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Addio a Piero Pittaro, decano dei viticoltori friulani

Addio a Piero Pittaro, decano dei viticoltori friulani

L’enologo e produttore si è spento all’età di 89 anni. La sua figura, pionieristica e poliedrica, ha fatto la storia del vino regionale e non solo. Tra le prestigiose cariche ricoperte, infatti, ci sono quella di presidente di Assoenologi, dell’Union Internationale des Oenologues e dell’Ersa (quando ancora non si chiamava così). Il nostro ricordo.

«Vi saluto cordialmente, amicalmente e vi stringo la mano. Mandi». Con queste parole Piero Pittaro ha voluto venisse annunciata la sua dipartita. L’ultima parola, in lingua friulana, è un saluto quasi intraducibile. Vale come arrivederci, ciao, addio. L’etimo più accreditato lo fa derivare da mi racomandi (mi raccomando), ma a molti – me compreso –  piace pensare ad una derivazione dal latino “mane diu” (“vivi a lungo”).
Vivrà certamente a lungo, nel cuore dei friulani e non solo, il ricordo di Sior Pieri, che se n’è andato domenica 24 marzo, per complicazioni sopraggiunte dopo un intervento al cuore. Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 17 settembre. Vivrà a lungo perchè è stato un protagonista di spicco del “rinascimento” dell’enologia italiana e friulana in particolare.

Codroipo e il valore delle radici friulane

Con un pizzico di autoironia, si definiva «un semplice contadino di Codroipo”. Ma poi raccontava – documenti alla mano – che nei primi anni ’50 suo padre ricevette un premio per essere la famiglia Pittaro «nella stessa casa e sugli stessi terreni, a san Martino di Codroipo, da 450 anni”. Come dire, al giro di boa del nuovo secolo, poter vantare oltre cinque secoli di “nobiltà contadina“. Radici profonde, che insieme all’autorità paterna (Pietro era l’ultimo di sei figli, tre maschi e tre femmine) hanno avuto un ruolo determinante per fare di Piero Pittaro un enologo e uno dei personaggi più rappresentativi dell’enologia italiana.
La sua passione era la musica (l’amore per il mondo dell’opera lirica lo avrebbe accompagnato tutta la vita) ma suo padre disapprovava. Così dopo le scuole medie a Valvasone con Pier Paolo Pasolini e aver toccato con mano quanto fosse dura la vita dell’agricoltore, capisce che se doveva restare sui campi, tanto valeva studiare.

Dal diploma alla direzione della Cantina del Friuli Centrale

Nel 1956 si diploma enotecnico alla Scuola di Conegliano; l’anno seguente compie il servizio di leva (ufficiale degli alpini, anzi: artiglieria da montagna). A Tolmezzo,  dove conclude la sua naja, svolge il suo primo incarico di enotecnico, nella cantina della Cooperativa Carnica. Quando, nel 1960, nasce a Bertiolo (e lui è tra i fondatori) la Cantina del Friuli Centrale (oggi Cabert), Piero Pittaro ne diviene il direttore. Lascerà l’incarico solo nel 1978, per dedicarsi alla sua azienda di famiglia, ubicata a Rivolto di fronte alla base delle Pattuglia Acrobatica Nazionale “Frecce Tricolori”, da allora suoi vicini di casa e amici affezionati.
Insieme a Girolamo Dorigo (anche lui “andato avanti” lo scorso anno) e a pochi altri, Pittaro intuisce con almeno 30 anni di anticipo le potenzialità dello spumante Metodo Classico, per il quale la sua azienda oggi è giustamente apprezzata.

Una lunga e brillante carriera

Senza trascurare la sua Cantina, trova il tempo per dedicarsi alla collettività. Dal 1978 al 1983 sarà sindaco di Bertiolo, comunità alla quale resterà sempre legato e che lo scorso anno – nel corso della 73ma Festa del Vino – gli ha conferito la cittadinanza onoraria. E si dedica con entusiasmo e intelligenza all’Assoenologi (allora si chiamava Associazione Enotecnici Italiani): socio fondatore e presidente (dal 1975 al 1987) della sezione friulana, presidente nazionale dal 1987 al 1996 (sue le prime battaglie per il riconoscimento del titolo di enologo). Nel 1997 diventa presidente mondiale della Union Internationale des Oenologues, della quale nel 1999 diventerà presidente onorario. Ma non trascura neppure la “sua” terra: dal 1983 al 1993 è anche presidente del Centro Regionale Vitivinicolo del Friuli Venezia Giulia; nasce con lui il “Vigneto chiamato Friuli”, uno slogan fortunato tuttora in uso (e imitato). Tra i titoli che gli sono stati conferiti ricordiamo anche quello di grand’ufficiale della Repubblica Italiana e cavaliere al Merito agricolo della Repubblica Francese, mentre l’impegno nella valorizzazione della cultura friulana all’estero, si è concretizzato nella carica di presidente dell’Ente Friuli nel Mondo dal 2010 al 2015.

Il Museo del vino e le passioni personali

Tra impegni aziendali e non, Piero Pittaro (“un visionario” lo definisce oggi l’enologo Stefano Trinco, il suo più stretto collaboratore da quasi 40 anni) ha trovato anche il tempo per le sue passioni: oltre alla lirica, libri e oggetti rari, con particolare attenzione al mondo del vino. Dei libri è presto detto: la sua è certamente la più completa biblioteca enologica in Regione e forse d’Italia (2 mila volumi). Fiore all’occhiello, una edizione del 1776 della Encyclopedie di Diderot e D’Alambert. Le antigais (Piero chiamava così le antichità, le sue collezioni di oggetti con particolare riferimento al mondo del vino) lo hanno portato a realizzare, all’interno dell’azienda, un Museo che oggi è una testimonianza della sua cultura, intelligenza, amore per il bello e per il mondo del vino. Affascinante la sezione dedicata al vetro, dove si può ripercorrere “dal vivo” la storia della bottiglia da vino da quando è nata (quasi quattro secoli fa) ai giorni nostri. Ma non mancano i calici, i contenitori in ceramica, i “bastoni da vino”…
L’unico, grande rimpianto, è quello di non poter ripetere l’esperienza di una visita guidata da lui, Piero, pronto a raccontare con sorridente arguzia la storia dei pezzi più rari e qualche curiosità. Che peccato… Addio, sior Pieri! Anzi: Mandi!

Alla figlia Patrizia e a tutta la famiglia Pittaro le più sentite condoglianze da parte della redazione di Civiltà del bere.

Foto di apertura: Piero Pittaro in uno scatto del 2015 all’incontro annuale dei Friulani nel Mondo © D. Petrussi – Foto Press

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© Riproduzione riservata - 27/03/2024

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