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Il Merlot: padrone del tempo

Il Merlot: padrone del tempo

Invecchiare bene non è da tutti. La degustazione Master of time – Padroni del tempo, organizzata dalla nostra rivista, che si è svolta sabato 27 ottobre a palazzo Piomarta a Rovereto all’interno di MondoMerlot, ha voluto dimostrare proprio questo e cioè come il Merlot sia un vitigno capace di superare grandiosamente il passare degli anni. E non solo. Il Merlot, con il passare del tempo acquisice un carattere nuovo e torna a esprimere freschezza e caratteristiche varietali. Alla prova del calendario sei vini. I primi due erano targati annata 2005 ed erano il Merlot Igt Sicilia di Planeta e Pàtrimo, Igt Campania Rosso della Feudi di San Gregorio. Salto all’indietro di un anno, e siamo al 2004, per il Montiano Igt Lazio della Falesco e Siebeneich, Alto Adige Riserva Doc. Si vola sempre più in là, alla 2001, con Graf de la Tour, Collio Doc della Fondazione Villa Russiz e con il Villa Gresti, Igt Vigneti delle Dolomiti della San Leonardo. «Il Merlot è un vitigno del mondo e anche in Italia rappresenta l’eccellenza in molte regioni; qui, in questa degustazione abbiamo sei terre diverse a dimostrarne la diversità espressiva», ha detto Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere introducendo il tema della giornata.

PATRIMO, FEUDI DI SAN GREGORIO: L’INSOLITO CAMPANO-CONTINENTALE – Sulla passerella di Rovereto il primo a mostrare la sua sostanza è stato Pàtrimo, Igt Campania Rosso 2005, presentato da Federico Graziani area manager Nord Italia della Feudi di San Gregorio. «La nostra è una Cantina del sud, ma per temperature e altitudini è assolutamente continentale». Pàtrimo rappresenta bene la sintesi di questo concetto: nasce da piante di oltre quarant’anni e nella degustazione ci si accorge subito di come abbia mantenuto la propria integrità nonostante i 7 anni in bottiglia. «La 2005 era stata una vendemmia spettacolare», ha continuato Graziani. «Ma altrettanto significative sono state per noi anche la 2001 e la 1999, elegantissime ed equilibrate».

MERLOT, PLANETA: IL NOSTRO GRANDE CLASSICO – «Fu mio padre a volere da noi Merlot e Chardonnay e, senza questi vitigni, oggi non saremmo dove siamo». Ha esordito così Francesca Planeta presentando il suo Merlot, Igt Sicilia 2005, da un’annata che è stata definita di svolta, dal punto di vista climatico caratterizzata da molta pioggia invernale e un’estate non eccessivamente calda. «In Sicilia il Merlot si è adattato benissimo dando risultati sorprendenti. La nostra prima annata è stata la 1995 e oggi disponiamo di vigneti che hanno quasi trent’anni. Dal 2004 inseriamo nell’uvaggio del nostro Merlot anche un 5% di Petit Verdot che ci dona struttura». Per la famiglia Planeta il Merlot è ormai considerato “un grande classico”, tanto che sarà uno dei primi vini che vedrà sparire in etichetta il nome del vitigno, Merlot quindi, a favore del nome del vigneto dal quale nasce e cioè “Sito dell’Ulmo”. E solo un vino che non ha bisogno di tante presentazioni, oggi, in Italia, può permettersi questo cambiamento in stile francese.

MONTIANO, FALESCO: PER NOI LUNGHISSIMA VITA – Indietro di un anno. Siamo al 2004 con questo Merlot che Riccardo e Renzo Cotarella hanno impiantato alla Falesco. Il Montiano, Igt Lazio 2004 presentato da Pier Paolo Chiasso, direttore della cantina di Montefiascone, al confine tra Umbria e Lazio,  è nato da un’intuizione dei due fratelli alla fine degli anni Ottanta. «Riccardo e Renzo avevano capito che qui il Merlot avrebbe potuto dare ottimi risultati e infatti, dopo qualche anno di produzione, il Montiano ha ottenuto importanti riconoscimenti dalla critica», ha detto il direttore. «La 2004 è stata un’annata particolare, anche complessa per via delle precipitazioni invernali che hanno ritardato il ciclo vegetativo. Eppure, quel Merlot austero e davvero rappresentativo della nostra filosofia e dimostra di avere lunghissima vita».

