In Italia In Italia Anita Franzon

Il rapporto suolo-vitigno c’è (ed è complicato)

Il rapporto suolo-vitigno c’è (ed è complicato)

La differenza di composizione di terreno è centrale per la coltivazione della vite e per dar vita a vini identitari. Se ne è parlato al convegno Enovitis in campo, a Montepulciano, con una degustazione comparata per capire come le uve modellano il carattere a seconda di dove sono allevate.

A lungo tempo trascurato dalla comunicazione e dalla ricerca nel campo del vino, è giunto il tempo di dare al suolo la giusta importanza. Lo impongono l’evidenza dei cambiamenti climatici e la crescente esigenza di caratterizzazione dei vini. Per questi motivi, in occasione dell’edizione 2019 di Enovitis in campo, alcuni dei principali esperti italiani di viticoltura ed enologia si sono riuniti a Montepulciano, patria del Vino Nobile, per discutere dello stretto rapporto suolo-vitigno.

Enovitis: due giorni di prove sul campo

L’annuale esposizione organizzata dall’Unione Italiana Vini (Uiv) ha avuto luogo il 20 e 21 giugno tra le colline rigate dagli oltre 200 ettari di vigneti e oliveti della Tenuta Trerose, al confine tra Toscana e Umbria. Quasi 6.000 visitatori hanno partecipato a due giorni di prove sul campo dei macchinari più avanzati e della tecnologia al servizio della viticoltura confermando Enovitis come «punto di riferimento nel panorama fieristico internazionale, oltre che un’occasione importante di formazione, condivisione delle conoscenze e dibattito sui temi caldi del settore», afferma il presidente di UIV Ernesto Abbona. Durante la 14ª edizione della fiera si è svolto, infatti, il convegno organizzato da Il Corriere Vinicolo in collaborazione con il Consorzio Vino Nobile di Montepulciano dal titolo “Terre di frontiera: suolo-vitigno nella sfida della qualità e del cambiamento climatico”.

Un grande vino si produce a partire dalle radici

Per esplorare dal punto di vista scientifico e imprenditoriale le dinamiche che entrano in gioco nel complesso e cruciale rapporto tra vitigno e suolo «non dobbiamo separare la parte aerea della pianta da quella radicale, perché un grande vino si produce partendo dalle radici» ha affermato Attilio Scienza. Il professore dell’Università di Milano ha aperto il dibattito sottolineando come più che di frontiere si dovrebbe parlare di confini, termine che indica condivisione, non separazione. «Inoltre», continua Scienza, «di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico e dalla crescente necessità di caratterizzare i vini per affrontare i mercati globali, si deve dare finalmente spazio al suolo come elemento fondamentale per la qualità».

Il convegno di Enovitis in campo

Portainnesti e resilienza, studi da approfondire

Forti di una serie di nuovi strumenti messi a disposizione dalla ricerca scientifica, per Lucio Brancadoro del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Milano è giunto il tempo di ripensare l’impegno del lavoro in vigna e di approfondire gli studi sui portainnesti e la resilienza, ovvero la capacità di un organismo vivente di adattarsi al cambiamento. Mai come oggi si dovrebbe dare un’adeguata rilevanza ai portainnesti di nuova generazione, ben più performanti rispetto a quelli creati oltre un secolo fa per esigenze molto diverse dalle attuali e incapaci di affrontare i cambiamenti climatici. «Soprattutto dal momento in cui non si può più parlare di variabilità inter-annuale, ovvero da un anno all’altro, ma intra-annuale, cioè all’interno della stessa annata», spiega Diego Tomasi del Centro di Viticoltura ed Enologia CREA.

Dobbiamo fare i conti con il clima che cambia

I fenomeni climatici sono sempre più intensi e imprevedibili e non si potrà più contare sul clima come valore qualitativo. «Il legame suolo-radici sarà l’unica leva per i futuri miglioramenti», continua Tomasi, seguito da Edoardo Costantini dell’Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo di Firenze che ha confermato come il suolo sia un sistema complesso e dinamico, tanto da poter determinare specifiche caratterizzazioni e influenze sui vini. A concludere il dibattito scientifico è intervenuto Riccardo Velasco, Direttore del CREA, che ai recenti cambiamenti climatici e alla sempre crescente sensibilità della popolazione alla riduzione dei prodotti di sintesi, risponde con i vitigni resistenti: una nuova frontiera e un’opportunità che la viticoltura moderna deve verificare.

Carattere dei suoli e analisi organolettica: etichette a confronto

Attraverso una degustazione guidata da Daniele Cernilli (DoctorWine) e Yiannis Karakasis (Master of Wine) a conclusione del convegno, è stato dimostrato come a parità di vitigno, la differenza di suolo sia un aspetto sempre più centrale non solo per la coltivazione della vite, ma anche per dar vita a vini che ne siano l’espressione autentica.

