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Consorzio Vini Oltrepò Pavese: clamorosa “fuga di cervelli”!

11 Maggio 2018 Roger Sesto
"Adesso basta, ce ne andiamo!" hanno detto molte aziende vinicole dell’Oltrepò Pavese dopo la "restaurazione" emersa dalle ultime votazioni del Consorzio martedì 8 maggio. I dettagli tecnici non sono ancora stati resi noti (ne renderemo conto a breve), ma i transfughi lo giudicano un vero e proprio ritorno al passato. Numerose aziende, anche importanti e prestigiose, alla luce di quanto accaduto nel corso dell'assemblea e come conseguenza delle decisioni che ne sono scaturite, si sono riunite e hanno preso la decisione, tanto drastica quanto convinta, di firmare una disdetta di massa dall'adesione al Consorzio.

Chi ha lasciato il Consorzio

Nel dettaglio, mercoledi 9 maggio, i dirigenti delle aziende Monsupello, Scuropasso, Rebollini, Terre del Lago, Tenuta Elisabet, Cantine Bertelegni, Rossetti&Scrivani, Forlino, Casa Guerci, Finigeto, Cascina Lupo, Picchi, F.lli Guerci, Torrevilla e di altre realtà non ancora rese note per mancanza di ufficialità, si sono riuniti presso Torrevilla, nella sede di Torrazza Coste, sottoscrivendo le lettere individuali di dimissioni irrevocabili dal Consorzio.

Pochi grandi hanno deciso per tutti

Massimo Barbieri, presidente di Torrevilla, ha così motivato la draconiana scelta: “In assemblea si è concretizzata una vera e propria restaurazione: il tentativo di cambiamento dal basso, proponendo politiche di rinnovamento orientate alla ricerca della qualità, che anche i recenti scandali avevano fatto prepotentemente emergere, si è purtroppo interrotto bruscamente. L’accordo tra pochi grandi operatori è tornato a prevalere grazie alle logiche antiche dei voti ponderati. A questo ritorno al passato noi non ci stiamo perchè siamo pronti e desiderosi di confrontarci con i mercati, dimostrando che l’Oltrepò è terra di grandi prodotti. Non vogliamo più essere famosi solo per i numeri”.

Prevale il passatismo? E allora via alla secessione

L'accadimento, che a oggi pare irreversibile, era già nell'aria da giorni, quando lo stesso Barbieri aveva preannunciato pubblicamente lo “scisma” - dato il numero di cantine coinvolte e il loro peso in termini di prestigio e di valenza politica giusto di scisma è il caso di parlare - se si fosse persa quest’ultima opportunità di discontinuità con il passato. Le quattordici realtà che hanno compiuto questa scelta, ma alle quali ne seguiranno altre come detto, totalizzano circa il 15% della produzione complessiva oltrepadana, per oltre 1.000 ettari vitati. Al di là delle implicazioni politiche che questo esodo comporterà, vi è già una conseguenza concreta: la perdita da parte del Consorzio della qualifica di erga omnes, ovvero del ruolo di controllo e vigilanza delle produzioni nel territorio. Dimissioni, insomma, che hanno un impatto anche pratico e immediato.

Commenta il Consorzio: "Un duro colpo, ma le regole consortili non sono locali"

Ascoltando l'altra campana, quella suonata dalla dirigenza del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, queste le dichiariazione del direttore Emanuele Bottiroli: «La notizia di un nuovo scisma è un duro colpo, specie in una fase in cui sembrava ripristinato uno spirito di unità d’intenti per il bene comune. Viviamo certo il momento più doloroso nella storia del Consorzio e del territorio vitivinicolo, dopo i fatti del novembre 2014. Si è comunque votato nell’unico modo in cui si poteva. Le regole che fissano il funzionamento di un consorzio di tutela erga omnes non sono scritte a livello locale. Quanto accaduto in Oltrepò interroga i piani alti del Ministero. Società di persone» osserva Bottiroli «sono state progressivamente trasformate in società per azioni. Tanto produci, tanto corrispondi per vigilanza e valorizzazione, tanto voti. È un modello imposto che crea una divaricazione profonda laddove siano presenti tipologie di aziende eterogenee o una moltitudine di piccole imprese familiari accanto a grandi realtà produttive».

Cogliere l'opportunità per ripartire

In merito alle responsabilità di quanto sta accadendo, Bottiroli taglia corto: «La responsabilità che deve starci più a cuore è dare al territorio e ai suoi sforzi, verso qualità e reputazione, un’adeguata visibilità e una rappresentanza che sia un fiume e non mille rivoli. Forse da un problema può nascere l’opportunità di ripartire, nel rispetto delle identità dei vari modelli aziendali in campo. La coabitazione nello stesso condominio, in Oltrepò, si è rivelata impossibile per motivi di litigiosità, di scelte e talvolta di stili diversi. Ci sono percorsi che, evidentemente, procedono su binari paralleli o addirittura in rotta di collisione, diciamocelo, lasciando perdere quel 'volemose bene' a parole, un’ipocrisia che poi non si traduce mai in fatti concreti o in mosse condivise».

Quando Fivi comiciò a battersi contro la "dittatura della maggioranza"

Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, mesi fa aveva stigmatizzato la logica consortile fondata su una sorta di “dittatura della maggioranza”, per usare un ossimoro caro ai politologo. Proponendo modelli alternativi e più elastici di partecipazione democratica della “base”, in modo che i pesi decisionali fossero meglio e più equamente redistribution. Evidentemente ci aveva visto giusto, dimostrando di condurre una battaglia reale e non utopica, un'esigenza concreta e non una donchisciottesca guerra contro immaginari mulini a vento. Foto in apertura di Maurizio Tola www.leselezioni.it

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