In Italia In Italia Jessica Bordoni

Torre Fornello, Santa Giustina e Mossi: tre modi di bere in Val Tidone

Torre Fornello, Santa Giustina e Mossi: tre modi di bere in Val Tidone

Nella lista delle zone vinicole italiane da (ri)scoprire c’è sicuramente la Val Tidone. Siamo in provincia di Piacenza, lungo il confine nord-occidentale dell’Emilia Romagna, a meno di un’ora di macchina da Milano. La bellezza delle colline è ancora incontaminata, tra boschi, frutteti, vigneti, borghi antichi e castelli medievali. Qui passa la via Francigena, ma anche quella del Sale e quella di San Colombano, mentre la viticoltura si perde nella notte dei secoli: già lo storico Plinio il Vecchio ne elogiava la bontà del nettare di Bacco. Per molto tempo, tuttavia, le Cantine della Val Tidone hanno badato soprattutto ai volumi, tenendo i prezzi bassi e concentrandosi sul mercato locale.

C’è del nuovo in Val Tidone

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Da sinistra Enrico Sgorbati di Torre Fornello, Gaia Bucciarelli di Santa Giustina, Silvia Mandini e Marco Profumo di Mossi

Oggi si respira aria di cambiamento e una nuova generazione di giovani imprenditori consacrati alla qualità si sta attivando per promuovere il territorio e far conoscere le sue eccellenze vinicole su scala nazionale. L’obiettivo è scrollarsi di dosso l’ingiusto luogo comune secondo cui in zona si producono solo “frizzantini” di facile beva e poca struttura, dimostrando invece il grande potenziale raggiunto dalle storiche varietà autoctone.

Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica e Gutturnio

Tra le Cantine impegnate in questo “rinascimento” enologico ci sono Torre Fornello a Fornello di Ziano Piacentino, Santa Giustina ad Arcello di Pianello Val Tidone e Mossi 1558 di Albareto di Ziano Piacentino. Molto diverse tra loro per storia e impostazione aziendale, le tre Case vinicole portano avanti un progetto comune di valorizzazione delle uve autoctone: dal bianco Ortrugo fino alla Malvasia di Candia aromatica, passando per la Barbera e la Croatina (localmente detta Bonarda) che sono alla base del rosso Gutturnio.

Torre Fornello: la passione di Enrico Sgorbati

L’azienda Torre Fornello è stata fondata da Enrico Sgorbati nel 1998, ristrutturando l’antica proprietà di famiglia. Con i suoi 60 ettari, è oggi la più grande realtà vitata privata del Piacentino. Un’attenta zonazione, compiuta con la supervisione del professor Scienza, ha permesso di individuare le caratteristiche dei suoli e calibrare gli impianti. La conduzione delle vigne segue i principi della lotta biologica, con inerbimento controllato e potature molto corte (nessuna zappatura o concimazione). In cantina sono presenti dotazioni tecnologiche di ultima generazione che garantiscono vini con una percentuale molto bassa di solforosa. 

Torre Fornello: vini dalla grande mineralità

Le etichette firmate Torre Fornello sono caratterizzate da una pronunciata sapidità e note minerali in evidenza. Enrico Sgorbati ama sperimentare e non ha certo paura di osare. Il fiore all’occhiello è il Pratobianco, Emilia Igt a base Malvasia di Candia aromatica (40%), Sauvignon blanc (40%), e Chardonnay (20%), affinato per l’80% in acciaio e il resto in barrique. Il nome è quello della parcella in cui crescono i vigneti, così come era indicato nelle antiche mappe di età napoleonica. Abbiamo assaggiato l’annata 2015, che si rivela un bianco complesso e piacevolissimo. Il Sauvignon blanc dona freschezza, mentre lo Chardonnay garantisce la struttura e la Malvasia il corredo aromatico. Il bouquet spazia dai fiori di sambuco alla frutta esotica, dalla foglia di pomodoro alla salvia, al peperone. Il gusto è pieno, asciutto, intrigante nella sua continua evoluzione nel bicchiere.

img_5251Una vera rivelazione è stata anche Olubra, Spumante Metodo Classico a base di Marsanne, ovvero il vitigno portato da Napoleone a fine Ottocento e poi naturalizzato in questo angolo d’Emilia. La permanenza sui lieviti si protrae per ben 33 mesi, mentre il residuo zuccherino si ferma a 12 grammi per litro, a cavallo tra l’Extra dry e il Brut. Per eludere la poca acidità del Marsanne, Enrico Sgorbati ha previsto un taglio del 10% con la Malvasia di Candia aromatica, vendemmiata leggermente in anticipo. Il risultato è una bollicina fresca, dai sentori di fiori bianchi, giustamente sapida.

