In Russia bere italiano è una questione di stile

In Russia bere italiano è una questione di stile

Tre tappe organizzate dalla Iem per oltre 100 aziende, nella Capitale, a San Pietroburgo e a Ekaterinburg. Un trionfo che apre scenari di ampliamento del tour in città solo apparentemente minori. Anche le modalità promozionali stanno cambiando: i marchi leader saranno portabandiera di storia e innovazione, mentre chi vuole aprire un nuovo mercato deve avere un suo spazio

Se la Cina è vicina, la Russia è dietro l’angolo. Negli ultimi undici anni le esportazioni tricolore di cibo e vino hanno segnato un +554% e alimentato giuste speranze nel cuore dei nostri produttori, sempre pronti a intercettare i segnali delle nazioni che reclamano i simboli del made in Italy. Per questo, abbiamo visto crescere tumultuosamente le vendite nei cosiddetti Paesi del Bric e tutt’ora, tra problemi di protezionismo e contrazione dei consumi, i riflettori del nostro mondo vinicolo sono ancora puntati principalmente su Brasile, Russia, India (la meno citata ultimamente, ma forse a torto) e Cina (la più citata, forse a torto).

Il roll-up con il programma di "Solo Italiano"

Una riprova dell’affetto reciproco tra Italia e Russia, e delle potenzialità economiche, l’abbiamo avuta durante la tappa del 5 giugno a Mosca dell’iniziativa “Solo Italiano”, cui sono seguite San Pietroburgo (il 7) ed Ekaterinburg (il 9). Si tratta di una manifestazione annuale, organizzata dalla Iem (International Exhibition Marketing) di Giancarlo Voglino e Marina Nedic, azienda che offre servizi di internazionalizzazione alle imprese vinicole italiane, proponendo eventi e assistenza (pre e post) anche in Europa, negli Usa (dove opera con una società dedicata), in Sudamerica, in Cina e in Giappone.

L’EXPORT ITALIANO IN RUSSIA – Oltre mille qualificati operatori, ristoratori e alcuni loro clienti appassionati di vino italiano hanno affollato il New Manage di Mosca, di fronte alla Duma, una location luminosa, moderna e adatta alla presentazione di grandi etichette. Per Marina Nedic, managing director della Iem: «La qualità è la chiave di accesso e di successo del vino italiano in questo mercato, che nel 2011 ha assorbito oltre 75,5 milioni di litri, in crescita – all’incirca – del 9% sul 2009, ma in flessione, rispetto al 2010, del 30%. La contrazione è causata da una parte da una riduzione dei volumi di sfuso importato, dall’altra dal rinnovo delle licenze che nel corso del 2011 ha coinvolto un gran numero di importatori». Come ci hanno confermato alcuni autorevoli operatori moscoviti, questo problema è stato superato e alla luce dell’ingresso della Russia – dopo 18 anni di negoziati! – nella World Trade Organization (Wto) l’orizzonte si sta ulteriormente schiarendo. «Certamente il commercio verso la Russia è stato sinora gravato da alcuni problemi», ci ha spiegato Leonardo Bencini, responsabile economico dell’Ambasciata d’Italia a Mosca, «come la questione licenze, una legislazione complessa e le difficoltà doganali. Ad esempio, non è chiaro il regolamento tecnico, né per la definizione di bevanda alcolica, né per ciò che concerne l’etichettatura. L’Unione europea però continua a negoziare e, nonostante siano stati messi molti paletti per favorire le vendite di vodka, in prospettiva vincerà il vino».

Una veduta del Cremlino ripreso dal fume Moscova

LO STILE ITALIANO COME STATUS SYMBOL – Forse, questo auspicio è fondato, soprattutto per il ritmo incalzante con cui continua a diffondersi la cucina tricolore in questo Paese e, con essa, i nostri prodotti enogastronomici. L’attrattiva verso lo stile italiano è enorme e continua ad aumentare il flusso di russi che sceglie lo Stivale quale meta turistica (+30% nell’ultimo anno). Nel suo focus sul mercato, Filippo Covino, dell’ufficio Ice di Mosca, pone l’accento sulle opportunità di questo Paese e sulle performance virtuose del vino italiano, che è anche simbolo di status, di possibilità economica ma soprattutto di buon gusto. Tra l’altro, i dati indicano un aumento degli acquisti da parte delle donne, nella fascia alta. Insomma, anche in valore stiamo andando bene.

