In Italia In Italia Jessica Bordoni

Il punto sull’agroalimentare nel convegno promosso da Santa Margherita (2ª parte)

Il punto sull’agroalimentare nel convegno promosso da Santa Margherita (2ª parte)

Prosegue il resoconto dedicato al VI Incontro con il Territorio “Coltivare successi sui mercati mondiali: una roadmap per l’agroalimentare italiano” organizzato dal Comitato Leonardo il 25 maggio a Ca’ del Bosco, l’azienda franciacortina del Gruppo vinicolo triveneto Santa Margherita.  Nella prima parte del convegno sul palco sono saliti, nell’ordine, il presidente di Santa Margherita Gaetano Marzotto, il presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini, il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Barcella, il neopresidente dell’Ice Riccardo Monti e il professore Massimiliano Bruni della SDA Bocconi School of Management di Milano, che ha mostrato i risultati della sua indagine sul settore agroalimentare italiano (leggi il post: Il punto sull’agroalimentare nel convegno promosso da Santa Margherita – prima parte).

L’INTERVISTA A ETTORE NICOLETTO, AD SANTA MARGHERITA – Il seminario è proseguito con un’intervista all’amministratore delegato di Santa Margherita Ettore Nicoletto da parte di Sebastiano Barisoni di Radio 24 – Il Sole 24 con l’obiettivo di far luce su una case history di successo quale quella del Gruppo con sede a Fossalta di Portogruaro (Venezia). «Il mercato americano è uno straordinario banco di prova, il più lucrativo del mondo». ha esordito Nicoletto, chiamato a dare un suo parere sulla piazza statunitense. «Decenni fa abbiamo avuto la felice intuizione del Pinot grigio; però lanciare un prodotto, avere successo non basta. Questo successo va poi cavalcato e io credo che la grande prova di forza, la grande capacità di Santa Margherita di fare marketing in questo senso sia venuta fuori: abbiamo definito il concetto di marca e lo abbiamo portato avanti in maniera coerente con strategie di prodotto e sviluppando altre referenze oltre al Pinot grigio – penso per esempio al Prosecco – senza però proliferare nella proposta, senza allargare troppo l’assortimento per evitare diluizioni di focus che sono pericolosissime». Pochi prodotti, dunque, su cui focalizzarsi anche in termini di allocazione delle risorse. «Poi chiaramente devi nutrire la marca, fornirla costantemente di nuovi attributi», ha precisato l’amministratore delegato. «Come dicono gli americani: keep the brain fresh. È necessario stare al passo coi tempi, con i media, le nuove generazioni di consumo. E un’altra lezione che abbiamo ben presente è questa: se non uniamo le forze facciamo poca strada. Da qui la nascita di un consorzio privato, chiamato Italia del Vino (di cui Ettore Nicoletto è presidente, nda), che negli ultimi anni ha fatto prove tecniche di aggregazione tra 11 aziende con l’obiettivo di fare promozione all’estero mettendo in comune esperienze, competenze e know how. I competitors si siedono sistematicamente insieme a un tavolo per ragionare su come affrontare le criticità di determinati mercati. Recentemente abbiamo trattato il difficile  tema della penetrazione nel mercato cinese, ad esempio».

ALBERTO BOMBASSEI A FAVORE DELL’ICE – Dopo l’intervista a Ettore Nicoletto, si è svolta una tavola rotonda che ha visto coinvolti alcuni esponenti di aziende made in Italy di successo del circuito Comitato Leonardo. Tra gli interventi più significativi quello di Alberto Bombassei, presidente dell’azienda meccanica Brembo, che ha espresso il suo consenso verso la rinnovata Agenzia per il commercio estero: «Accolgo con grande piacere il rilancio dell’Ice che io credo tornerà ad essere un’associazione estremamente utile se gestita al meglio, come già fu in passato. La nuova impostazione potrà essere d’aiuto al settore vinicolo fatto di piccole aziende che singolarmente hanno difficoltà a presentarsi su un mercato così globale. Mettersi insieme, come è emerso anche nelle considerazioni di questo convegno, è la chiave di successo per imporsi nei mercati emergenti, soprattutto quelli asiatici. Insieme le sfide si possono vincere, forti della qualità».

