Botta e risposta: Vaccarini, presidente dell’Aspi, puntualizza l’articolo di Cesare Pillon

Botta e risposta: Vaccarini, presidente dell’Aspi, puntualizza l’articolo di Cesare Pillon

Abbiamo ricevuto in redazione e volentieri pubblichiamo alcune note in merito a certi passaggi del testo dell’articolo 44° Congresso Ais: il nuovo presidente Maietta mira alla comunicazione di Cesare Pillon uscito sul numero di novembre-dicembre 2010 di Civiltà del bere (pag. 108), inviate da Giuseppe Vaccarini, presidente dell’Aspi, l’Associazione della sommellerie professionale italiana.

“Gent.mo Alessandro Torcoli,

le scrivo a riguardo dell’articolo pubblicato a pag. 108 su Civiltà del bere del mese di novembre/dicembre 2010, a firma di Cesare Pillon.

L’articolo di Pillon è in molti punti inesatto ed evidenzia degli avvenimenti non del tutto veritieri, forse per causa di un’eccessiva confidenza nei comunicati stampa rilasciati da più organi vicini alle persone di cui si scrive. Siccome sono anch’io citato nell’articolo in questione, con un più approfondito esame di alcune dichiarazioni Pillon avrebbe evitato le imprecisioni che mi sento in dovere di evidenziare per provare quanto da me sopra premesso e per fornire ai lettori di Civiltà del bere, che sono i professionisti del mondo vitivinicolo, enologico e ristorativo, una corretta e completa versione dei fatti citati.

Scrive Pillon: “Il riconoscimento di una gestione lungimirante ed equilibrata che ha portato il loro sodalizio da 24 a 30 mila soci, ma soprattutto lo ha fatto uscire dalle secche in cui era nel 2002 quando fu eletto per la prima volta”.

La prima imprecisione è sul numero degli associati nel 2002: il numero raggiunto era di 29.000, ed il maggiore incremento era avvenuto nella secondo mandato di Eddy Furlan (1996-1999), e successivamente nel mio mandato (1999-2002), grazie alla completata ristrutturazione della didattica per i corsi, da me ideata ed insistentemente voluta, contro il parere di quelli che poi l’hanno utilizzata comunque, evidentemente perché consci delle potenzialità (anche economiche) di tale progetto. Attualmente i soci Ais non sono quelli dichiarati da Medri ma molti, molti  meno.

Parlare di “secche nel 2002” è come minimo inverosimile poiché l’Ais stava vivendo un grande momento di crescita ed espansione (io stesso ho completato la rappresentanza di tutte le regioni con la Calabria, che mancava a completare le sezioni territoriali). Crescita esponenziale oserei dire, onestamente al di fuori di qualsiasi controllo…

Scrive Pillon: “Le polemiche intestine tra le diverse sezioni regionali che dilaniavano allora l’associazione, e che hanno portato al distacco di un gruppo di affermati professionisti raccolti intorno a un personaggio di prestigio come Giuseppe Vaccarini, sono adesso alle spalle”.

Affermazione decisamente inesatta in quanto nel 2002, anno dell’improvviso e stupefacente cambio di rotta ai vertici dell’associazione che ha visto me vittima e molti professionisti indignati, non vi erano alcune dilaniazioni: il solo problema che esisteva nell’Ais era causato da palesi contrasti fra i fini associativi, da me credo sempre perseguiti, e fini più pragmatici (economicamente) e aperti al grande pubblico, voluti dalle persone che ora gestiscono l’associazione.

Se dal 2002 vi è stato un “distacco di affermati professionisti” da questa associazione non è certo per il sottoscritto che allora presiedeva l’Asi (l’Association de la Sommellerie Internationale), associazione che raggruppa unicamente le associazioni nazionali e non i singoli sommelier. Quindi nessuna possibilità di seguire il sottoscritto.

Occorre invece ricordare che codeste persone, avevano già tentato di conquistare anche il potere dell’Asi con un forzato colpo di mano, che consisteva, in un primo tempo, in una campagna denigratoria nei miei confronti a cui è seguita una sospensione per sei mesi per “aver offeso” il presidente dell’Ais con una mia frase tradotta male dall’inglese: questo è stato il culmine di altre diffamazioni atte a creare i presupposti per chiedere al giudice del Tribunal des Grandes Instances di Parigi la mia rimozione quale presidente Asi in quanto “persona non affidabile” (e a prova di questo conservo una lettera di Terenzio Medri, allora presidente Ais, indirizzata a tutti i presidenti delle associazioni membri dell’Asi, in cui si autoproclamava presidente dell’Asi).

