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Vino e responsabilità sociale al centro del Premio Gavi 2018

Vino e responsabilità sociale al centro del Premio Gavi 2018

Il Premio Gavi 2018 lancia una nuova sfida al settore enologico italiano. Venerdì 25 maggio alla Tenuta La Centuriona (vedi google maps) il Consorzio di tutela della denominazione chiama a raccolta 50 specialisti del comparto, per costituire un nuovo Laboratorio Gavi. Scopo di questo comitato è tracciare le linee guida della futura “Carta del Vino Responsabile“: un manifesto in cui si possano riconoscere le realtà vinicole che applicano la responsabilità sociale alla propria attività, commerciale o istituzionale. I progetti più virtuosi saranno giudicati al Premio Gavi 2018 La Buona Italia.

Chi merita il Premio Gavi La Buona Italia

Il riconoscimento nasce nel 2015 per diffondere e valorizzare le buone pratiche di promozione della filiera enogastronomica italiana nel mondo, riassunte dal Laboratorio Gavi 2014 in sette “Regole per la Buona Italia”. Il Premio Gavi riconosce e premia le realtà (aziende, consorzi, persone) che interpretano al meglio una di queste regole:

  1. la filiera della bellezza: ama il tuo territorio, gustane i prodotti, e salva la Buona Italia
  2. cultura della terra – sviluppo economico: la cultura produce economia, se ben integrata alla valorizzazione del territorio
  3. comune visione: insieme, a 360°, facendo rete e innovando, parte attiva di un disegno strategico
  4. sinergie pubblico + privato: istituzioni, imprese e professionisti possono e devono fare squadra, interpretando al meglio il proprio ruolo
  5. muoversi nel mondo: il miglior modo per vendere un prodotto è che il suo produttore viaggi per il mondo consumando scarpe e valigie
  6. il colore della comunicazione: la comunicazione dell’enogastronomia è narrazione, coinvolgimento, emozione
  7. unione Italia: oltre i particolarismi territoriali, la Buona Italia può competere nel mondo solo se unita

Le aziende finora premiate sono Cantine Settesoli (nel 2015 per “il colore della comunicazione”) e Ceretto (per “la filiera della bellezza”) e Planeta (nel 2017).

La Carta del Vino Responsabile

L’edizione 2018 del Premio Gavi disegna una nuova prospettiva del concetto di “Buona Italia” e del termine “sostenibilità”. Che parte dalla salvaguardia dell’ambiente e del territorio, del suo patrimonio naturale, culturale e umano, fino alla tutela del consumatore, a cui va garantita la qualità, l’autenticità e la tracciabilità del prodotto vino. Senza trascurare il fatto che l’indotto del settore enologico genera occupazione e sviluppo a livello locale. Desiderio del Consorzio Tutela del Gavi è proporre un dibattito alternativo intorno al rapporto tra filiera vitivinicola, territorio e mercato, elaborando una “Carta del Vino Responsabile”, a cui le realtà eticamente attente del settore possono rifarsi. Le unità di misura da cui parte sono 12:

  1. codice etico e di comportamento
  2. certificazioni
  3. “bilancio di sostenibilità”
  4. produzione bio
  5. utilizzazione di energia da fonti rinnovabili
  6. eco packaging
  7. welfare aziendale
  8. politiche di sostegno all’occupazione giovanile
  9. attività di valorizzazione del paesaggio
  10. progetti culturali e sociali a favore del territorio
  11. enoturismo e accoglienza integrati con il territorio
  12. calorizzazione della CSR nella comunicazione

I 20 candidati al Premio Gavi 2018

Il 25 maggio alla Tenuta La Centuriona si svolgerà anche la finale del Premio Gavi 2018. Il progetto più votato dalla giuria del Laboratorio Gavi, scelto tra i 20 progetti finalisti selezionati, meriterà il riconoscimento. Ecco l’elenco dei progetti in gara al Premio Gavi 2018, un campione espressivo delle buone pratiche di responsabilità sociale nel settore vino:

Arnaldo Caprai (Umbria)

Partecipa a The New Green Revolution: il primo protocollo italiano di sostenibilità, applicato alla produzione vitivinicola e certificato a livello territoriale

Argiolas (Sardegna)

Conduce un progetto di conservazione di vitigni sardi e buone pratiche green nella produzione: riduzione di CO2, agricoltura integrata, uso di energie rinnovabili