VALORIZZAZIONE COME ARMA ALLA CONTRAFFAZIONE – Gian Domenico Auricchio a capo dell’omonima azienda casearia cremonese, ha precisaato come: «Da un censimento Istat sono 67 mila le imprese in Italia che si occupano di alimentare, per una  diffusione che abbraccia tutto lo stivale. Dobbiamo valorizzare le nostre eccellenze all’estero, rendendole riconoscibili ai clienti. E non mi riferisco solo ai prodotti di nicchia o addirittura di micro-nicchia, ma ai tanti campioni che formano la nostra migliore produzione food & beverage». Il presidente della Parmacotto Marco Rosi si è invece soffermato sulla piaga della contraffazione: «Oggi l’alimentare italiano è sicuramente riconosciuto nel mondo come eccellenza. La carenza del nostro Paese è quella di non aver mai guardato all’estero con lungimiranza da un punto di vista imprenditoriale. Fino a 15 anni fa eravamo ampiamente soddisfatti del mercato interno e ben poco abbiamo fatto per imporci fuori dai confini. Il parmigiano, ad esempio, non ha saputo tutelarsi per tempo sui mercati esteri, non ci ha neanche pensato… ed ecco che oggi proliferano le scopiazzature come il parmigianito eccetera. Per far diventare mondiale il sistema alimentare italiano dobbiamo ragionare in modo globale. Non è possibile pensare di esportare in Cina, Brasile e altre regioni lontane i nostri prodotti freschi. È ovvio che bisogna andare a produrli in loco. Un conto è esportare bottiglie di vino prodotte in Italia. Ma poi vi sono aziende che hanno anche Cantine all’estero, che producono all’estero vini italiani forti delle loro competenze e  know how. Ebbene questo dovrà avvenire per tutti i prodotti. E a quel punto l’italian sounding sarà così superato».

PER ETTORE RIELLO ANCHE LE FIERE SONO CHIAMATE A FARE SISTEMA – Ettore Riello, presidente di Veronafiere, ha concentrato l’attenzione sul ruolo del sistema fieristico: «Le fiere possono rivelarsi strutture a mio avviso assai qualificate, ma la loro capacità di azione è  frenata purtroppo dalla mancanza di una strategia di Paese. Nel panorama italiano ci sono tantissime fiere, alcune anche con una dimensione di tipo internazionale, ma a differenza di quello che accade altrove, si assiste di fatto a una non gestione. Qui da noi tutto viene immancabilmente rimesso in discussione, anche i punti di forza. Per riuscire a portare avanti una serie di importanti iniziative bisognerebbe imparare ad evitare la sterile competizione fra le strutture esistenti. Finché c’è un localismo di questa natura nel nostro sistema, faremo una battaglia sempre in salita e useremo male i soldi a disposizione. E poi, va bene puntare all’estero, ma non distogliamo l’attenzione dal mercato italiano, che resta pur sempre la prima fonte di ricchezza. Per andare fuori dai confini ci vogliono soldi, investimenti e se non si riesce a recuperarli dal mercato domestico, non si va molto avanti».

DIMENSIONE COME TERMINE CHIAVE PER FRANCESCO ZONIN – Tra gli interventi da ricordare anche quello di Francesco Zonin, vicepresidente dell’omonima Casa vinicola di Gambellara (Vicenza), che ha ragionato sulla grandezza delle aziende e non solo: «La dimensione è una delle parole che ho sentito ripetere più volte durante il convegno ed è uno dei fattori che nel mondo del vino forse veramente manca. C’è un dato positivo e un dato negativo. Quello positivo è che negli ultimi 10 anni la superficie media di un’azienda vitivinicola in Italia è triplicata, il problema è che questa dimensione è pari a tre ettari, meno della metà di un’azienda media francese e nulla in confronto al Nuovo Mondo. Andare all’estero costa, bisogna investire tanto, e se lo si fa da soli il rischio di fallire è altissimo per cui ben vengano gli aiuti che possiamo ricevere. Le agevolazioni sono sempre troppo poche, così come le opportunità, molte invece sono le leggi, i lacci imposti dal sistema e dallo Stato. Prima parlavamo della Cina, ebbene, vale la pena di ricordare che non c’è un volo diretto che collega l’Italia alla Cina. Credo che Parigi ne abbia almeno sette al giorno e da anni il governo francese sponsorizza il capodanno cinese in Cina con chioschi di vino allestiti nei principali centri asiatici durante le celebrazioni che offrono vino francese… Noi non abbiamo neanche un volo diretto, e questo ha dei danni a tutti livelli, penso anche all’incoming».

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© Riproduzione riservata - 30/05/2012

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