SIEBENHEICH, CANTINA BOLZANO: INAUGURIAMO UN’ALTRA TRADIZIONE – Nei 330 ettari di vigneto che la Cantina Bolzano ha in Alto Adige cresce anche il Merlot. Si tratta di Siebenheich, Alto Adige Riserva Doc 2004. Stephan Filippi, enologo, ha spiegato prima di tutto al pubblico in sala la collocazione delle piante di Merlot in un vigneto storico che da Bolzano degrada verso Merano, l’area più classica. «Questo vitigno per noi è molto interessante soprattutto perché nel nostro territorio le uve subiscono forti sbalzi termici», ha spiegato dimostrando anche come l’Alto Adige, terra nota soprattutto per i bianchi possa dar vita anche a rossi di grande prestigio. «Il 2004 è stato un anno buono, come il ’99 e il ’95. Riconosciamo nel vino note di cacao, di speziato, di vaniglia, struttura ed eleganza. Inoltre l’Alto Adige non ha una lunga esperienza alle spalle sull’invecchiamento; con il nostro Merlot abbiamo potuto dar vita a un’etichetta capace di durare e, non solo, di esprimersi ancora meglio con il passare degli anni».

GRAF DE LA TOUR, VILLA RUSSIZ: CERCHIAMO FEMMINILITA’ ED ELEGANZA – Ancora indietro con gli anni, fino al 2001. Restiamo a nord, ma spostiamoci in Friuli Venezia Giulia con il Graf de la Tour, Collio Doc di Villa Russiz. Marco Chisté, enologo ci spiega come in questa grande terra di bianchi possa nascere un rosso così raffinato. «Nei nostri 38 ettari vitati c’era un appezzamento di Merlot. Il vitigno era già stato piantato qui a metà Ottocento da Teodoro Graf de la Tour. Il vigneto è collocato a girapoggio e sistemato a gradoni e il nostro obiettivo è di dar vita a un Merlot femminile e raffinato; per questo effettuiamo brevi macerazioni e lasciamo il vino in piccole botticelle di rovere per 18-24 mesi. Per noi il Merlot è un vitigno alloctono». E il 2001 ha dimostrato un ottimo colore e profumi eccelenti.

VILLA GRESTI, SAN LEONARDO: STUPISCE ANCORA LA PRIMA ANNATA – Ha fatto sorridere il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga quando, presentando il Villa Gresti, Merlot Igt Vigneti delle Dolomiti 2004, ha detto: «Non so se il mio Merlot sarà all’altezza di quelli finora degustati». Alla San Leonardo si fanno due soli vini e solitamente il protagonista di molti eventi è il San Leonardo, appunto. Ma Villa Gresti non ha assolutamente nulla da invidiare al suo fratello maggiore. «Ho deciso di portare in assaggio l’annata 2001 perché segna il nostro debutto. Villa Gresti è nato quando chiesi al nostro enologo Carlo Ferrini di vinificare il Merlot, un vitigno che ritenevo potesse sorprenderci. E così è stato». Villa Gresti porta con sé un 10 per cento di Cabernet franc, macera sulle vinacce per 16-17 giorni con sei rimontagli quotidiani. Sosta per un anno in grandi tini e affina per un anno in barrique nuove. Resta poi per moltissimo tempo in bottiglia e regala emozioni tutte nuove allo scoccare di ogni nuovo anno.

La sala di palazzo Piomarta a Rovereto che ha ospitato il tasting

 

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© Riproduzione riservata - 07/11/2012

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