal futuro?

E in futuro? «I cambiamenti climatici previsti sono già in parte ben evidenti. Rispetto agli anni Sessanta, sull’arco alpino la temperatura si è alzata di 1,5 °C e le previsioni parlano di un ulteriore aumento, compreso tra i 2,5 e i 5 °C entro il 2100. I maggiori timori per gli anni a venire sono sicuramente la siccità e il caldo torrido (ai quali si può far fronte con una oculata gestione delle risorse idriche), ma anche grandinate e gelate tardive, più complesse da gestire e arginare. Tale scenario va osservato e monitorato con estrema attenzione, consci però della presenza in Alto Adige di un potenziale punto di forza, ovvero la possibilità di spostare gradualmente la coltivazione dei vitigni tradizionali verso quote più elevate».

Tre macrotipologie di terreno

Molto seguito anche l’intervento “Un mosaico complesso: la geografia e la geologia dell’Alto Adige” di Carlo Ferretti, ricercatore di GIR – Geo Identity Research di Bolzano.
«Il territorio è perlopiù montuoso e solo il 14% della superficie si colloca al di sotto dei 1000 metri. L’area vitata, pari allo 0,6%, rappresenta un’autentica isola climatica, con rocce di differente natura, che favoriscono ambienti eterogenei. A nord prevalgono le rocce metamorfiche, al centro quelle di origine vulcanica e a sud le dolomitiche. A questo schema si aggiunge la zona compresa tra Termeno, Ora, Cortaccia e la Bassa Altoatesina, che comprende un mix di differenti strati. L’Alto Adige conta circa 26.000 vigneti estremamente dispersi, che in alcuni casi raggiungono i 1140 metri, con quote, esposizioni al sole, orientamenti e pendenze differenti. Ne consegue come ogni singolo vigneto possiede un valore microclimatico a sé stante, che chiama il viticoltore a scelte profondamente legate al terroir».

Le uve a bianche rappresentano il 60% della produzione complessiva, i rossi si fermano al 40%. Le vendite in Alto Adige occupano il 35% delle quote, mentre il resto d’Italia assorbe il 41%. Germania e Usa guidano l’export

A ogni uva la sua altezza

Durante il dibattito a fine convegno sono intervenuti alcuni produttori ed esperti di viticoltura altoatesina. Andreas Kofler della Cantina di Cortaccia ha sottolineato come oggi la produzione si trovi ad un bivio. «Negli ultimi 20-30 anni abbiamo percorso molta strada a grande velocità. Ora è tempo di tirare un po’ i freni per fermarci a riflettere sul presente.
I cambiamenti climatici ci impongono degli adeguamenti in vigna, che in parte stiamo già mettendo in atto, ad esempio posizionando le diverse varietà ad altezze differenti, cercando con attenzione la migliore corrispondenza tra uva e terreno». Barbara Raifer del Centro sperimentale di Laimburg racconta il grande lavoro di ricerca sulle singole vigne in relazione al tipo di cultivar, clima e terreno: «Le altitudini sono destinate ad aumentare, ma va detto che sopra i 1100 metri la qualità dell’aria è diversa e diventa più difficile allevare la vigna anche per il maggiore ombreggiamento, che rischia di non garantire la quantità sufficiente di calore».

Gli studi promossi dal Consorzio

La messa a dimora delle varietà piwi, più resistenti rispetto a quelle tradizionali, può rivelarsi una soluzione? Il dibattito è in corso, ma per ora non sembra una via percorribile, se non su piccola scala. Lo dimostrano anche i numeri dell’Anteprima del Wine Summit: tra i 205 campioni non ancora in commercio degustati in preview, c’era soltanto un Solaris.
La conclusione del dibattito è affidata a Maximilian Niedermayr, presidente del Consorzio Vini Alto Adige. «Recentemente abbiamo deciso di intraprendere un’iniziativa importante: un attento lavoro di zonazione ha portato alla mappatura di 86 aree maggiormente vocate che hanno caratteristiche distintive in Alto Adige. Ma non ci accontentiamo di questo: intendiamo compiere un ulteriore passo in avanti per fornire ai nostri associati, oltre 200 Cantine, anche indicazioni sui microclimi e sui terreni più adeguati ad allevare un determinato vitigno. La tendenza che vogliamo perseguire è infatti quella di contrastare l’assemblaggio e ridurre ulteriormente la resa per ettaro nell’ottica di aumentare la qualità del prodotto finale».

I nostri assaggi in anteprima

Kettmeir – Santa Margherita Gruppo Vinicolo
Maso Reiner, Alto Adige Chardonnay Doc 2018

Lo storico Maso è situato a Pochi di Salorno, tra i 350 e i 400 metri. I terreni calcarei sono ricchi di argilla, scheletro e sostanze organiche. Fermentazione in barrique di rovere francese dove il vino resta 11 mesi sulle proprie fecce. Bouquet di frutta esotica, miele e vaniglia. Al sorso è pieno, dinamico, con un leggero retrogusto speziato.

Tiefenbrunner
Feldmarschall von Fenner, Alto Adige Müller Thurgau Doc 2018

Il vigneto si trova a 1000 metri sull’altipiano di Favogna. A nord, il massiccio della Parete Rossa lo protegge dai venti. Il suolo è ricco di sabbia con limo e argilla, marmo, porfido, granito e dolomia. Nel calice un bianco dal caratteristico bouquet di fiori bianchi, pesca, albicocca, accenni erbacei. In bocca un’acidità vibrante che preannuncia un’intrigante evoluzione.

Cantina Colterenzio
Lafóa, Alto Adige Sauvignon blanc Doc 2018

La linea Lafóa segna l’inizio della rivoluzione qualitativa della Cantina. Terreni sabbiosi e ghiaiosi. Fermentazione per il 50% in acciaio, il resto in barrique (con malolattica svolta). Otto mesi sui lieviti, poi assemblaggio. Bagaglio di profumi che ricordano il sambuco, i fiori di acacia, la salvia e la tostatura. In bocca la struttura fa da contraltare a una freschezza ricercata.
Cantina Terlano
Vorberg, Alto Adige Pinot bianco Riserva Doc 2017
Le vigne, tra i 450 e i 900 metri, si trovano nel territorio di Terlano, sul versante meridionale del Monzoccolo. Fermentazione in botti di rovere da 30 ettolitri, malolattica e affinamento di 12 mesi in legno grande. Un Pinot bianco intenso, di bella struttura, con note agrumate, di mela cotogna, gelsomino e grafite. Mineralità in primo piano.

Pfannenstielhof
Alto Adige S. Maddalena Classico Doc 2018

95% Schiava e 5% Lagrein entrambi allevati a pergola nella zona classica di S. Maddalena, a 280 metri di altezza, con terreni composti da porfido e dolomia. Fermentazione con macerazione di 10 giorni a temperatura controllata in acciaio. Dopo la malolattica il vino sosta qualche mese in acciaio. Naso intensamente fruttato, bocca armonica con tannini vellutati.

Cantina Produttori San Michele Appiano
The Wine Collection, Alto Adige Pinot nero Riserva Doc 2015

Il primo rosso di una linea per collezionisti, come suggerisce il nome, frutto di una lunga ricerca del direttore di cantina Hans Terzer. Le vigne si trovano ad Appiano Monte e Rungg, ricche di argilla e calcare. Fermentazione in acciaio, lunga sosta in barrique, tonneau e botti. Naso sensuale di frutti di bosco, viola, tabacco e cacao. Il tannino è fine, il sorso equilibrato.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2019 . Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 08/10/2019

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