En primeur

En primeur

I certificati di vendita en primeur di vino, ha decretato la Consob, non sono uno strumento finanziario, anzi non sono neppure un prodotto finanziario. Perché? Perché non implicano un’attesa di profitto del capitale investito, ma garantiscono semplicemente “il diritto a ricevere una certa quantità di vino a scadenza”. Effettivamente, è proprio questo il significato che hanno da sempre in Francia. Fu Ezio Rivella, allora amministratore delegato della Banfi, quando mise in vendita en primeur 30 mila bottiglie di Brunello di Montalcino 1995, a convincere i clienti che in un’ottica finanziaria questo tipo di acquisto equivaleva a un future sul vino perché chi compra scommette che le bottiglie aumenteranno di valore col trascorrere del tempo. Adesso l’organo di controllo della Borsa dice che non è vero, che la vendita en primeur non ha niente in comune con la finanza. Meglio così, il vino se la passa già maluccio per conto suo: non è il caso di insinuare il sospetto che abbia qualcosa in comune con i titoli spazzatura e i disastri economici che hanno provocato.


© Riproduzione riservata - 14/04/2010

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