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Il coronavirus cambierà le aziende: dalla crisi alle opportunità

Il coronavirus cambierà le aziende: dalla crisi alle opportunità

Come cambierà l’economia del vino dopo la pandemia di coronavirus? Gli effetti negativi sono seri, molteplici, globali. Ma non dimentichiamoci di guardare anche l’altro lato della medaglia.

Il documentato intervento di Mike Veseth sulle ricadute negative del coronavirus in termini di wine economy mi induce a una riflessione sui germi di positività che l’attuale situazione introdurrà nei comportamenti delle nostre imprese vitivinicole. Per comprendere appieno il senso e la portata delle considerazioni che intendo svolgere, occorre, necessariamente, passare dalla lettura macroeconomica, a quella microeconomica che meglio evidenzia sia i rischi, che le opportunità per il nostro sistema produttivo, consentendo di guardare, non solo il rovescio, ma anche il dritto della stessa moneta.

crisi e opportunita vino coronavirus

La situazione pre-coronavirus

Per inquadrare più puntualmente il contesto è utile partire dalla situazione pre-virus dell’economia del vino, interessata, negli ultimi trent’anni, da fenomeni che ne hanno profondamente mutato le dinamiche competitive. La manifestazione più significativa di tali fenomeni, sintetizzata in figura, vede in prima fila: la globalizzazione dei mercati, il peso crescente delle economie di scala, la conseguente costituzione di grossi Gruppi internazionali, il ruolo dominante della grande distribuzione, l’irrompere del web marketing, la sempre maggiore esperienza e preparazione dei clienti. Ebbene, la combinazione – talvolta simultanea, talaltra sequenziale – di questi fenomeni ha profondamente inciso sulla struttura dell’offerta. Basti pensare che il numero complessivo di imprese vitivinicole in meno di 10 anni ha subito una riduzione a doppia cifra percentuale, che lo ha portato a poco più di 45.000 unità, lo 0,34% delle quali realizza il 75% del fatturato complessivo di comparto.

Come abbiamo superato la crisi di fine 2008

Va, doverosamente, aggiunto che la ben nota e sofferta crisi, iniziata a fine 2008, ha condizionato lo scenario più in termini quantitativi che qualitativi, nel senso che ha ampliato gli effetti, senza alterare i connotati, dei fenomeni che si sono manifestati e che sono stati metabolizzati da oltre il 70% dell’universo imprenditoriale di partenza. In effetti le nostre – prevalentemente piccole e medie – imprese hanno saputo reagire con intelligenza, modificare i propri comportamenti competitivi, inventare nuove soluzioni, aggiornare la propria struttura. In una parola hanno incrementato la propria capacità di resilienza, ovvero di resistenza a urti e collisioni improvvise (e dolorose). Contestualmente, hanno sviluppato e immagazzinato un solido patrimonio di anticorpi che le ha rese meno aggredibili da parte di successive crisi.

È tempo di azioni innovative (e nuovi modelli di business)

Dunque, le conseguenze di questo maledetto virus, ben individuate da Mike Veseth, saranno affrontate da un esercito di imprese – decisamente meno sprovvedute, di quanto sarebbe successo appena 12 anni fa – che hanno   fatto tesoro della lezione di Albert Einstein: “Non c’è prova di maggiore follia che fare sempre le stesse cose, sperando che il risultato cambi”. Ed è importante che la lezione sia stata ben compresa, perché lo scenario odierno non si limita a imporre decisioni e azioni innovative, ma rende ancor più critici i tempi di reazione e di implementazione. Fortunatamente le nostre cantine, proprio in quanto operano in un contesto sempre più complesso, dispongono di tante leve in più per rivisitare il proprio modello di business, individuare il posizionamento strategico più coerente, ottimizzare la comunicazione, organizzare le vendite, razionalizzare la gestione interna.

Nuove alleanze e strategie:

qualche idea per superare la crisi da coronavirus

#1 rivolgersi alla filiera del cibo

Le nostre brave imprese potranno inventarsi nuove opportunità, travalicando gli stretti confini del tradizionale “comparto vino” e rivolgendosi all’intera “filiera del cibo” – che ha un fatturato superiore di circa 55 volte ed è un pilastro del “made in Italy” – realizzando abbinamenti, combinazioni, alleanze con tutti i soggetti possibili, in un panorama costituito da oltre due milioni di imprese italiane.

#2 sviluppare il turismo

Allo stesso modo, le nostre imprese potranno agire sviluppando con maggiore efficacia e perseveranza le potenzialità dell’abbinamento con il turismo che ha un fatturato superiore di 10 volte. Più in generale, ogni cantina potrà inventarsi un modo intelligente, originale ed esclusivo di definire proposte che esaltino il proprio vino, la propria storia e il proprio territorio.

3# realizzare strategie marketing differenziate

Grazie agli strumenti e alle conoscenze di cui dispongono, le nostre imprese terranno sotto controllo i propri costi, valutando, con cognizione di causa, la marginalità e il punto di pareggio di ogni linea di prodotto, non solo dell’intera cantina. In tal modo, potranno realizzare strategie di marketing differenziate privilegiando i prodotti che creano maggior valore e contenendo le vendite di bottiglie che generano perdite e sottraggono valore.

#4 think positive!

In conclusione, il maledetto coronavirus assesterà decisamente un brutto colpo al nostro comparto, ma al tempo stesso produrrà nuovi anticorpi e nuovi stimoli per individuare e cogliere opportunità strategiche. Sicuramente, come sostengono molti giornalisti, niente sarà più come prima. Io aggiungo: per chi avrà idee nuove e originali, andrà meglio di prima.

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© Riproduzione riservata - 20/03/2020

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