L'altro bere L'altro bere Riccardo Oldani

Per la prima volta in Italia Fred Noe, proprietario del whisky Jim Beam

Per la prima volta in Italia Fred Noe, proprietario del whisky Jim Beam

Fred Noe rispecchia in pieno lo stereotipo del rude uomo del Kentucky: corporatura generosa, voce profonda e arrochita, accento impastato e una buona dose di umorismo. Più o meno tutto ciò che ci si aspetta da un distillatore membro di una famiglia che produce Bourbon whiskey da sette generazioni. Noe è infatti proprietario e produttore di Jim Beam, distribuito in Italia da Bacardi Martini e il 19 ottobre ospite del gruppo a Milano, alla famosa Terrazza Martini. È stata la prima volta per lui in Italia, un’occasione per raccontare a un pubblico di giornalisti ed esperti come nasce il Kentucky Straight Bourbon Whiskey (questa la denominazione esatta in etichetta del distillato).

Noe+Cugudda

Fred Noe con Paolo Cugudda, responsabile Agency Brands del gruppo Bacardi Martini

Il marchio con sede a Clermont è uno dei più venduti negli States e produce il 98% di tutto il Kentucky Bourbon consumato nel mondo. In Italia la diffusione è in crescita, mirata soprattutto al canale della mescita e del consumo notturno.

Noe ha spiegato che in sette generazioni, da quando Jacob Beam, bisnonno di Jim che poi ha dato il nome all’etichetta, fondò la distilleria nel 1795, nulla è cambiato nella formula e nel metodo della produzione. A parte ovviamente l’introduzione di sistemi di qualità più stringenti e di un controllo completamente automatizzato della produzione. Il Bourbon del Kentucky nasce dalla doppia distillazione di mais (almeno il 51% della composizione), segale e orzo maltato. Appena uscito dagli alambicchi è un prodotto trasparente come l’acqua ad almeno 80% di volume alcolico. In casa lo chiamano “white dog”, cane bianco, «perché sembra innocuo», dice Mr. Noe, «ma quando lo bevi ti azzanna come un cane feroce». Dopo una prima diluizione viene messo in botti di rovere, rigorosamente nuove, per invecchiare, secondo “disciplinare” almeno 2 anni. Il Jim Beam classico trascorre in botte 4 anni, con una perdita in evaporazione del 4% l’anno (è quella che viene chiamata “angels share”, la “quota degli angeli”, che sarebbero anche loro patiti del Bourbon). In casa Beam (divenuta Noe dopo che la linea originaria della famiglia non ha più avuto discendenti maschi) la chiamano invece “Bookers share”, la parte di Booker, che era il padre di Fred passato a miglior vita qualche anno fa: «Pare», commenta Mr. Noe, «che da quando lui non c’è più il nostro Bourbon evapori in botte in quantità superiori al normale: secondo noi è papà Booker che dal cielo continua a godersi il suo whiskey».

Jim Beam WhiskeyUn mondo dunque a metà tra il duro lavoro e la leggenda, quello di Jim Beam, che è stato proposto in varie formulazioni di cocktail accompagnate da leggere ricette per un’idea di aperitivo alcolico. È stato lo stesso Fred a suggerire le sue formule preferite: «Il Jim Beam è perfetto con tonica, con ghiaccio, con succhi di frutta, con Coca Cola, con Ginger Ale. A me piace particolarmente con limonata e miele». Ma le idee di servizio sono davvero tante (www.jimbeam.it).

Tag: , , ,

© Riproduzione riservata - 21/10/2010

Leggi anche ...

Birre dallo stile ossidativo, moda che convince
L'altro bere
Birre dallo stile ossidativo, moda che convince

Leggi tutto

God save the pub! Il fascino del bancone per gli inglesi
L'altro bere
God save the pub! Il fascino del bancone per gli inglesi

Leggi tutto

All’Enoluogo di Milano si è celebrato un inedito matrimonio sake-dessert
L'altro bere
All’Enoluogo di Milano si è celebrato un inedito matrimonio sake-dessert

Leggi tutto