CRESCE IL VALORE AL LITRO – È ancora Marina Nedic a ribadire che «alla contrazione dei volumi si contrappone una continua ascesa del valore. Il prezzo medio a litro del vino italiano esportato in Russia è cresciuto nel 2011 di oltre il 60%, il che evidenzia la necessità di una presenza continua e programmata per una promozione di qualità». La questione prezzi, tra l’altro, da un lato preoccupa perché i sempre più numerosi consumatori di vino italiano, che molto spesso frequentano da turisti il nostro Paese, cominciano a interrogarsi sulle disparità di quotazione di una stessa bottiglia nei due mercati, non giustificabile, ai loro occhi, dai dazi e dai normali ricarichi dei distributori/importatori. D’altro canto, la crescita del valore è una buona notizia, perché il prodotto italiano ha sempre avuto una media al litro piuttosto avvilente. Una corretta promozione e un’efficace comunicazione sono le leve che possono consentire di alzare il valore percepito, e dunque quello reale, delle nostre bottiglie, che non possono reggere la concorrenza di alcuni Paesi che competono sulle quantità e sui prezzi, come l’Australia.

Il New Manage, di fronte alla Duma, dove si è svolto l'evento "Solo Italiano"

SOLO ITALIANO: 110 AZIENDE A MOSCA – “Solo Italiano” è stata una delle più importanti manifestazioni vinicole italiane mai realizzata in Russia: 110 aziende vinicole (tra cui l’Istituto Grandi Marchi, i consorzi Vigne & Cantine, Vino Chianti e Uvive, Promosiena e Iter, Special Agency  Chamber of Commerce Udine) impegnate in un intenso programma educazionale dedicato agli operatori del settore. Altri organizzatori, naturalmente, propongono degustazioni in queste città; citiamo a titolo d’esempio le future tappe del Vinitaly in the World (29-30 ottobre) e della rivista Gambero Rosso con i suoi tour dei Tre bicchieri (programmato per il 20 novembre). In ogni modo, “Solo Italiano” ha ospitato al suo interno anche l’atteso seminario dell’Istituto Grandi Marchi, che riunisce 19 aziende leader italiane, presieduto dal marchese Piero Antinori. Una squadra importante, considerato il prestigio dei nomi coinvolti, veri e propri miti anche per il consumatore russo.

Il tavolo dei relatori del wine tasting con il coordinatore Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere

IL TASTING DI CIVILTÀ DEL BERE – Il wine-tasting – coordinato dalla nostra rivista – considerato il fatto che si trattava di aziende già famose, è stato incentrato su un tema altamente simbolico: “Le nuove sfide del vino italiano”. Abbiamo presentato in tal modo l’immagine di un’Italia del vino molto attenta all’attualità, ai temi della sostenibilità ambientale, nelle scelte architettoniche e in quelle di vigna e di cantina, un’Italia che senza rinnegare la propria storia, quasi millenaria in taluni casi, ha sempre lo sguardo rivolto al futuro. Dell’Istituto Grandi Marchi sono intervenute al seminario moscovita 11 aziende: Marchesi Antinori, Argiolas, Carpenè Malvolti, Michele Chiarlo, Donnafugata, A. & G. Folonari, Jermann, Alois Lageder, Masi, Mastroberardino e Tasca d’Almerita. Nel complesso, alla manifestazione “Solo Italiano”, che ha visto due ulteriori tappe di work-shop a San Pietroburgo e, solo per l’Istituto Grandi Marchi, a Ekaterinburg, hanno preso parte Cantine eterogenee, per dimensioni e obiettivi, come sempre accade in eventi collettivi.