Barone Pizzini (Lombardia)

Il primo Franciacorta biologico certificato. L’azienda aderisce al progetto I.T.A.C.A per il calcolo delle emissioni di carbonio. Ha ricevuto il premio viticoltura sostenibile del Gambero Rosso 2015 e l’aattestato Biodiversity Friend

Bortolomiol (Lombardia)

La produzione è biologica, con riduzione del consumo d’acqua, efficienza energetica e uso di risorse rinnovabili. Ha creato un bosco per il compenso delle emissioni

Cantine La Pergola (Lombardia)

Produce vini biologici certificati CCPB (produzione biologica, eco-compatibile ed eco-sostenibile) e conduce altre sperimentazioni sulla sostenibilità nella coltivazione e vinificazione

Castello Banfi (Toscana)

È stata la prima cantina ad ottenere la certificazione di responsabilità etica, sociale ed ambientale. La produzione è a basso impatto ambientale, con impianto di cipressi contro le emissioni di CO2

Michele Chiarlo (Piemonte)

L’azienda è certificata V.I.V.A per il vino sostenibile su tutta la filiera. Dotata di vertical garden sui muri delle cantine, utilizza energie rinnovabili

Cantine Riunite e CIV (Emilia Romagna)

Fa viticoltura biologica dal 1988. Da segnalare: adozione di un codice etico, impianto fotovoltaico, progetti sociali e di recupero delle tradizioni del territorio

Fattoria La Maliosa (Toscana)

La gestione agricola è biodinamica, a ciclo completamente vegetale. L’azienda valorizza i percorsi turistici del territorio

Frescobaldi (Toscana)

L’agricoltura è certificata AgriQualità (tracciabilità del prodotto e no OGM), con gestione sostenibile delle foreste circostanti, impiego di energie rinnovabili e valorizzazione della biodiversità del territorio

Genagricola (Veneto)

Agricoltura di precisione (con monitoraggio costante) e percorsi di valorizzazione della biodiversità (con produzione di vitigni autoctoni). Sul fronte sociale: adozione di un codice etico e programmi per la sicurezza e il welfare dei lavoratori

La Selva (Toscana)

Produzione biologica certificata, con implementazione dei lavori di rimboschimento, programmi di protezione del paesaggio e della fauna e rapporto di sostenibilità. Adozione di un codice etico per i lavoratori

La Raia (Piemonte)

Cantina ecosostenibile, con programmi di welfare aziendale, agricoltura biodinamica e consegna di prodotti biologici a domicilio

Mezzacorona (Trentino – Alto Adige)

Ha adottato pratiche per la sostenibilità ambientale e di gestione delle risorse energetiche e ambientali. Cittadella del Vino: progetto di riqualificazione ambientale

Salcheto (Toscana)

È stata la prima azienda a produrre vino con carbon footprint (che stima le emissioni di carbonio). Autonomia energetica, uso di materiali sostenibili e sperimentazione di un indice di biodiversità

Tasca d’Almerita (Sicilia)

Aderisce al progetto SOStain (sostenibilità per la viticoltura), con certificazione. Osservatorio sulla realtà e sui fenomeni culturali contemporanei. Ha vinto nel 2017 il premio Green Company of The Year

Consorzio Franciacorta (Lombardia)

Partecipa ai progetti di sostenibilità SATA, I.T.A.C.A per il calcolo delle emissioni di carbonio. Ha creato un regolamento per l’uso sostenibile degli agro-farmaci

Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella (Veneto)

Ha ideato il protocollo RRR (riduci, risparmia, ricicla) ed è stata la prima realtà a ospitare l’International Winegrowing Summit

Consorzi di Tutela e promozione del Lambrusco Dop (Emilia Romagna)

Aderisce ai parametri Equalitas per la sostenibilità. Ha organizzato il corso per Sustainability Managers e il master di valorizzazioni agroalimentari ed enogastronomiche presso l’università di Modena

Consorzio Tutela Vini Montefalco (Umbria)

The New Green Revolution: il primo protocollo italiano di sostenibilità, applicato alla produzione vitivinicola e certificato a livello territoriale, che comprende un modello di sviluppo economico

 

Leggi anche: Il Signor Cortese di Gavi

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© Riproduzione riservata - 23/05/2018

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