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Come si eleva il Prosecco Superiore. Parla Gianluca Bisol

Come si eleva il Prosecco Superiore. Parla Gianluca Bisol

Secondo Gianluca Bisol, presidente della storica azienda di Santo Stefano, è necessario rendere più immediata la riconoscibilità in etichetta tra il Prosecco Doc e il Prosecco Superiore Docg, elevando i termini Valdobbiadene e Conegliano ad autentici cru.

Si fa presto a dire Prosecco: con una produzione superiore ai 540 milioni di bottiglie all’anno (dati 2017 Consorzio Doc Prosecco, Consorzio tutela del vino Valdobbiadene Prosecco e Consorzio vini Asolo Montello), è oggi la bollicina più diffusa al mondo insieme allo Champagne. Ma, proprio perché il “fenomeno Prosecco” ha ormai assunto una dimensione planetaria che non accenna a diminuire, appare più che mai necessario iniziare a valorizzare maggiormente le diverse anime della denominazione, in primis distinguendo con maggiore evidenza tra ciò che è Doc e ciò che è Docg. A pensarla in questi termini è Gianluca Bisol dell’omonima Cantina di Valdobbiadene, la cui famiglia è impegnata da ben 21 generazioni e cinque secoli (correva l’anno 1542) sulla prestigiosa collina di Cartizze, cuore storico della produzione.

L’intervista a Gianluca Bisol

Come si spiega il successo mondiale del Prosecco?

Ci sono molti fattori da considerare, a cominciare dalla sua estrema piacevolezza e da una bevibilità che non teme confronti. La delicata acidità dà vita a uno spumante particolarmente gentile al palato, rendendolo elegante e riconoscibile rispetto agli altri sparkling più impegnativi. Il Prosecco, inoltre, è adatto ad ogni momento della giornata, dall’aperitivo al post-cena, dimostrandosi perfetto anche per accompagnare alcuni piatti. Infine, il suo rapporto qualità-prezzo è decisamente appetibile anche per il consumo quotidiano.

Crede che l’appeal del Prosecco sia destinato ad aumentare ulteriormente negli anni a venire?

Nel 2008, esattamente un decennio fa, durante una cena a Roma, alcuni giornalisti mi chiesero di formulare una previsione sul trend di crescita. Io risposi che il Prosecco avrebbe superato a breve anche i numeri dello Champagne. In effetti, a partire dal 2013 il sorpasso in volume è avvenuto. Negli ultimi quattro anni i prezzi delle uve base del Prosecco sono triplicati, mentre il costo delle bottiglie sullo scaffale è quasi raddoppiato. L’attuale successo del Prosecco è il risultato del raggiungimento di un livello qualitativo altissimo da parte delle aziende che operano nei comuni di Conegliano, Valdobbiadene e nelle loro frazioni. Si tratta della cosiddetta area storica di collina, che raccoglie i frutti di secoli di duro impegno, esperienza e tradizione familiare. Il Prosecco Doc, invece, viene prodotto totalmente in pianura, con condizioni pedoclimatiche nettamente diverse dalla zona di produzione del Prosecco Superiore. Si ottiene uno spumante più semplice e, grazie alla forte meccanizzazione, più economico. Se oggi le Cantine e i consumatori non rendono più evidente questa differenza fondamentale, tutti noi rischiamo di non cogliere il meglio della possibile evoluzione del Prosecco, il cui driver non può che essere la versione Superiore e l’icona delle splendide colline che lo producono da secoli.

Ci può tradurre la questione in termini di Doc e Docg?

Il Prosecco Doc rappresenta l’entry level, la versione più “facile”, buona ma non la migliore. In cima alla piramide della qualità c’è il Prosecco Superiore Docg. Nel nostro caso la dicitura completa in etichetta è Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg. Tale espressione, lunga, articolata e rappresentata in etichetta in molteplici combinazioni, non aiuta l’acquirente medio a districarsi tra le proposte sullo scaffale. Né a distinguere facilmente tra la Doc e la Docg. Nel 2009 l’introduzione delle 43 Rive ha ulteriormente ampliato la casistica. Serve una classificazione più chiara e accessibile anche ai consumatori stranieri. La consapevolezza del consumatore finale è un elemento imprescindibile se si vuole fare cultura, promuovere un consumo di eccellenza e soprattutto mantenere altissima la percezione del Prosecco Superiore.

Come si potrebbe rendere tutto ciò più evidente agli occhi del consumatore?

Sarebbe sufficiente evidenziare maggiormente in etichetta la distinzione tra Prosecco Doc e Prosecco Superiore Docg. I termini Conegliano e Valdobbiadene, a mio parere, potrebbero essere integrati nell’elenco delle Rive. Ad esempio creando una versione Rive di Conegliano e un’altra Rive di Valdobbiadene. In etichetta campeggerebbe la dicitura Prosecco Superiore Docg, con facoltativa aggiunta del riferimento territoriale posizionato sotto, a carattere più piccolo, consentendo in questo caso al consumatore di capire esattamente da dove arrivano le uve.

E il Superiore di Cartizze?

È la punta di diamante dell’intera produzione ed è giusto che rimanga una tipologia a sé. L’espressione Superiore di Cartizze Docg ha una sua chiarezza ben definita ed è anche la più alta bandiera del Prosecco Superiore nel mondo.

Il presidente Gianluca Bisol e Matteo Lunelli, a capo del Gruppo Lunelli, da quattro anni lavorano in sinergia per lo sviluppo del marchio

Una storia lunga 500 anni

Cinquantacinque ettari di proprietà, divisi in una ventina di poderi ubicati in alta collina. È questo l’inestimabile patrimonio vitivinicolo della Cantina Bisol di Valdobbiadene, che affonda le sue radici nel 1542 e quattro anni fa è entrata a far parte del Gruppo Lunelli. «Ci definiamo specialisti del dettaglio», spiega il presidente Gianluca Bisol. «La nostra storia e le altissime posizioni degli appezzamenti ci consentono di interpretare al meglio le differenze tra i vari suoli. Ogni Prosecco Superiore Bisol – dal Rive di Guia al Rive di Campea, senza dimenticare il Molera e ovviamente il Cartizze – ha un’identità unica, data dalla scelta di differenziare le referenze in base al terroir di partenza. La Glera, infatti, è una delle varietà più sensibili alla variazione dei suoli e del microclima». Tutto questo è reso possibile anche da un costante impegno sul fronte della sperimentazione sia in vigna sia in cantina, per garantire al consumatore una qualità sempre più alta, nel rispetto dell’ambiente e della sua biodiversità.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 6/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 12/01/2019

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