L’Assyrtiko greco fra calcare e vulcano

Il viaggio attraverso 17 etichette è partito dalla Grecia, con due vini ottenuti dall’uva a bacca bianca Assyrtiko: Mylonas, Assyrtiko 2018 di Mylonas Winery e Karamolegos, Assyrtiko 34, Santorini Ancestral Wine 2017 di Artemis Karamolegos, il primo ottenuto da terreni calcarei e rocciosi, il secondo da suoli vulcanici. Mylonas ha profumi agrumati e delicati, al palato è setoso, ma meno strutturato e persistente rispetto al secondo Assyrtiko, che si presenta al naso con piglio deciso, speziato e fruttato: è un vino profondo, intenso, fresco, sapido e corposo.

Sancerre vs Pouilly Fumé

Differenza evidente anche per due Sauvignon Blanc, entrambi dell’azienda Pascal Jolivet: il Sauvage, Sancerre Blanc 2017 da suoli calcarei, si presenta come un Sauvignon classico, con profumi di frutta esotica e note vegetali; Indigene, Pouilly Fumé 2017 mostra, invece, tutta la mineralità e la complessità derivante da terreni silicei.

Bolgheri e Gallura: come cambia il Vermentino

Nonostante vinificazione, stile, altitudine e clima simili, il Vermentino Grattamacco, Bolgheri Vermentino Doc 2017 dell’azienda Grattamacco differisce completamente dal Capichera Classico, Isola dei Nuraghi Igt 2016 di Capichera. Dalle note acidule e amarognole di agrumi accompagnate dalla pietra focaia del primo, si passa ai profumi meno estremi, floreali e di erbe aromatiche del Vermentino sardo. È il terreno che cambia: a Bolgheri si trovano suoli calcareo-marnosi, mentre in Gallura il suolo è granitico.

Matelica vs Jesi

Chiude la carrellata dei bianchi il paragone tra due vini marchigiani: il Colle Stefano, Verdicchio di Matelica Doc 2016 di Colle Stefano e San Sisto, Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Docg 2016, Tenute San Sisto. A variare, in questo caso, non sono solo i terreni, ma anche i territori. Matelica è una zona più protetta e il vino si presenta più diretto, fresco e sapido; nell’area dei Castelli di Jesi, invece, l’influsso marino è più forte.

Il Pinot nero in Borgogna

Sui vini rossi le differenze si fanno forse più sottili, ma comunque percepibili, come tra il Taillepieds, Volnay 1er Cru 2016 di Domaine François Buffet e il Pommar Appellation Village 2016 di Camille Giroud. Il Pinot nero è un vitigno capace di registrare le differenze di terreni, nel primo caso argillosi, nel secondo calcarei: ne risentono principalmente l’eleganza e il frutto.

Syrah tra Vecchio e Nuovo Mondo

Anche il Syrah cambia a seconda dei suoli, che quando in California sono calcarei-marini sedimentari e vulcanici danno vita a vini intensi e balsamici come Sawyer Lindquist, Syrah 2016 di Qupé; mentre in Francia, lungo la Valle del Rodano, i terreni sono ciottolosi e conferiscono grande eleganza ai vini, per esempio a Les Trois Chenes, Crozes-Hermitage 2016 di Emmanuel Darnaud.

Le declinazioni del Sangiovese toscano

In Toscana, dal Chianti Classico al Nobile di Montepulciano, fino al Brunello di Montalcino, si hanno tre espressioni dello stesso vitigno – il Sangiovese – molto differenti, ma ugualmente raffinate. Lo hanno dimostrato il Lilliano, Chianti Classico Riserva Docg 2015 di Tenuta di Lilliano, dove prevale la pietra alberese; il Simposio, Vino Nobile di Montepulciano Riserva Docg 2015 di Trerose, che proviene da vigneti coltivati su argilla e sabbia, mentre le uve per il Poggio al Granchio, Brunello di Montalcino Docg 2013 dell’azienda Val di Suga trovano dimora in una delle zone più elevate della denominazione con suoli ricchi di galestro, che donano al Sangiovese agilità ed eleganza, tannini setosi e grande sapidità.

Elveziano e tortoniano, i due suoli di Langa

Infine il Nebbiolo, re indiscusso di Langa, è tra i vitigni uno dei più abili nel modellare il carattere in base ai terreni, come quelli di tipo elveziano di Serralunga d’Alba, da cui nasce Ornato, Barolo Docg 2014 di Pio Cesare, che colpisce per l’evidente generosità tannica, ma anche per la longevità. Invece, dai suoli di origine tortoniana hanno origine vini come Sarmassa, Barolo Docg 2014 di Marchesi di Barolo: floreale, agile e fresco, meno tannico rispetto al primo Barolo, ma di uguale finezza.

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© Riproduzione riservata - 05/07/2019

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