Food Food Maria Cristina Beretta

L’altro maiale, quello nero

L’altro maiale, quello nero

Le sue carni saporite con grasso ricco di Omega 3 e Omega 6 ne fanno un alimento gustoso e salutare. Tante le proposte in tavola, anche se i preferiti sono ancora i salumi. Il più conosciuto è quello di cinta senese

Con il cugino rosa, che ha origini nel Nord Europa, il nostro maiale nero ha ben poco a che fare. Prima di tutto è un animale che non riesce a stare chiuso nelle stalle, ama pascolare all’aperto. Di conseguenza le sue carni sono più sode e dal colore rosso vivo, ricordano quelle bovine. Il suo grasso contiene per buona parte gli stessi elementi presenti nel pesce azzurro, gli Omega 3 e gli Omega 6. Essendo un animale rustico e proprio perché sta spesso all’aperto e in ampi spazi, difficilmente si ammala. Non ha bisogno di antibiotici o medicine, le sue carni sono sane.

Maiale nero: meno prolifico e più esigente del cugino rosa

C’è da chiedersi perché tutte queste qualità siano state messe nel dimenticatoio dalle generazioni dell’ultima Guerra mondiale. A quel tempo infatti ciascuna regione italiana aveva il suo maiale nero. La risposta è semplice: c’era bisogno di cibo. La scrofa nera mette al mondo la metà dei piccoli del maiale rosa, gli animali impiegano il doppio del tempo a crescere e non raggiungono grosse pezzature. Inoltre per la loro prolificità e l’attitudine a rimanere nelle stalle, le razze bianche riuscivano a smaltire il siero di latte rimasto dalle lavorazioni di grana e di parmigiano e che diversamente sarebbe stato un inquinante per l’ambiente. Passato il periodo della cultura dell’alimentazione quantitativa rispetto a quella qualitativa, si iniziò a invertire la rotta e a recuperare i pochi esemplari sopravvissuti o a ricostruire le razze antiche.

Dà ottimi insaccati, ma gli chef  lo stanno riscoprendo

Ad oggi buona parte delle carni del maiale nero vengono lavorate negli insaccati. Nelle salsicce e nei salami il grasso è quasi sempre tagliato a coltello dal momento che fonde a 36 °C rispetto ai 65 °C del rosa e questo perché è ricco di grassi polinsaturi. La carne è consumata quasi tutta entro i confini della regione in cui viene allevato. Da alcuni anni sempre più ristoratori la propongono nel menu. Una tendenza diffusa sia tra chi è da sempre legato alle materie prime del territorio, sia fra coloro che intuiscono che rappresenta una valida alternativa alle altre carni.

Fondamentale per la cottura la presenza di grasso

Il pezzo migliore per la cottura dovrebbe avere qualche venatura di grasso che lo renda morbido e che poi sciogliendosi rimanga nella pentola. Il nero ama i contrasti con tocchi di freschezza, come gli agrumi, e con una nota leggermente acetata ma anche agrodolce. Un’aggiunta di erbe aromatiche o di spezie, magari un filo piccanti, ci sta molto bene.

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© Riproduzione riservata - 16/01/2019

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