In Italia In Italia Jessica Bordoni

Diego Finocchi all’Erta di Radda fa il Chianti “com’era”

Diego Finocchi all’Erta di Radda fa il Chianti “com’era”

«La passione per la viticoltura nasce con me, non è una storia di famiglia. I miei genitori hanno una ditta di arredamento in legno massello». Così esordisce Diego Finocchi, anima e cuore dell’azienda vinicola L’Erta di Radda, che ha fondato nel 2009 a Radda in Chianti. Il nome, apparentemente così poetico, in realtà è legato alla toponomastica: la cantina si trova infatti lungo una strada in forte pendenza che porta al centro del caratteristico borgo senese.

Tre ettari per mettersi in proprio

Classe 1982, dopo il diploma all’istituto tecnico agrario di Siena, Diego decide di iscriversi alla facoltà di Viticoltura ed Enologia all’Università di Firenze e nel frattempo inizia a lavorare nelle Cantine della zona, fino a diventare responsabile di produzione del Castello di Radda. «Era il 2006, avevo 24 anni e mi mancavano sei esami alla laurea quando si presentò l’occasione di acquistare tre ettari di vigne. Non ci pensai due volte, anche se dovetti licenziarmi dal Castello di Radda, dove mi trovavo bene e stavo crescendo moltissimo professionalmente».

 

 

Nel 2009 le prime bottiglie

Con un finanziamento e tanta buona volontà Diego s’impegna a realizzare il sogno di possedere una Cantina tutta sua. I primi tre anni, l’attività si concentra sulla vigna. «All’inizio ho preferito limitarmi al conferimento delle uve e alla vendita di vino sfuso, conferendo anche ad aziende importanti come Marchesi Antinori e Frescobaldi. Il 2009 segna la prima annata del suo Chianti Classico L’Erta di Radda e nel 2012 esce anche Il Bianco dell’Erta di Radda, un Igt Toscana da Trebbiano e Malvasia.

Focus Chianti Classico

«Il Chianti Classico è senza dubbio l’etichetta portabandiera ed è frutto di una vinificazione tradizionale. La vinificazione del Sangiovese e del Canaiolo una fermentazione che dura tra i 10 e i 15 giorni, con delestage, rimontaggi e frollature, senza lieviti selezionati. La macerazione varia dai 25 ai 30 giorni e la malolattica viene svolta parte in legno e parte in acciaio inox. A seguire, un affinamento di 10 mesi in barrique francesi di secondo passaggio».

 

 

Vini bio fortemente territoriali

La maggior parte dei vigneti risalgono alla fine degli anni Sessanta, con piante dalle rese piuttosto basse. Oggi la superficie vitata è pari a cinque ettari, tra vecchi e nuovi impianti, di cui oltre il 90% a Sangiovese. «Il sistema di allevamento è uno solo, il Guyot, che a mio avviso rispetta molto di più le piante e il loro ciclo di vita». A partire dall’annata 2015 le etichette sono certificate biologiche. «Il mio obiettivo è fare vini il più fedeli possibile al territorio. La zona di Radda regala al Sangiovese finezza e una bella acidità, mentre il terreno galestro dona freschezza».

Il Chianti “Com’era” un tempo

In gamma c’è anche il rosso Com’era. «Quest’etichetta vuole essere un sentito omaggio all’antica tradizione del Chianti Classico, la cui formula prevedeva sia l’utilizzo di uve a bacca rossa che a bacca bianca. Nel vino Com’era ci sono il Sangiovese, il Canaiolo, più un 10% di uve bianche. Oggi il disciplinare del Chianti Classico non lo prevede e infatti quest’etichetta è classificata Toscana Igt».

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© Riproduzione riservata - 11/09/2017

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