Food Food Marianna Corte

La ricetta segreta delle lattughe in brodo

La ricetta segreta delle lattughe in brodo

Piatto della tradizione genovese, è perfetto da gustare nei primi giorni d’inverno. Delicate foglie racchiudono un ripieno di carne o vegetariano, da servire anche asciutte. Si sposano bene con l’Etna bianco.

Ci sono i piatti della festa. Quelli che si preparano insieme, con calma, la mattina presto, intorno al tavolo della cucina, subito dopo aver bevuto la prima tazza di caffè. Quelle ricette sempre uguali a se stesse, eppure diverse da casa a casa. Piatti della tradizione, madeleines di Proust per chi li assaggia e rituali rassicuranti per chi li prepara. Sono così certe paste ripiene del nord Italia, alcuni timballi del sud o quei piatti di carne la cui cottura appanna i vetri della cucina. Ricette nate già per essere considerate “ricche” e storicamente preparate dalle cuoche di famiglia. Oppure piatti concepiti “poveri” e che oggi invece entrano a buon diritto nell’empireo gourmet.

Tante le varianti possibili

È questo il caso delle lattughe ripiene della tradizione genovese, siano esse preparate con carne – anche con l’aggiunta di frattaglie oggi assai nobili quali per esempio le animelle – oppure totalmente vegetariane. In brodo oppure asciutte le lattughe ripiene (foto © Donna Moderna), che i genovesi riconoscono con il nome di “fratti”, si presentano in diverse varianti e mai, al pari di altre preparazioni regionali, esse compaiono nei grandi ricettari della cucina italiana.

Succulente e con una nota dolce

E anche all’abbinamento con il vino, le lattughe in brodo, possono riservare delle piacevoli sorprese. Se, infatti, la scelta più tradizionale suggerirebbe il Levante Ligure, «la succulenza importante della ricetta e la sua tendenza dolce» – così come Roberto Anesi distingue le due caratteristiche principali dei fratti genovesi – consentono di uscire dai confini regionali, suggerendo «un’etichetta che abbia un buon contenuto di alcol e anche una piacevole sapidità».

Un calice vulcanico

L’abbinamento al calice suggerisce «un vino che al naso presenti ricordi di fiori bianchi e frutta a pasta gialla su fondo di erbe aromatiche, corredato da una decisa mineralità e che al palato metta in evidenza un sorso piacevole, un alcol ben equilibrato e dalla decisa vena acida». Tra le diverse referenze possibili il sommelier opta per un’etichetta da lui assaggiata di recente, l’Etna Bianco Scalunera 2017 di Tenute Piccini, prodotto in un territorio tanto lontano ma che con la Liguria condivide quel tipo di viticoltura eroica che, in qualche modo si riflette anche in alcuni piatti della tradizione culinaria.

Abbinamenti di Roberto Anesi, Miglior sommelier d’Italia 2017 Ais www.elpael.com, www.diariodivino.com

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© Riproduzione riservata - 26/12/2018

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