Alla scoperta della vigna centenaria di Faedis
Con quasi 130 anni d’età e 29 varietà coltivate, è tra le più antiche della regione Friuli Venezia Giulia. Gestita oggi come allora, è un patrimonio da conservare e un’importante fonte per gli studi genetici. Da qui è stato omologato e diffuso il clone di Refosco di Faedis.
Nel nostro mestiere capita di raccontare, non così spesso come vorremmo, storie dove l’orgoglio per il proprio territorio e le tradizioni centenarie si intrecciano con la passione per la ricerca scientifica e lo spirito di collaborazione tra famiglie di viticoltori. Quella delle vigne di Faedis è una di queste. La storia comincia ai piedi delle colline coltivate a vigneto, proprio dove inizia la verde pianura friulana, a nord-est di Udine, dove si trova la terra dell’antico Refosco di Faedis, ricca di boschi e di acque incontaminate. Qui, nella zona di Collevillano a Faedis, comune dove abitano meno di 3.000 persone, la famiglia Zani nel 1896 impianta un vigneto in un fazzoletto di terra di 6.000 mq, «un’estensione considerata importante per l’epoca», spiega Carlo Petrussi, agronomo studioso ed esperto di storia dei vigneti regionali.
Tutto iniziò nel 1984
Facciamo ora un salto in avanti al 1984, quando durante una lezione di Petrussi sulle vecchie viti all’istituto agrario, un allievo del primo anno alza la mano e racconta che il suo bisnonno Cesare aveva impiantato un vigneto mantenuto negli anni inalterato dalla sua famiglia e ora quasi centenario, il Cuelvilan. Si tratta di Claudio Zani, quarta generazione oggi alla guida dell’azienda Zani Elvio. Il giorno successivo Petrussi si reca sul posto e rimane meravigliato davanti a una vigna che lui stesso definisce un “museo vivente” e che rappresenta uno spaccato della viticoltura friulana di tradizione centenaria.
Qui si coltivano almeno 24 vitigni friulani e non, oggi arrivati a 29 (gli ultimi ingressi sono Pignolo e Tazzelenghe). Questa grande varietà può essere spiegata dal fatto che un tempo molti degli emigranti locali facendo ritorno al paese nativo portavano con sé i vitigni tipici dei luoghi dove erano andati a cercare miglior sorte e li piantavano, andando ad arricchire l’eterogeneità genetica dei vitigni.
Il vigneto storico
Il vigneto è in pianura, posizionato su un substrato alluvionale su terreno franco argilloso, al di sotto delle colline e vicino a un torrente. Le trincee per la messa a dimora delle viti sono state scavate a mano a una profondità di 80 cm. Questo ha permesso un ampio sviluppo dell’apparato radicale e un’alta resistenza agli stress idrici. Le rese arrivano 80-90 q/ha anche oggi che le piante hanno quasi 130 anni d’età. Il sistema di allevamento è il classico sistema friulano del capovolto con le viti si allungano sul filare con numerose contorsioni del fusto. «Questo perché in passato la vite veniva rispettata e seguita nella sua crescita», racconta Claudio Zani, «per cui il viticoltore, piuttosto che infierire con tagli importanti, la piegava e la riportava a terra. Anche quando le piante morivano, si interrava il tralcio senza staccarlo dalla pianta madre, onde stimolare l’emissione di radici».
La struttura di sostegno è formata da pali di acacia e castagno, che sono i legni che si trovano nei boschi del territorio. I 4 metri di distanza tra i filari erano funzionali all’uso, diffusissimo un tempo, di sfruttare l’erba nei vigneti per l’alimentazione degli animali.
La lavorazione e gli studi
«Oggi lavoriamo nel vigneto storico come allora, utilizzando solo gli accorgimenti che la tecnologia moderna ci permette», interviene Niccolò Zani, figlio di Claudio e studente alla facoltà di Enologia. «Per esempio non entriamo in vigneto con macchinari pesanti, ma usiamo il decespugliatore e non la falce per tagliare l’erba. Le legature si effettuano ancora in vimini. Le fallanze si sostituiscono con viti che abbiano una particolare valenza genetica per il territorio. La volontà è creare una vera e propria banca genetica e di biodiversità».
«Il valore culturale di questo antico vigneto risiede anche nel lavoro che il vignaiolo ha effettuato in questi 130 anni», dice Petrussi, «oltre che nell’importanza del materiale genetico che vi è custodito. Qui sono presenti dei ceppi “unici”, cioè piante con Dna autonomo non presenti su altri territori. E questo grazie al fatto che un tempo in Friuli c’era scarsa produzione viticola e ognuno innestava le viti che voleva in casa propria. Così si recuperavano le viti antiche. Dal 2000, come Crea-Vit di Conegliano, portiamo avanti uno screening per ricercare antichi vitigni friulani e materiale geneticamente valido per la viticoltura attuale». C’è, per esempio, un ceppo di Vulpea, antica varietà proveniente dalla Romania, che gli studi hanno dimostrato essere la madre della Glera e dello Schioppettino di Prepotto. Sono stati individuati e recuperati il Verduzzo biotipo giallo e il Refosco di Faedis. Quest’ultimo, nel 1988, è stato anche omologato come clone VCR5 dai Vivai cooperativi di Rauscedo e dall’Ersa (Agenzia regionale per lo sviluppo rurale del Friuli Venezia Giulia).
L’associazione che riunisce 10 Cantine
Da qui è partito un altro progetto: il clone VCR5 viene diffuso e distribuito ad altre famiglie e nel 1998 nasce l’Associazione volontaria tra i viticoltori del Refosco di Faedis che riunisce 10 Cantine. Inizia un lavoro di valorizzazione che mira a una crescita qualitativa dei prodotti e al riconoscimento ufficiale della varietà. Nel 2011 nasce la sottozona Refosco di Faedis della Doc Friuli Colli Orientali, che definisce l’area di produzione nel territorio dei comuni in provincia di Udine di Faedis, Attimis, Nimis, Povoletto, Tarcento e Torreano. Le Cantine associate producono due Refosco di Faedis. Un’Etichetta bianca per una versione più giovane e di maggior bevibilità, che affina in acciaio per 12 mesi. E una riserva Etichetta nera che matura in botti da 10 ettolitri per almeno 24 mesi. Non importa chi produca il vino, l’etichetta rimane identica per tutte le Cantine con il simbolo regionale dell’aquila. Per mantenere la stessa linea identitaria e uno standard qualitativo alto, l’associazione organizza degustazioni annuali alla cieca, guidate dall’enologo Emilio Del Medico, per selezionare i vini che possono ambire a queste due etichette.
Le 29 varietà
Varietà base
Refosco di Faedis (presente al 60%), Carménère, Merlot, Tocai (Friulano), Verduzzo giallo, Verduzzo verde.
Viti sparse
Aghedene, Barzamino, Cabernet Sauvignon, Corbeau noir, Franconia, Isabella nera, Nigrut, Picolit bianco, Picolit nero, Pignolo, Refosco dal peduncolo rosso, Ribolla gialla, Siora, Spaccabotti, Tazzelenghe, Vinoso bianco, Vinoso nero, Vulpea, cui si aggiungono alcuni vitigni anonimi che altrove sono scomparsi.
Foto di apertura: per dar vita a una nuova pianta si interrava il tralcio stimolando l’emissione di radici
Tag: Elvio Zani, Refosco di Faedis, Vecchie Vigne, Vivai Cooperativi Rauscedo© Riproduzione riservata - 14/08/2024