L’istanza del giudice ebbe vita breve in quanto dopo due settimane in uno storico “processo” ad Andorra, venivo immediatamente reintegrato nel mio ruolo con voto all’unanimità dall’assemblea dei soci, presieduta dal giudice, mentre l’Ais con i suoi rappresentanti ed i loro “complici” venivano sanzionati (un anno di sospensione più il rimborso delle spese), poiché le motivazioni erano state ritenute false ed inconsistenti.

In sostanza quindi le dilaniazioni sopra descritte non hanno nulla a che vedere con il mio ruolo istituzionale, ed anzi, di certo ne sono stato io la prima vittima.

Scrive Pillon: “Questa autorevolezza l’Ais se l’è conquistata grazie alla scelta di puntare tutto sulla cultura: oggi il sommelier non è più soltanto  un mescitore di calici, ha spiegato Medri, è una figura capace di raccontare, insieme al vino, anche i saperi e sapori del territorio da cui proviene, non solo ma delle eccellenze enogastronomiche, del made in Italy”.

Mi fa piacere che si riconosca il merito all’Ais di aver fatto cultura, anche se, molti degli allora responsabili dell’Ais, non erano favorevoli ad una ristrutturazione del settore didattico, conquistata faticosamente ed accettata solo in un secondo momento, ovvero alla diffusione incontrollata dei corsi sopra descritta. Oggi la cultura del vino non è più monopolio di questa associazione ma di numerose altre organizzazioni  tra cui Fisar, Onav, SlowFood, ecc.

Tuttavia nell’affermazione del sig. Medri vi è un errore di fondo. Egli confonde ancora il sommelier quale operatore e professionista del settore alberghiero e della ristorazione, con le migliaia di amatori ed appassionati enofili che frequentano dei corsi per conoscere un po’ meglio un mondo che li affascina ma che non svolgeranno mai la professione per la quale ricevono un attestato che, per quanto onorevole e sudato, è nullo ai fini da lui esposti, ovvero una qualifica professionale. In Italia non vi è ancora la certificazione della nostra professione: inutile e dannoso è far pensare di poter essere licenziatari di titoli di studio per una professione a fini legislativi inesistente, tramite peraltro un’associazione privata che segue una didattica non riconosciuta ministerialmente.

Tutto viene quindi mescolato: professionisti, appassionati, ecc., e di tutto si fa un fascio!

Ecco perché, dopo alcuni anni di riflessioni e non certo a seguito delle presunte beghe interne dell’Ais, ma soprattutto per le insistenti richieste a livello internazionale, ho accettato di creare nel 2007 una associazione di sommelier per i sommelier (professionisti), l’ASPI, Associazione della Sommellerie Professionale Italiana. Già, solo “sommelier” parola in cui è intrinseco il termine di “professionista”… scriverle insieme è un pleonasmo ed una palese cacofonia linguistica.

L’allusione nell’articolo di Pillon alla creazione di Aspi non è quindi concatenata “al distacco di un gruppo di affermati professionisti” dell’Ais, né tantomeno alla successiva creazione della Wsa (Worldwide Sommelier Association), che di internazionale ha solo il nome in inglese e la militanza di italiani che vivono all’estero.

In pochi anni Aspi ha ottenuto tutti i riconoscimenti ed accreditamenti a livello nazionale ed internazionale ed è l’unica, in Italia, che è membro dell’Asi, di cui ha anche la rappresentanza per il nostro Paese, dopo che l’Ais è uscita dall’Asi per creare la Wsa. Tra i suoi associati annovera i tre Migliori Sommelier del Mondo italiani del 1971, 1978 e 2004 ufficialmente riconosciuti e numerosi altri grandi professionisti… Non è certo il numero che può fare grande una associazione ma la qualità dei suoi soci e l’Aspi può vantarsi di questo risultato!”

“Giuseppe Vaccarini”

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© Riproduzione riservata - 10/01/2011

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