Professionisti e wine lovers visitano "Solo Italiano"

IN CERCA DI UN IMPORTATORE – Per i più, lo scopo era quello di trovare un importatore. Così è stato per Paolo Baj, direttore commerciale della friulana Forchir, realtà da un milione e mezzo di bottiglie, e per il corregionale Dario Ermacora (170.000 bottiglie, di cui 50.000 all’estero), al suo stand con il figlio Nicola, che dopo essere entrato sulla piazza cinese vorrebbe cogliere l’opportunità in questo Paese. Scopo del viaggio: aprire il mercato, dunque. Anche per Giovanni Chiavaroli dell’abruzzese Marramiero che esporta il 55% delle sue 550.000 bottiglie e per Federico Scarzello, presidente dell’Enoteca Regionale del Barolo, che cerca un “importatore particolare”, che sappia gestire le poche bottiglie a disposizione: Scarzello ne produce 25 mila in totale e le esporta quasi tutte. Lui è venuto a “Solo Italiano” con due amici, un altro piemontese (Dogliotti) e un lombardo dell’Oltrepo (Calatroni), tre vecchi amici, compagni di scuola che, come spesso accade, hanno deciso di cogliere insieme le nuove opportunità, mescolando spirito imprenditoriale e sentimenti di amicizia.

L'interno di un'elegante galleria commerciale di Mosca ospita una mostra fotografica sui più bei teatri del mondo, tra cui la Scala di Milano

GRANDI CLASSICI E RARITÀ – Già distribuito in Russia sporadicamente, ma alla ricerca di un vero importatore, è l’antico vino Tintilia del Molise, rappresentato dal suo “custode” più noto, l’azienda Angelo D’Uva. Dato che in questo mercato la conoscenza della nostra enologia sta giungendo a un buon livello, si aprono in effetti spazi per le curiosità e per gli autoctoni più rari. È pur vero che si deve continuare a promuovere anche l’immagine dei grandi classici, come il Chianti, che con le sue variegate combinazioni non è sempre di semplice comprensione da parte dei winelover internazionali. Incontriamo Giovanni Busi, presidente del Consorzio Chianti: «Il nostro vino è molto conosciuto», sottolinea Busi, «ma in questo periodo è necessario valorizzarlo, ponendo in evidenza la Denominazione che rappresenta il 60% della superficie vitata toscana, con una produzione di 110 milioni di bottiglie, ed è portabandiera dell’Italia nel mondo». Il Consorzio partecipa all’evento con 55 aziende, non poche tenuto conto che producono tutte il medesimo vino. Come si spiega all’estero la complessità del Chianti con tutte le sue varianti? «Siamo venuti per parlare di Sangiovese, delle sue caratteristiche, dei suoi aromi. Il nostro è un vino versatile, ideale dall’aperitivo  ai secondi di carne». Quanto alla divisione in Colli Fiorentini, Senesi, Montalbano, Rùfina ecc? È opportuno semplificare il messaggio: il Chianti è uno, e ne fanno parte diverse zone. È quello che ha spiegato incessantemente per ore Francesco Sorelli, la “voce” della Ruffino, che nel Chianti gioca un ruolo di primo piano.

Elena Rukavitsyna della società Arsenal, che importa in Russia vini di produttori italiani (tra cui Planeta, Mastroberardino, Masi)

DALLA CAPITALE ALLE REGIONI MINORI – Nelle ariose sale del New Manage, a chi cerca di aprirsi un mercato si affiancano aziende già ben collocate nei migliori ristoranti, rappresentate da importatori nazionali. Ci confrontiamo ad esempio con Elena Rukavitsyna dell’Arsenal impegnata alla postazione della siciliana Planeta. Nel loro portafoglio si trovano anche i vini di Masi, Mastroberardino e altri nomi di rilievo. «Il vino italiano continua ad andare bene, ai livelli dell’anno scorso», commenta Elena Rukavitsyna. «Certamente le regioni più richieste continuano ad essere Toscana e Veneto e le vendite seguono un ciclo stagionale, bianchi d’estate, rossi d’inverno…». L’Arsenal, come tante società di importazione e distribuzione, opera in tutti i canali: Gdo, Horeca e direttamente ai privati, anche via Internet. Le vendite, inoltre, arrivano ben oltre la Capitale, in luoghi periferici della Federazione. Quest’ultima considerazione ci riporta alla mente una nota di buon senso, e forse per questo poco praticata, espressa da Filippo Covino dell’Ice: «L’impatto nelle regioni minori è superiore: si riesce a coinvolgere l’apparato pubblico, c’è più attenzione e molta attesa sull’evento e si possono proporre più facilmente marchi meno noti». E, comunque, parliamo di città da oltre un milione di abitanti, non paesini di campagna.

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© Riproduzione riservata - 27/08/2012

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