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Nebbiolo in cantina, un lavoro per umanisti ed equilibristi

Nebbiolo in cantina, un lavoro per umanisti ed equilibristi

Il presupposto per produrre un buon Nebbiolo in cantina è partire da un’uva ben matura (leggi “Il Nebbiolo in vigna va gestito coi guanti“). E poi? L’opinione degli esperti e le interpretazioni sono varie: c’è chi conserva una percentuale di raspi, chi preferisce il legno francese o di Slavonia, chi sperimenta il cemento o l’anfora.

Un vitigno “prezioso e da proteggere”, così viene descritto il Nebbiolo in un atto notarile del 1511. È questa una definizione semplice ma precisa e soprattutto ancora valida, anche in seguito ai numerosi studi scientifici sul comportamento della varietà durante la vinificazione e ad alcuni anni in cui è prevalsa un’enologia interventista e invasiva, volta a plasmare i vini in base a mode e gusti che, però, evolvono continuamente.

La parola agli enologi

Oggi, in accordo con quel saggio notaio del Cinquecento, si è tornati a propendere per un’enologia di tipo conservativo. La maggior parte degli enologi concorda, infatti, sulla primaria importanza di ottenere – tramite un’oculata gestione agronomica – un’uva sana e di qualità, per poi procedere in cantina con interventi mirati a proteggere e rispettare il più possibile il prezioso frutto.

Grappolo di Nebbiolo a Donnas


L’umanesimo del Nebbiolo (Gian Luca Colombo)

Più che di enologi, il Nebbiolo ha bisogno di sensibili interpreti delle annate, di equilibristi alle prese con un vitigno delicato come un filo teso. «Per me la vinificazione di quest’uva ha un lato umanistico», esordisce Gian Luca Colombo, giovane enologo consulente di casa tra le Langhe del Barolo.

Una varietà da trattare coi guanti (Emiliano Falsini)

Anche Emiliano Falsini, enologo toscano con esperienze in Piemonte, sostiene il fil rouge che lega chi maneggia il Nebbiolo in cantina e afferma: «È una varietà da trattare con i guanti, che richiede molta esperienza e sensibilità. Solo in questo modo si possono produrre vini basati sull’eleganza e sull’equilibrio».

Attenzione al cambio climatico (Dante Scaglione)

Eleganza ed equilibrio sono due caratteristiche fondamentali anche per Dante Scaglione, che lavora con grandi nomi delle Langhe ed è un punto di riferimento per le nuove generazioni di enologi. Scaglione pone l’accento sul cambiamento climatico che è «responsabile di vini dalle gradazioni più alte e acidità più basse, incidendo in particolar modo sul Nebbiolo». Al contempo però osserva la ritrovata tendenza a far esprimere questo vitigno nella sua veste più pura, a seconda del territorio in cui viene coltivato.

La montagna è la culla del Nebbiolo (Sergio Molino)

Delle diverse aree di produzione sa qualcosa l’enologo Sergio Molino, che ha fatto della trasversalità la sua forza, operando in diverse Cantine dalle Langhe all’Alto Piemonte: «In montagna il Nebbiolo trova la sua culla», ammette. Ma Molino è anche uno sperimentatore capace di spumantizzare il Nebbiolo con metodi innovativi o di metterlo alla prova con fermentazioni in anfora.

Per il Nebbiolo in cantina non ci sono regole (Francesco Versio)

Infine Francesco Versio, altro giovane enologo e produttore, confida quello che forse è l’aspetto più complicato della vinificazione del Nebbiolo: «Non ci sono regole e non tutte le operazioni possono essere definite a priori. Molto dipende dagli obiettivi enologici e da cosa l’annata consente di fare».

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© Riproduzione riservata - 01/11/2019

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