 

Santa Giustina: un borgo incantevole

Santa Giustina è un piccolo, incantevole borgo sulle colline sopra Pianello Val Tidone, da cui si gode uno dei panorami più scenografici di tutta la vallata. All’interno della proprietà sorge anche una chiesetta consacrata risalente all’anno mille dove si celebrano matrimoni e ricorrenze religiose. Alla guida della Cantina c’è l’energica Gaia Bucciarelli che gestisce i 22 ettari attualmente in produzione. Le vigne sono all’interno di una riserva faunistico-venatoria amministrata dalla stessa famiglia Bucciarelli, dove trovano rifugio lupi, aquile, caprioli, cinghiali, ma soprattutto piccola selvaggina come la ormai rara lepre piacentina e tre diverse tipologie di pernici. Il rispetto per l’ambiente è una costante e in vigna si seguono i principi della lotta integrata, senza ricorrere a trattamenti chimici.

Santa Giustina: etichette fortemente territorialiimg_5268

La prima vendemmia a marchio Santa Giustina risale al 2004 e fin da subito si è scelto di produrre vini genuini, digeribili, di grande piacevolezza e capaci di esprimere autenticamente il territorio. Tra gli assaggi si distingue la Bonarda, Colli Piacentini Doc 2015 in versione inusualmente ferma. La fermentazione dell’uva Croatina avviene in acciaio a temperatura controllata con macerazione sulle bucce per 20 giorni, regalando un rosso pieno, sapido e morbido, accattivante: davvero una bella scoperta. Molto interessante anche il blend Villa Soldati, che unisce Barbera e Croatina, con un saldo (tra il 10 e il 15%) di Merlot di annate precedenti, donando una particolare complessità. Da notare l’affinamento: 12 mesi in acciaio per le due varietà autoctone, 8 mesi in barrique per l’internazionale. Al naso sentori di confettura di frutti di bosco e note speziate; al gusto grande equilibrio aromatico e persistenza.

Mossi: nuova avventura per una cantina storica

L’azienda Mossi ha alle spalle 500 anni di storia e un antico documento attesta la presenza di vigneti di proprietà già nel 1558. L’ultimo discendente, oggi ottantenne, è Luigi Mossi, famoso per il suo ruolo chiave nella fondazione del Consorzio dei Colli Piacentini Doc, ma soprattutto per aver “inventato” l’Ortrugo in purezza negli anni Settanta (fino a quel momento la varietà era sempre stata utilizzata come uva da taglio). Nel 2014 Luigi Mossi, in mancanza di eredi intenzionati a proseguire l’attività, ha ceduto le vigne e la Cantina alla giovane coppia Silvia Mandini e Marco Profumo. L’acquisizione è avvenuta con un graduale passaggio di consegne, nel rispetto dei valori aziendali. Silvia e Marco vivevano a Milano e si occupavano di tutt’altro (comunicazione lei, consulenza informatica lui), ma hanno scelto di abbandonare la città per lanciarsi in questa nuova avventura con passione e voglia di fare. Questi primi anni sono certamente di “studio”, ma anche di scelte sul fronte produttivo per ridare al marchio un’identità forte e coerente.

img_5380Mossi: la grande ricerca sull’Ortrugo

La produzione si divide fra Grande distribuzione (400 mila bottiglie) e Horeca (100 mila), con l’obiettivo di incrementare i vini top level. La prima sfida è ovviamente legata alla valorizzazione dell’Ortrugo, che l’azienda produce in purezza in versione ferma, frizzante e bollicina da Metodo Charmat. Abbiamo assaggiato l’annata 2014 di Contro Tempo, spumante Brut che, dopo la rifermentazione in autoclave, resta sui propri lieviti per almeno 6 mesi, regalando un vino dal bouquet fine di acacia, mela, pompelmo, a cui seguono delicate note vegetali. Bella freschezza in bocca con un caratteristico tocco amaricante finale.

Centrale anche l’impegno di Mossi sulla Malvasia rosa, ovvero una mutazione genetica della Malvasia di Candia aromatica, selezionata in collaborazione con il professor Fregoni e oggi riconosciuta come vitigno autorizzato per la provincia di Piacenza. La Cantina ha tenuto a battesimo uno dei primi vigneti sperimentali e oggi è una delle due aziende produttrici: 400 pregiatissime bottiglie frutto di una vendemmia tardiva.

Da ricordare anche la produzione di Gutturnio: tra le degustazioni ci ha colpito il frizzante Fox Trot, che viene rifermentato con il mostro filtrato dolce (la percentuale zuccherina è intorno al 10/11 grammi per litro). La gradazione alcolica si attesta introno ai 13 gradi, donando una bella struttura che fa da contraltare a un naso fruttato di frutta a bacca rossa e un sorso di piacevole morbidezza.

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© Riproduzione riservata - 29/09/2016

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